10 agosto 1205 – Rimini e Cesena litigano già per il Rubicone
10 Agosto 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Nel 1205 fra Cesena e Rimini è di nuovo guerra. Motivo principale, «le antiche querele de’ primi – cioé dei Cesenati, come narra Luigi Tonini – in merito ai confini territoriali».
I capi delle due città, però, sembrano più moderati delle popolazioni: in primavera si incontrano proprio su quei confini, a Budrio «e stipularono la Concordia».
Firmano cioè un documento dove si stabilisce che le città contendenti avrebbero scelto due uomini ciascuna; il quartetto aveva dieci giorni per pronunciarsi sulla disputa dei confini; per la decisione valeva la maggioranza. Se l’intesa fosse stata raggiunta, i Riminesi avrebbero restituito a Cesena degli ostaggi, dei quali peraltro non sappiamo né il numero né la circostanza in cui lo erano diventati. Ma nel caso che l’accordo non fosse arrivato, allora la controversia sarebbe stata affidata all’arbitrato del Podestà di Bologna, che avrebbe preso in custodia anche i prigionieri cesenati. Quanto a certe «selve» fra Longiano e Cesena, lì le cose sarebbero rimaste com’erano, qualsiasi fosse stata la decisione finale.
Infine, danni e ingiurie reciproche venivano perdonati a vicenda. E chi violava questi patti avrebbe pagato mille marchi d’argento.
Ma chi erano questi «Maggiorenti» delle due città? A Cesena il Podestà era Bonifazio di Erro, Zenone il Sindaco. Il Sindaco di Rimini si chiamava invece Casotto, mentre era Podestà Madio (o Maio) de’ Carbonesi, proprio colui che l’anno prima aveva dato il via alla costruzione del Palazzo dell’Arengo.
Madio subirà poi una triste sorte, assassinato per strada mentre stava rientrando nella sua Bologna nell’anno seguente al termine del mandato; i colpevoli non saranno mai scoperti e il Comune di Rimini dovrà pagare l’ammenda di 800 lire a pro dei figli della vittima, emesso il bando degli offensori e il divieto di assolverli finchè gli offesi non si dichiarassero risarciti.
Ma ancor peggio andrà alla sua famiglia; discesa dai potenti conti di Bagnacavallo e di fiera parte ghibellina (a Bologna capeggiata dai Lambertazzi) alla fine fu soccombente in una faida con i Galluzzi, partigiani dei guelfi Geremei. In questa scia di sangue rimarrà celebre il tragico amore fra Malatesta Carbonesi e Virginia Galluzzi, con moltissime analogie con quello di Giulietta e Romeo. La via di Bologna dove i Carbonesi avevano le case porta ancora il loro nome.
Ma tornando alle difficili trattative fra Rimini e Cesena, la prima sceglie i suoi due rappresentati nelle persone di Oradino e Baldinetto, entrambi giudici, mentre la seconda invia Leonardo e Pietro della Torre, anch’essi magistrati.
Superfluo dire che non vi sarà nessun accordo e che scaduti i dieci giorni, cioè il 6 giugno, la questione viene scaricata come da patti sul Podestà di Bologna, Uberto Visconti.
Ma passa un mese, e poi un altro, senza che Uberto arrivi a una conclusione. Ritiene troppo poco il tempo concesso. E il 10 agosto con decreto apposito si prende altri 15 giorni.
La questione da dipanare era infatti complicatissima, anche se entrambi i contendenti riconoscevano che a segnare i loro confini era il fiume Rubicone, come era sempre stato fin dai tempi della Roma repubblicana. Solo che secondo i Riminesi il Rubicone era quello che allora così veniva chiamato, ovvero il Rigoncello (odierno Pisciatello) che già segnava i confini delle due Diocesi, fra Gambettola e la stessa Cesena. Mentre secondo i Cesenati il vero limen andava individuato dove essi ritenevano che il Rubicone scorresse in antico ai tempi romani, guarda caso passando molto più distante dalla loro città e regalandone così anche più territorio: il Fiumicino di Savignano (che Mussolini stabilì essere il vero Rubicone), o magari l’Uso di Santarcangelo con quel bel ponte romano a San Vito.
Questione, appunto, talmente complicata che ha fatto discutere per secoli, tanto che ancora oggi non se n’è venuti a capo.
Il 29 agosto il Visconti emette tuttavia il suo verdetto. Zigazagando fra le opposte pretese, ne estrae una soluzione di compromesso, con Bulgarnò e Bulgaria Nuova a Cesena, Bulgaria Vecchia a Rimini.
Risultato: «Poco soddisfatte rimasero le parti, perché ciascuna avrebbe voluta la ragione intera». Però quei precari confini durarono fino al 1777, quando sarà un Papa cesenate a entrare nella vicenda a modo suo:
11 luglio 1777 – Il papa di Cesena taglia la Diocesi di Rimini