1859: cacciato il Legato Pontificio, Rimini elegge il suo primo Consiglio comunale
14 Gennaio 2025 / Paolo Zaghini
La “scoperta” di questo articolo storico di Francesco Alici (1929-1997), l’unico che ha mai scritto, sul numero 1 del periodico “Rimini Oggi”, quindicinale di vita cittadina, del 15 novembre 1959, ci rivela un aspetto del giovane politico riminese che non conoscevamo.
Alici ha trent’anni. E’ uno dei giovani dirigenti comunisti in ascesa. Dopo il drammatico 4° Congresso della Federazione Comunista Riminese del dicembre 1956 che vide il durissimo confronto fra i riformatori e coloro che difendevano rigidamente il passato, il Segretario della Federazione Augusto Randi lo chiamò a ricoprire ruoli di primo piano. In quegli anni Alici si occupò della Commissione Stampa e Propaganda (gestì lo scontro propagandistico delle due elezioni amministrative del 1956 e del 1957), dal 15 novembre 1959 divenne il Direttore del nuovo periodico della Federazione “Rimini Oggi” (che uscì sino al 1963), scrisse per “L’Unità” e prese la tessera da giornalista pubblicista (la n. 310 il 28 ottobre 1960).
Vien da pensare che ci potesse essere un poco di spirito concorrenziale con l’altro astro nascente riminese a Bologna, Renato Zangheri (1925-2015). Cresciuto nel clima sociale e politico della Rimini del dopoguerra, eletto nel Consiglio Comunale di Rimini nel 1951, nei primi anni ’50 si trasferì a Bologna per esercitare il “mestiere” di insegnante universitario di Storia economica e di Storia delle dottrine economiche. Ma la passione politica non la perse: consigliere comunale a Bologna dal 1956, dal 1959 diventerà assessore comunale alla cultura prima con il Sindaco Giuseppe Dozza e poi con il Sindaco Guido Fanti. Alle origini del socialismo riminese è dedicato un saggio degli anni Sessanta (“Il Nettuno 1873-1877 e il suo direttore Domenico Francolini”) nel quale viene messo in luce il ruolo svolto da Domenico Francolini all’interno delle complesse dinamiche dell’internazionalismo di fine Ottocento.
L’articolo che riproponiamo di Alici ricostruisce le vicende dell’elezione del primo Consiglio Comunale di Rimini del 1859. Il linguaggio e le sottolineature continue sull’importanza delle azioni del popolo rinviano alla lezione marxista allora corrente.
Appena cacciato il Legato Pontificio dalle Romagne
NELLA RIMINI DI 100 ANNI FA SI ELEGGEVA IL 1° CONSIGLIO COMUNALE
I cittadini dovettero recarsi alle urne 2 volte di seguito per la scarsità delle affluenze alle votazioni
Cento anni fa, il 25 settembre 1859, i riminesi elessero il loro primo Consiglio comunale dopo che la città si era liberata dalla dominazione dello Stato Pontificio.
Fu certamente questo un avvenimento importante che sanciva per sempre la volontà dei riminesi di autogovernarsi e che coronava di successo la lunga e travagliata lotta condotta da decenni contro il potere temporale dei Papi che, specie nella città di Rimini, era stato caratterizzato dal dispotismo e dalla violenza.
Le elezioni pertanto, anche se non ebbero per protagonista tutto il popolo riminese (in quei tempi il suffragio non era universale ma per censo) furono certamente largamente influenzate dal ricordo della partecipazione popolare alla lotta per l’unità e l’indipendenza della città e del Paese. Partecipazione popolare che risaliva ai tempi anche allora lontani dello inizio del secolo quando Rimini, con i suoi moti, fece parlare di sé l’Italia intiera e fu d’esempio alle altre città che andavano sviluppando la loro lotta contro i governanti dei vari stati che dominavano il territorio emiliano e tutta la penisola.
Ricordando le elezioni del 25 settembre 1859, quindi non si può fare a meno di ricollegarle ai fatti che culminarono con la fuga del Legato pontificio avvenuta nella notte fra il 21 e il 22 giugno 1859. Gli atti ufficiali, conservati negli archivi comunali, ci hanno tramandato poche cose, pochi cenni di cronaca dai quali, comunque, è facile intuire che il popolo riminese fu il vero protagonista della liberazione della città che avvenne, quindi, non per pacifica via diplomatica, come qualche storico superficiale e di parte vorrebbe far credere.
A tal proposito basterà riferire che prima ancora di abbandonare la città di Rimini il Legato pontificio aveva emesso un’ordinanza con la quale si comandava la requisizione delle armi di qualsiasi tipo, in possesso dei cittadini riminesi: segno evidente, questo, che il popolo in armi, non le trattative diplomatiche, obbligarono il rappresentante dello Stato pontificio ad abbandonare la città, levando alte proteste (come testimonia il manifesto conservato negli archivi comunali).
