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16 ottobre 1174 – Rimini ghibellina ma doppiogiochista aiuta Ancona a sconfiggere il Barbarossa


16 Ottobre 2023 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Venezia, Genova, Pisa e Amalfi: sono le quattro canoniche repubbliche marinare che compaiono con i loro stemmi nelle bandiere marittime d’Italia. Ma repubbliche marinare nel Mediterraneo furono anche anche Ancona, Gaeta, la ligure Noli e, in Dalmazia, Ragusa.

Ancona in particolare si trovò in diretta competizione con la ben più potente Venezia non solo per i traffici in Adriatico, ma nell’intrattenere rapporti privilegiati con i greci dell’Impero romano “bizantino”. La frequentavano mercanti egiziani, siriani, mori, greci, magiari, dalmati, croati, albanesi ed ebrei, oltre a fiorentini e lucchesi. Nel XII secolo la città dorica dovette difendere strenuamente la sua prosperità e la sua libertà. Di diritto sarebbe appartenuta all’Impero, il Papa ne rivendicava il possesso in base a titoli assai dubbi, ma di fatto si reggeva come uno stato indipendente. Già nel 1137 aveva respinto l’imperatore Lotario II di Supplimburgo che intendeva riportarla sotto il suo effettivo dominio. Nel 1167 ci aveva riprovato, di nuovo senza successo, l’imperatore Federico Barbarossa.

Federico Barbarossa fra i figli Enrico e Federico

Nel 1173 il Barbarossa fece un nuovo tentativo per sottomettere Ancona, inviandovi il suo luogotenente, l’arcivescovo Cristiano di Magonza. Questa volta gli imperiali potevano contare anche sull’alleanza con Venezia, la cui la flotta – ben trentaquattro galee, più numerose imbarcazioni minori, condotte da Pietro Ziani figlio del Doge Sebastiano – era giunta a bloccare il porto. Ancona trovò alleati nella Repubblica di Ragusa, nell’imperatore “bizantino” Manuele Comneno e in alcune città romagnole in quel momento “guelfe”: Bagnacavallo, allora retta dalla contessa Aldruda dei Frangipani di Roma, Ferrara in cui predominava Guglielmo II “Marchesella” degli Adelardi. E, inaspettatamente, Rimini, città ghibellina che postulava ed esibiva diplomi e privilegi dal Barbarossa (diritti di dominio sul contado, di costruire nuove mura, di battere moneta), ma giocando su due tavoli aveva anche aderito alla Lega Lombarda dei Guelfi.

San Ciriaco cattedrale di Ancona

Ben presto l’assedio di Ancona assunse tinte epiche. Come le gesta dell’eroina anconetana per eccellenza: Stamira (detta anche Stamura), una giovane vedova che avrebbe appiccato il fuoco a numerose macchine d’assedio nemiche con una botte incendiaria, permettendo così ai cittadini allo stremo una sortita dalle mura per rifornirsi di cibo. O come quella del canonico Giovanni da Chio, che da autentico “commando” si gettò nel mare in burrasca per tagliare gli ormeggi della nave Totus Mundus, ammiraglia della flotta veneziana, la quale alla deriva andò a urtare e danneggiare una parte della flotta.

L’imperatore Manuele I Comneno

Secondo quanto riporta Buoncompagno di Signa (“De obsidione Anconae“), i cavalieri ed i fanti di Bertinoro si riunirono con i ferraresi di Guglielmo II a Rimini, unica città romagnola diposta ad accoglierli mentre tutte le altre restavano fedeli all’Impero. Convinti con l’inganno i ravennati Traversari a sciogliere le milizie già pronte per soccorrere Cristiano di Magonza e scortati dai riminesi, i Guelfi mossero verso Ancona. Dopo alcuni scontri sfavorevoli agli imperiali, l’arcivescovo diede l’ordine di battere in ritirata, mentre la flotta veneziana doveva rientrare malconcia in patria. I cronisti greci esaltarono la fedeltà dimostrata da Aldruda verso il “basileus” come se ancora fosse lui a regnare sulla Pentapoli della “Romània”: non contenta di inviare le sue truppe, la contessa pur ultracinquantenne avrebbe guidato di persona il combattimento.

L’arco di Traiano sul porto di Ancona

Manuele Comneno inviò ingenti somme di denaro per ricompensare Ancona. Secondo una tradizione non confermata da documenti, l’imperatore donò in questa occasione alla città la bandiera rossa con una croce d’oro che è ancora oggi il vessillo municipale. Tarquinio Pinaoro, nelle “Antichità e nobiltà anconitane”, asserisce invece che tale insegna era stata assegnata al Comune di Ancona nel 1151 quale ricompensa per aver conquistato per primo le mura di un castello chiamato Argentario, presso Gallipoli sui Dardanelli nell’odierna Turchia. Le forze alleate di Rodi, entrate nel castello subito dopo i soldati anconetani, ottennero un vessillo simile: croce argentata su fondo rosso. Sia come sia, per la città il risultato più importante della vittoria fu che il Comneno autorizzò la repubblica a praticare il commercio marittimo in tutti i suoi porti, con la possibilità anche di costruire fondachi e abitazioni.

Il vessillo della Repubblica di Ancona

 

Il sostegno dato da Rimini ad Ancona lasciò confusi ancorchè poco attendibili ricordi vivi fin nell’Ottocento. Nella “Storia d’Ancona dalla sua fondazione” di Agostino Peruzzi pubblicata a Pesaro nel 1835, si legge che Rimini e Ancona, insieme con altre città costiere dell’Adriatico, armarono una flotta per opporsi a Venezia, ma furono sconfitte. Mentre per l’assedio di Ancona del 1173, il Peruzzi riferiva che era avvenuto nel 1174, a partire dal primo giorno di aprile per durare fino alla metà di ottobre.

Ancona nel 1757

Nel clima antimperiale e germanofobo del Risorgimento, un patriota modenese, Giuseppe Andrea Cannonieri (1795-1864), pubblicò a Firenze nel 1848 una storia romanzata dal titolo “L’assedio di Ancona dell’anno 1174 per Cristiano, arcivescovo di Magonza”. Pochi anni più tardi il pittore anconetano Francesco Podesti dipinse un ciclo di quadri ispirati all’assedio. Uno del 1857 è intitolato “Il giuramento degli Anconitani” (nell’immagine in apertura), oggi conservato nella Sala del Consiglio comunale di Ancona, in cui compare Stamira mentre giura posando la mano sulla spada tra persone che ascoltano un vecchio senatore cieco, il quale incita i suoi concittadini a resistere all’assedio. “Giovanni di Chio durante l’assedio di Ancona”, dipinto tra il 1875 e il 1899, è conservato invece nel Museo della città di Ancona.

Francesco Podesti: “Giovanni di Chio durante l’assedio di Ancona”

Un terzo quadro di Podesti, che ritrae l’eroico gesto della vedova con una fiaccola in mano, è conservato presso il municipio di Bertinoro, la città della contessa Frangipane. L’eroina anconetana è oggi ricordata dal nome di uno dei tre corsi principali della città dorica, da piazza Stamira e dalla società polisportiva “S.E.F. Stamura”.

Stamira ritratta da Podesti