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12 marzo – La Fira ad San Gregori


12 Marzo 2024 / Redazione

Il 12 marzo le Chiese cattoliche e ortodosse commemorano Papa Gregorio I, detto papa Gregorio Magno  (Roma, 540 circa – Roma, 12 marzo 604), sul soglio di Pietro dal 3 settembre 590 fino alla sua morte. Gracile e di salute cagionevole, in soli 14 anni di pontificato seppe stagliarsi come uno dei più grandi personaggi della storia, durante anni difficilissimi. Dalla conversione degli Anglosassoni alle contese con l’Imperatore d’Oriente e l’Esarca di Ravenna, dalla pressione continua dei Longobardi alla loro adesione al cattolicesimo, in un quadro di guerre, carestie ed epidemie, Gregorio apparve come unica ancora di salvezza per popolazioni disperate: per la sua immensa autorità morale, la fede incrollabile, ma anche la sapienza politica e amministrativa.

San Gregorio Magno dipinto da Antonello da Messina (XV sec.)

Gregorio era infatti un patrizio della potente gens Anicia, istruito ai massimi livelli in diritto e grammatica e divenuto Prefetto dell’Urbe, la più alta carica civile di Roma. Ma, devoto di San Benedetto, abbandonò tutto per farsi monaco, fondando un cenobio nella sua domus sul Celio e dedicandosi alla carità. Fu eletto papa quasi a sua insaputa e certo contro la sua volontà, ma una volta assunta quella responsabilità vi si dedicò senza risparmio. Non sono dovuti a lui però il Canto Gregoriano, che si sviluppò solo secoli dopo ammantandosi del prestigio di quel nome, né ovviamente il Calendario Gregoriano, introdotto nel 1582 da papa Gregorio XIII.

Il rito romano colloca la cebrazione liturgica di di San Gregorio Magno al 3 settembre, ma ovviamente la conservatrice Romagna resta ancorata alla data originaria del 12 marzo, confermata dal rito tridentino e condivisa anche dagli Ortodossi.

A Rimini esiste una piazzetta, quella detta “delle poveracce” dedicata a Gregorio da Rimini, illustre filosofo del XIV secolo, ma è una titolazione recente; prima portava lo stesso nome di Gregorio, ma perché era il “campo” di una antichissima chiesetta parrocchiale dedicata al Santo pontefice che vi sorgeva dove ora si trova la Libreria Riminese. Inoltre, c’era un ancora più antico monastero di San Gregorio fuori le mura, che si riteneva fondato da Galla Placidia. Era nel Borgo San Giovanni in fondo al vicolo che reca ancora il suo nome. A giudicare dai disegni dei mosaici e delle architetture bizantine che ci sono giunti, la sua distruzione ai primi dell’Ottocento rappresenta una delle peggiori perdite che la città abbia subito negli ultimi secoli.

San Gregorio extra muros poco prima dell’abbattimento nel disegno di P. Santi (Biblioteca Gambalunghiana di Rimini)

Quello che è rimasto di San Grigori nella nostra terra è a Morciano di Romagna. Anche se l’abbazia a lui dedicata da San Pier Damiani è ridotta a rudere, da mille anni vi si celebra la Fiera di San Gregorio, l’evento a cui il paese deve la sua stessa esistenza e il tenace sviluppo. Fiera che si tenne nel chiostro dell’abbazia fino alla sua soppressione durante il periodo napoleonico. “Ogni suo bene – si legge nel sito del Comune di Morciano – fu acquisito dal conte riminese Luigi Baldini”: fu lui a far trasferire la fiera nel paese, che assunse così ulteriore slancio.

Ricorda il ravennate Libero Ercolani: “Bo murzanès, u n’ha paura gnanc dal brez”, bue morcianese non ha paura nemmeno della brace, a significare dell’eccelsa qualità di bestiame che veniva trattato in quella Fiera,

Curiosamente, Morciano non ha San Gregorio quale patrono. Si è comunque posto sotto la protezione di un Santo “gregoriano”: San Michele Arcangelo. Fu infatti Gregorio Magno, prima ancora di essere eletto papa, ad avere la visione dell’Arcangelo Michele che rinfoderava la spada, a significare la fine di una terribile pestilenza, sul mausoleo dell’imperatore Adriano: da allora sarebbe stato Castel Sant’Angelo.

