11 agosto 1503 – Cesare Borgia infuriato assedia invano San Leo
11 Agosto 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Nell’estate del 1503 nulla sembra poter più fermare Cesare Borgia. Sfruttando al massimo le sue doti militari, politiche e soprattutto dinastiche, essendo figlio del papa Alessandro VI, aveva conquistato buona parte di Romagna, Marche e Umbria, invaso il Regno di Napoli, minacciato la Toscana, stritolato la reazione dei suoi avversari che si erano accordati fra loro nella “congiura della Magione”.
Proprio in quel 1503, Nicolò Machiavelli scrive la “Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini”, elogio piuttosto che denuncia della spietata vendetta del Duca Valentino contro i suoi nemici.
Fra questi, ma ancora ben vivo, c’è anche Guidobaldo, l’ultimo dei Montefeltro. Ha perso Urbino e tutto il suo stato, ma da poco è riuscito ad arraffare di nuovo la strategica San Leo, culla dei suoi antenati. E il Valentino questo non lo può tollerare.
Le cose erano andate così: «San Leo, castello inespugnabile – scrisse il Fantuzzi nel XVIII secolo – fo preso per lo duca di d’Urbino, peroché lo castellano, facendo portare in rocha un gran legno a j omini, lo inganorno, perché como fonno sul ponte della rocha, lasarno andare el legno e, levato il romore, intrarno dentro e prese el castellano e la fortezza per lo suo duca Guido Ubaldo». Il “castellano” era il governatore civile della città di San Leo, evidentemente ancora fedele ai Montefeltro, mentre la fortezza era tenuta da un comandante militare del Valentino.
Il 2 luglio Cesare Borgia arriva di persona a guidare l’assedio di San Leo. Ma: «Ogni dì dall’artiglieria si faceva molta uccisione di quelli di fuori, in maniera che i Guasconi tutti vi partirono. Erano questi in numero di 800 stati mandati per rinforzo agli assedianti, alli 16 di maggio sotto la condotta di un M. Pietro Spagnuolo, facendo il simile gli altri comandanti, et una sera essendo M. Pietro a provvedere che si facesse una strada coperta ci lasciò tre dei suoi morti fra i quali fu un suo capitano dei Balestrieri».
Si ricorre allora alle solite, barbare maniere di ogni guerra: tocca agli ostaggi innocenti. «Furono condotte in Corte d’Urbino, dove risiedevano i Ministri del Borgia, molte donne che in S. Leo avevano i figlioli o mariti o parenti con intenzione di menarle poi a S. Leo, e per vedere se per questa strada, col mostrale loro, avessero potuto ottenere la fortezza».
Ma i leontini non cedono. L’assedio continua con un Borgia sempre più infuriato: «Alli 10 quelli che erano accampati sotto S. Leo fecero un bastione e vi piantarono l’artiglieria, ma gli altri di dentro essendo stati a vedere il fine, ed in quel mentre avendo drizzata la loro verso il loco munito, subito in un punto dettero fuoco, e ripianando il bastione copersero tutti i Pezzi del nemico, ammazzando di essi 20 in circa in maniera che non trovassero più guastatori, e quelli che vi erano, si misero in fuga».
Il Borgia è esasperato e per giunta deve recarsi altrove, visto che i guai non mancano da nessuna parte. L’11 agosto 1503 lascia i suoi uomini sempre più demoralizzati, che il 28 di quello stesso mese saranno definitivamente cacciati da Guidobaldo sceso dal nord.
Ma quel che è peggio, proprio in quei giorni, il 18 agosto muore papa Alessandro VI. Per il Duca Valentino è l’inizio del tramonto.
(nell’immagine di apertura, disegno di A.N. Bolognese con Maiolo e San Leo, dove ancora non è franata la strada principale che conduceva alla rupe salendo dal Marecchia)