E, del resto, un altro fatto eloquente che testimonia la partecipazione popolare alla lotta contro il papato è la nomina della Giunta di governo provvisoria nella quale a fianco di due nobili, i conti Vincenzo Salvoni e Domenico Spina, troviamo Primo Fabbri, un borghese popolano. Ed il popolo accolse con grande festa questo evento. E canti di gioia, luminarie in tute le piazze ed in tutte le contrade salutarono il tricolore che la mattina del 22 giugno 1859 saliva per la prima volta sulla torre del’Arengo in sostituzione della bandiera “papalina”.
In questa atmosfera i riminesi continuarono, nei mesi successivi, a prendere parte attiva negli avvenimenti nazionali. E che la loro partecipazione fu attiva e vigilante lo testimonia un articolo apparso sul “Monitore di Bologna” del 14 agosto 1859 il quale riferisce che nel pomeriggio del 6 agosto tutta Rimini accorse sul molo essendo apparso all’orizzonte un battello pontificio. La minaccia di uno sbarco sulle coste della Romagna – continua il “Monitore di Bologna” – suscitò la mobilitazione generale dei riminesi in difesa della conquistata libertà.
Il primo agosto 1859, intanto, si riuniva per la prima volta la Commissione municipale composta da tre membri: Enrico Bilancioni, Pietro Fagnani e Sallustio Ferrari. Quest’ultimo, non avendo accettato la nomina, venne sostituito seduta stante dal conte Vincenzo Salvoni. Il 6 settembre l’Assemblea dei Rappresentanti del popolo votava la decadenza dello Stato pontificio e l’annessione delle ex Legazioni al Regno di Piemonte. Per Rimini parteciparono Achille Serpieri, Vincenzo Salvoni, Enrico Bilancioni e Primo Fabbri.
Le elezioni del Consiglio Comunale sono ormai prossime. Il 18 settembre con la circolare n. 2145 dell’Intendenza della Provincia, resa pubblica il giorno successivo, veniva, infatti, convocato il Collegio elettorale del Comune di Rimini per la scelta dei consiglieri comunali (sul verbale della seduta i consiglieri comunali vengono definiti “individui”). Le elezioni si svolgeranno secondo le norme stabilite dal Decreto emesso il 20 luglio 1859.
Ed il 25 settembre, puntualmente ed in ordine hanno luogo le elezioni. Alle ore 8 suona il “campanone” dell’Arengo per convocare gli elettori. Il seggio elettorale risulta composto da Fagnani Pietro, presidente, Facchinetti Giovanni e Serpieri Eugenio squitinatori (scrutatori); Nicolini Alessandro e Serra Vincenzo segretari. Subito dopo la costituzione del seggio e per sei ore consecutive si vota. Quando, però, vennero aperte le urne risultò che la votazione non era valida poiché il numero dei voti validi era inferiore ad un terzo degli iscritti alle liste elettorali (in tutto 2414). Per questo il Presidente, constatata la non validità delle elezioni, fa bruciare le schede e convoca gli elettori per il giorno successivo.
Alle ore 8,30 del 26 settembre si ricostituisce il seggio elettorale. Il “campanone” suona ancora per chiamare gli elettori. Alle 9 ha inizio la votazione. Gli elettori, muniti della prescritta polizza, a mano a mano che depongono la scheda nell’urna vengono annotati nell’apposito registro. Alle ore 15 precise il Presidente, dopo 4 ore e mezzo dall’apertura del seggio, dichiara chiusa la votazione, apre l’urna e provvede, con l’aiuto degli scrutatori, a controllare il numero delle schede: sono 482 e, quindi, ancora inferiori al terzo richiesto. Ciononostante il Presidente dichiara valide le elezioni ed inizia lo spoglio con la relativa trascrizione, da parte dei segretari, dei nomi degli eletti.
Le operazioni spoglio occupano la presidenza dal pomeriggio del 26 all’Ave Maria del 28 settembre. Vengono eletti 57 membri del nuovo Municipio per maggioranza di voti e 10 supplenti. Poiché non si ebbero reclami la lista degli eletti venne resa di pubblica ragione. Vengono redatte due copie originali, una delle quali viene depositata presso la Segreteria municipale e l’altra inviata alla Intendenza della Provincia. Rimini ha così il suo nuovo Consiglio Comunale: il primo eletto liberamente dal suo popolo.
L’11 ottobre 1859 il Consiglio comunale di Rimini si riunirà per la prima volta per eleggere il Gonfaloniere e gli 8 anziani: cioè per eleggere quelli che oggi noi chiamiamo il Sindaco e gli Assessori.
Francesco Alici
(nell’immagine in apertura: Piazza Cavour in un’incisione di Bernardo Rosaspina, 1832)