2 gennaio – E anche il Papa disse: “I séld j è la merda de dievul”
2 Gennaio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Oggi, 2 gennaio, la Chiesa cattolica festeggia San Basilio Magno nato a Cesarea di Cappadocia nel 329, dove morì nel 378. Vescovo e teologo, guida spirituale dei monaci che da lui si dissero basiliani, è celebre per i suoi tantissimi aforismi, molti dei quali passati in proverbio.
Il più noto di tutti (citato anche da Papa Francesco il 28 febbraio 2015 nell’incontrare i rappresentanti della Confederazione cooperative italiane) è “Il denaro è lo sterco del diavolo”.
In riminese, San Basèli ammonisce dunque: “I séld j è la merda de dievul”. E infatti, “I sold j è de dievli”, conferma Tiziano Arlotti per la Val Marecchia (“U s dis isé”, Panozzo 2006).
Tuttavia, “Un quand l’ha di quatrein, enca a l’inferne e sta bein, parchè se dievul us po riguardes, e mettsi in dov u i pies”, chi ha i quattrini sta bene anche all’inferno, perché si può accordare col diavolo e mettersi dove gli pare.
“Soldo”, fino a che la valuta qui correntei fu quella pontificia, era la monetina da cinque centesimi. Gianni Quandamatteo (“Dizionario romagnolo (ragionato)” La Pieve 1983) spiega che “Un tempo usava tenere in tasca, senza spenderla, una moneta da un soldo gobba: portava fortuna. In altri posti, invece, era la noce di tre coste (la còcla da i tri cantun) che tenuta in tasca, menava buono”.
“I sèld i sta ti strazz, fra gli stracci cioè dove non si pensa – prosegue Quondamatteo – e, in senso fig., in mano a chi finge miseria, povertà”: la tradizionale condanna dell’avarizia, ma anche l’altrettanto perenne avversione verso i mendicanti, ritenuti fasulli magari per evitare di aiutarli: “Quello chiede la carità ma ha le ville”.
“La pulizeia la sta ben in tla cisa, in tla bascoza la fa mel ma la chesa”, la pulizia sta bene in chiesa, ma in tasca fa male alla casa. “I sèld j è cum i dulùr, chi j ha i si tin”, i soldi, come i dolori, chi li ha se li tiene.
E, naturalmente, “I sèld i fa andè l’acva d’in so”, i soldi fanno andare l’acqua all’insù; e a Forlì, “La zent, quand i ha di quatrèn, se i è nech brot i dventa blen”, la gente quando ha dei quattrini diventa bella anche se è brutta. Ma chi non ha un becco di un quattrino“Un ha un french da fe cantè un zig”, non può far cantare nemmeno un (mendicante) cieco, perché “Per gnent un baja gnenca e’ chen” (sempre Arlotti) perfino un cane per abbaiare vuole qualcosa.
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