Antonio Guerra, detto Tonino, nasce a Santarcangelo di Romagna il 16 marzo 1920.
«Mamma e papà – ricorderà poi – erano quasi analfabeti. Facevano gli ortolani e tutte le mattine alle quattro partivano da Santarcangelo, prima a cavallo e poi su un vecchio camioncino, per vendere frutta e verdura. D’estate, mi portavano con loro, per farmi respirare l’aria salubre della valle. All’epoca la paura-madre di ogni famiglia era la tubercolosi e l’aria buona veniva considerata un’ottima cura preventiva».
Diplomato maestro elementare, la sua prima passione è la pittura: dipinge ad acquerello ed a inchiostro. Nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, viene deportato in Germania e rinchiuso in un campo d’internamento a Troisdorf.
«Mi ritrovai con alcuni romagnoli che ogni sera mi chiedevano di recitare qualcosa nel nostro dialetto. Allora scrissi per loro tutta una serie di poesie in romagnolo».
Siccome conosce a memoria i Sonetti romagnoli di Olindo Guerrini, li recita ai compagni di prigionia per distrarli dall’angoscia e dalla nostalgia di casa. Poi inizia a inventare nuove poesie, che un amico copia per lui a mano.
Dopo la Liberazione, si laurea in Pedagogia all’Università di Urbino con una tesi orale sulla poesia dialettale. Conservate le poesie composte nel campo di prigionia, le fa leggere al rettore Carlo Bo, che ne rimane piacevolmente colpito. Decide dunque di pubblicarle, a sue spese. La raccolta s’intitola I scarabocc (“Gli scarabocchi”); Bo ne firma la prefazione. Attorno a Tonino si forma a Santarcangelo un gruppo spontaneo di giovani poeti, di cui fanno parte Raffaello Baldini, Nino Pedretti, Rina Macrelli, Flavio Nicolini, Giuliana Rocca, Gianni Fucci e altri. Il gruppo si riunisce al “Caffè Trieste”, il bar gestito dai genitori di Raffaello Baldini. Alcuni concittadini chiamano ironicamente questo sodalizio E’ circal de’ giudéizi.
Al 1952 risale l’esordio narrativo con un breve romanzo, La storia di Fortunato. Nel 1953 Tonino Guerra si trasferisce a Roma, dove diviene sceneggiatore. Durante la sua lunga attività collabora con alcuni fra i più importanti registi italiani: Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Francesco Rosi, i fratelli Taviani, Theo Angelopoulos, Andrej Tarkovskij, Elio Petri, solo per citare i maggiori. Dalla collaborazione con Antonioni gli giunge anche la candidatura al premio Oscar nel 1967, per il film Blow-Up. Negli anni Ottanta torna in Romagna.
Nel 1989 si stabilisce a Pennabilli, che gli conferisce la cittadinanza onoraria.
«Piano piano ti prende quella lentezza di gesti quasi da uomo primitivo e siedi su lunghe e semplici panchine artigianali e ti pieghi a toccare l’erba magari per accarezzare una margherita».
A Pennabilli e nei paesi circostanti, come Bascio e Petrella Guidi, dà vita a numerose installazioni artistiche, che prendono il nome de I Luoghi dell’anima tra cui: L’Orto dei frutti dimenticati, Il Rifugio delle Madonne abbandonate, La Strada delle meridiane, Il Santuario dei pensieri, Il Campo dei Nomi, L’Angelo coi baffi e Il Giardino pietrificato (materialmente realizzato dallo scultore Giovanni Urbinati). Un’altra sua opera, L’albero della memoria, è a Forlì, presso i Giardini Orselli. Concepisce anche due opere per Riccione, la fontana Il Bosco della Pioggia in piazzale Roma e il Giardino dei Ciliegi presso l’ex fornace. Riprende anche il suo iniziale amore per la pittura.
Nel 2010, in occasione dei suoi 90 anni, a Tonino Guerra viene attribuito il David di Donatello alla carriera, dopo averlo già vinto nel 1981, ’84 e ’85. Il 10 novembre 2010 è insignito del Sigillum Magnum dall’Università di Bologna.
Muore all’età di 92 anni a Santarcangelo il 21 marzo 2012, in coincidenza con la celebrazione della Giornata Mondiale della Poesia istituita dall’Unesco. Le sue ceneri sono state incastonate nella roccia, al di sopra della sua Casa dei mandorli a Pennabilli, nel punto in cui si ammira la vallata e di cui ha detto “è il posto dove trovi te stesso!”.
«Ho cercato per tutta la vita di essere un poeta. Ho fatto altro ma è stato come travestirsi. Disegno fontane ma non sono un architetto, dipingo ma non raggiungerò mai le vette di Picasso»