L’abbazia benedettina fondata da San Pier Damiani verso il 1060 in orgine comprendeva nella parte settentrionale, quella rivolta verso il fiume, una chiesa basilicale di stile romanico, lunga 40 metri, della quale ci rimangono i nove archi appartenenti alla navata centrale.
Questa, come tutte le chiese monastiche, possedeva un coro molto ampio per la preghiera e le funzioni comunitarie. Appoggiato al fianco meridionale della chiesa era il cortile costituente il chiostro attorno al quale erano organizzate tutte le parti del monastero: la sala capitolare, il refettorio, i magazzini, la biblioteca, secondo il classico schema dei benedettini. Nei primi anni di esistenza il monastero di San Gregorio conobbe una rapida espansione grazie all’acquisizione di castelli e territori nel riminese e nel sammarinese, da Morciano a Mondaino a Fiorentino, donatigli da Ermengarda, moglie di Bennone figlio di Vitaliano detto Bennio, e da suo figlio Pietro. La stessa famiglia, che a Rimini esercitava importanti magistrature fra cui quella di “Pater Civitas”, aveva donato a Pier Damiani il terreno su cui fu eretta l’abbazia. L’opera di bonifica realizzata dai monaci per rendere coltivabili le zone paludose della Valconca e la creazione di nuove strade (é il caso della “mesoita”, cioé “strada di mezzo”, che partendo nei pressi del convento, raggiungeva la via Flaminia al ponte sul Conca) diedero un robusto incremento agli scambi commerciali che trovarono presso l’Abbazia il loro punto di riferimento privilegiato: é qui che ogni anno, nella seconda settimana di marzo, si davano appuntamento contadini, allevatori, mugnai e mercanti del circondario in occasione  della Fiera di San Gregorio.

Quanto resta dell’abbazia di San Gregorio al Conca, d”del Mosclo”, presso Morciano

Tra la fine del secolo XIII e l’inizio del XIV l’Abbazia subì una ristrutturazione generale, come testimoniano le tamponature a mattoncini delle arcate romaniche della navata centrale. Tale ristrutturazione, dovuta forse all’erosione causata dal fiume, interessò tutte le parti dell’abbazia: la chiesa fu ridotta, in larghezza, alla sua navata centrale, mentre la sua parte anteriore fu distrutta e probabilmente impiegata ad altro uso; il chiostro, in seguito alla riduzione della chiesa, si ampliò, assumendo forma quadrata; il monastero vero e proprio si ingrandì.

Verso la fine del secolo XIV in tutta l’Europa il monachesio benedettino è piena crisi e anche l’abbazia di San Gregorio si avvia alla decadenza: si ha notizia di uno scisma scoppiato fra i suoi monaci perchè gli uni avevano nominato un abate e gli altri un altro; si sa addirittura di un processo mosso contro uno dei suoi abati perchè si teneva una concubina nell’abbazia. Nel 1402 gli avellaniti se ne andarono temporaneamente sostituiti dai frati di San Paolo Eremita. Questi la cedettero poco dopo a Carlo Malatesta il quale la diede nel 1421 ai monaci Olivetani di Scolca. L’abbazia di San Gregorio, della ormai “del Moscolo” cominciò, anche a causa della incuria a cui lo abbandonarono gli Olivetani, a perdere la propria autonomia e importanza, destinato ormai a vivere in funzione dell’abbazia di Scolca al quale andarono, fra l’altro, grande parte dei suoi beni e dei testi della sua ricca biblioteca. Sul finire del XVI secolo il castello di Morciano, fino ad allora dipendente da San Gregorio in Conca, ottenne una sua autonomia civile, economica e religiosa.  Della presenza degli Olivetani in San Gregorio resta oggi solo una stemma del loro Ordine dietro l’altare dell’Oratorio che fu costruito a metà dell’800 al centro dell’antica chiesa abbaziale.

Alla fine del ‘700 i Francesi di Napoleone sopprimono le proprietà ecclesiastiche: l’abbazia viene comprata dal conte riminese Luigi Baldini, il quale provvede a trasferire a Morciano l’antica fiera di San Gregorio. Ad un successore del Baldini si deve l’erezione dell’Oratorio sopra citato e dell’edificio detto il “palazzaccio”, quasi un torre, che caratterizza l’angolo sud-orientale. Il complesso fu in seguito venduto a diversi compratori e in parte riscattato dai mezzadri che vennero ad abitarlo. Tutti gli ambienti subirono trasformazioni radicali: il chiostro sparì e sulle sue fondamenta vennero in parte innalzate nuove mura; il tetto della chiesa crollò e questa fu adibita a magazzino.

A tutt’oggi le condizioni in cui versa ciò che resta del monastero non sono certamente migliorate; da decenni si succedono ambiziosi progetti di recupero e restauro, di creazione di un centro culturale polivalente, ma finora il rudere è rimasto tale.

12 marzo 2004 – Sergio Mattarella a Rimini per il congresso della Margherita