2 febbraio 2009 – Muore Corrado Sberlati, fondatore della Marr e patron del Rimini Basket
2 Febbraio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Il 2 febbraio 2009 muore Corrado Sberlati; era nato a Torre Pedrera e aveva 71 anni. Era stato lui a fondare con altri soci, nel 1972, la Marr spa (Magazzini Alimentari Riuniti Riminesi) divenuta leader italiana nella distribuzione di prodotti alimentari agli alberghi e nel catering. Nel 1992, dopo che anche Montedison aveva acquistato delle quote, cedette la sua azienda a Luigi Cremonini.
Nel settembre 1983 Sberlati entrò nella Rimini Basket, che prese il nome della sua azienda. L’obbiettivo era di quelli storici: portare Rimini per la prima volta in A1. E fu centrato immediatamente, grazie a Piero Pasini in panchina e un gruppo leggendario con i Wansley, Cecchini, Benatti, Sims, Sandrino Angeli.
L’anno dopo arrivò Reggie Johnson, campione NBA nel 1983 con i Philadelphia 76ers di Julius Erving e Moses Malone; insieme a Wansley formò la coppia più amata in assoluto dai tifosi riminesi. Poi anche Rodney Buford e Maurizio Ferro. Per la Marr la salvezza fu agevole, ma a Sberlati non bastava. Si puntò ancora più in alto e nel 1985-86 il basket riminese raggiunse il massimo piazzamento nella sua storia, il sesto posto assoluto arrivato con l’ingresso nei quarti di finale scudetto, turno perso contro la Simac Milano di Mike D’Antoni, Dino Meneghin, Bob McAdoo e coach Dan Peterson, che poi vincerà lo scudetto.
Con le ambizioni alle stelle, Sberlati nel 1986-87 provò il tutto per tutto: via Pasini, dentro Dado Lombardi e mercato miliardario che portò a Rimini Mike Silvester, Olden Polynice, Jeff Lamp, e il pivot della Nazionale, Marco Ricci. Finì con un disastro: la Hamby (come si chiamò in quella stagione), terminò in ultima posizione con quattro sole vittorie all’attivo. I successivi tre anni in A2 coincisero rispettivamente con una salvezza conquistata con un canestro di Maurizio Ferro all’ultimo secondo contro Rieti, un 8º posto con eliminazione ai play-off e infine una retrocessione in B1, arrivata al termine del campionato 1989-90 dopo la sconfitta nello spareggio-salvezza giocato contro Cremona sul neutro di Treviso.
Ma Rimini Basket aveva preparato per tempo la via per risorgere. Negli anni Ottanta l’istruttore Claudio Papini aveva trasformato il settore giovanile riminese portando il vivaio a vincere tutti gli scudetti di categoria, unica società in Italia a riuscirci, e adesso i protagonisti di quegli “scudettini”, i “Ragazzi del ’72” entravano nella prima squadra: erano Massimo Ruggeri, Franco Ferroni, Renzo Semprini e, soprattutto, Carlton Myers. Era la “nidiata d’oro” affidata di nuovo a “Topone” Pasini, che nel giro di due anni realizzò doppio salto B1-A2-A1.
La stagione 1992-93 ebbe però una conclusione amara. Senza Myers, “prestato” alla Scavolini Pesaro, la retrocessione arrivò nel modo più beffardo: una contestata infrazione di tre secondi sanzionata dall’arbitro Pietro Pallonetto ad Israel su un rimbalzo offensivo negli istanti finali dell’ultima partita di play-out con l’ambiziosa Fortitudo Bologna, che in seguito alla vittoria fu promossa.
La Serie A2 durò quattro anni: nel 1993-94 la promozione sfumò nella fase a gironi. Nella serie finale dei play-off 1994-95 fu la Libertas Forlì, nonostante il ritorno di Myers a Rimini e il 1º posto dei riminesi in regular season, a infliggere a sorpresa un 3-0 nei sentitissimi derby. Altra finale play-off persa l’anno successivo, con la Reyer Venezia che salì vincendo la serie 3-2 grazie alla rimonta nella gara decisiva gara 5 quando i veneti erano sotto di 18 punti all’intervallo.
Il riscatto avvenne nel 1996-97 sotto la guida di coach Piero Bucchi e la conferma del giovane Germán Scarone in regia, al termine di una stagione coincisa col 1º posto in regular season e con la vittoria nelle finali play-off: 3-0 su Montecatini. L’estate 1997 fu quella della prospettata fusione con la Libertas Forlì e la creazione di una nuova società che avrebbe avuto sede legale e campo di gioco a Forlì e sede amministrativa a Rimini. Ma le due tifoserie si ribellarono quando i due presidenti Angelo Rovati e Corrado Sberlati erano ormai prossimi alla firma. Alla fine Sberlati esclamò: “Meglio soli in C, che in A1 con Forlì!” e non se ne fece nulla.
Al secondo anno di permanenza sulla panchina riminese Bucchi raggiunse i quarti di finale di A1 dopo aver eliminato Verona agli ottavi: questo risultato permise l’accesso alla Coppa Korać qualificando per la prima volta i biancorossi (dal 1997 al 2000 in maglia biancoblu per richiamare i colori dello sponsor Pepsi). La qualificazione alla Korać venne conseguita anche l’anno seguente grazie al raggiungimento dei quarti di finale dei play-off, persi 1-3 contro Varese esattamente come accadde l’anno prima. La travagliata stagione 2000-01, complice la fuga di Rodney Buford a stagione in corso, fu l’ultima ad essere stata disputata nella massima serie: da lì in poi il club ha sempre militato in Legadue.
Come ricorda il Resto del Carlino, «Nel giugno del 2001 un tragico evento sconvolse la sua vita: la morte del figlio Gianluca di soli 23 anni. Il ragazzo a bordo del suo scooter stava percorrendo via Sacramora in direzione Torre Pedrera, quando ha investito una 14enne che stava attraversando la strada e poi sbandando è finito contromano, proprio nel momento in cui stava sopraggiungendo un furgone che lo investì uccidendolo». Era stato proprio Gianluca a scegliere la nuova denominazione della pallacanestro riminese: Basket Rimini Crabs. Dopo questo dramma Sberlati aveva lasciato il mondo dello sport, dedicandosi solo alla sua attività di imprenditore.
Così il sindaco di Rimini, Alberto Ravaioli, commemorò Corrado Sberlati il giorno successivo alla sua scomparsa:
«Corrado Sberlati era un imprenditore e un lavoratore che ha incarnato il dinamismo, la fantasia, il coraggio, la capacità reattiva di una città che in questo modo è diventata grande. Un self made man che ha trasformato un sogno e un’ambizione in realtà, grazie al lavoro e all’intuizione: non è forse il paradigma della storia recente e meno recente di Rimini?».
«Ma il tratto caratteristico di Sberlati- quello che gli permesso di attraversare il dolore e la gioia, le cose brutte e quelle belle di una vita- è stata la passione. Ad essa si deve il suo impegno per lo sport cittadino; non un impegno spot ma un lungo, affettuoso, disinteressato attaccamento alla pallacanestro riminese. Una gigantesca passione che non solo ha garantito gli onori ma, nei momenti più difficili, la stessa sopravvivenza di questo straordinario e radicato sport».
«A Corrado Sberlati, in definitiva, Rimini deve molto e per questo lo ringrazia. Con la stessa, identica, spontanea passione che lui ha sempre messo nello sport, nel lavoro, nella sua bellissima famiglia».