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21 febbraio – Sen Per Damiè, il più grande santo di Romagna


21 Febbraio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Il 21 febbraio la Chiesa cattolica commemora San Pier Damiani (Pietro di Damiano), il più importante Santo romagnolo di tutti i tempi ed uno dei più eminenti nella storia della Chiesa. Pier Damiani nacque a Ravenna nel 1007 e morì a Faenza il 21 febbraio 1072. Coltissimo, considerato il miglior latinista del suo tempo, asceta per scelta e grande politico suo malgrado, ci ha lasciato ben 700 scritti che restano un tesoro fondamentale sia per dottrina che per la conoscenza di quell’epoca tumultuosa. E’ stato proclamato dottore della Chiesa nel 1828. Proprio la sua immensa cultura lo portò ad apprezzare, all’opposto, la sancta simplicitas, santa semplicità.

Il corpo di San Pier Damiani nel duomo di Faenza

Piero nacque a Ravenna tra la fine del 1006 o più probabilmente l’inizio del 1007. Non sappiamo il nome della famiglia, che doveva essere stata illustre ma all’epoca non di alta condiozine. Era l’ultimo di sette fratelli, orfano di entrambi i genitori in giovanissima età. Fu allevato dapprima dalla sorella maggiore Rodelinda, poi dal fratello secondogenito; non viene nominato e nella biografia del discepolo prediletto Giovanni da Lodi si dice lo costrinse a durissimi servizi e lo maltrattò. Lasciò allora quella casa e venne accolto dal fratello più grande Damiano, arciprete. Probabilmente per riconoscenza verso questo fratello Piero aggiungerà al suo nome “Damiani”, cioè “di Damiano”, che non va inteso dunque come patronimico. Grazie al fratello, Arciprete e pievano a Ravenna, Piero potè studiare le arti liberali prima nella sua città, poi a Parma e a Faenza.

L’episodio che determinò la svolta decisiva l’incontro con un mendicante cieco. Piero gli offrì del pane scuro, di qualità peggiore, tenendo per sé un pane bianco. Ma una lisca di pesce gli si conficcò in gola, rischiando di soffocarlo. Interpretò l’incidente come una giusta punizione per il suo egoismo e prontamente offrì al cieco il pane migliore: immediatamente la lisca scivolò via lasciandolo indenne. Poi conobbe a Ravenna due eremiti di Fonte Avellana, sperduto monastero sul Monte Catria dove la Pentapoli bizantina aveva confinato con il longobardo Ducato di Spoleto. Un luogo sacro fin dalla preistoria, dove gli Umbri e poi i Romani avevano venerato Giove “Appennino” in un celebre tempio; il dio si sarebbe infatti assiso su quel monte a forma di cattedra (“catria”). Il cenobio del ravennate San Romualdo, il fondatore dei frati Calmaldolesi, risaliva invece ad appena un decennio prima. Attratto dalla loro umile e composta modestia, Pietro li seguì nel loro eremo e vi si fece monaco. Era probabilmente l’anno 1035; Pier Damiani aveva compiuto 28 anni.

San Romualdo di Camaldoli (Guercino, 1640-41. Pinacoteca comunale di Ravenna)

Inflessibile contro ogni corruzione, nemico di ogni lusso: celebre la sua condanna dell’uso della forchetta a tavola, una “mollezza” appena arrivata da Bisanzio a Venezia con la moglie greca del doge Orseolo II. Lo spregio delle cose mondane non gli impediva di valutarle con attenzione. Come quando viaggiando per la Francia valutò pessima la qualità del vino, a confronto di quello cui era abituato in Italia. Alla vigilia dell’era delle crociate, non vedeva con favore le guerre contro gli infedeli, che riteneva andassero invece convertiti con la sola forza della ragione. Così come respingeva nettamente le accuse di idolatrie contro gli Ebrei, cui comunque addossava la responsabilità di aver ucciso il Cristo: il “deicidio”.

Il rigore innanzi tutto verso se stesso e la cultura impareggiabile gli conferirono tale autorità morale che il monaco dovette occuparsi costantemente delle cose politiche d’Italia e poi d’Europa. Dai marchesi di Canossa ai Papi, dagli imperatori agli arcivescovi e gli abati, non ci fu conflitto che non richiese la sua opera. Inviato a dirimere contese in mezza Italia, in Francia, in Germania. Sempre contro la sua volontà e per puro spirito di obbedienza.

Fonte Avellana nel grembo del Monte Catria

Appena poteva tornava nella sua abbazia fra i possenti monti dell’Appennino. Ma, sempre suo malgrado, fu nominato cardinale, vescovo di Ostia, consigliere del Papa. La sua opera riformatrice (o restauratrice, come avrebbe forse preferito dire lui) si concentrò sul liberare la Chiesa da ogni impurità. Lotta senza quartiere, quindi, alla simonia, cioè alla compravendita delle cariche ecclesiastiche. Fare del Papa la figura centrale della Chiesa, contro ogni tendenza centrifuga. Affermare con fermezza il celibato degli ecclesiastici, a suoi tempi per nulla scontato e anzi ampiamente disatteso perfino da molti vescovi.

San Pier Damiani vescovo

Sen Per Damiè, come si chiama nella sua Ravenna, ebbe naturalmente sempre a che fare anche con le cose romagnole. Fra le tante abbazie che fondò personalmente in Italia, nel 1060 ci fu quella di San Gregorio al Conca nel territorio di Morciano grazie alla donazione di Armengarda. Ed è solo grazie al Santo ravennate che conosciamo la figura di S. Arduino da Rimini, portato ad esempio nelle sue omelie e nei suoi scritti: il prete che quando era assalito dalle tentazioni della carne si gettava nudo fra le ortiche. E’ molto probabile che fu per l’impulso di Pier Damiano che lo scriptorium dell’abbazia riminese di San Gaudenzo prese a produrre sermoni, vite di santi, testi sacri, alcuni dei quali composti direttamente dal monaco ravennate a iniziare da quello dedicato a Santa Colomba, patrona della città. E’ la prima fioritura letteraria di Rimini di cui abbiamo traccia. 

Quanto resta dell’abbazia di San Gregorio al Conca, d”del Mosclo”, presso Morciano

I Camaldolesi di San Romualdo amministrarono almeno due chiese a Rimini, ora entrambe scomparse. Una era quella, antichissima, dei SS. Andrea, Donato e Giustino, che diede il nome al Borgo di S. Andrea e di cui non si sa più nulla dopo la seconda metà del ‘400. L’altra esisteva già prima del Mille ed era dedicata a S. Silvestro; faceva parte di un isolato abbattuto nel Cinquecento nel dare un nuovo assetto a piazza della Fontana (oggi piazza Cavour) aprendola sulla Strada Regia (Corso d’Augusto). Dello stesso isolato facevano parte i portici dove i notai tenevano i loro banchi e una sinagoga.

Dante guidato da Beatrice incontra San Pier Damiani (“Il Paradiso” di Giovanni di Paolo, 1444-ca.1450)

Si legge nella Divina Commedia :

In qu

Si legge nella Divina Commedia :

In quel loco fu’ io Pietro Damiano,
e Pietro Peccator fu’ ne la casa
di Nostra Donna in sul lito adriano

E Dante colloca San Pier Damiani nel settimo cielo del Paradiso, quello di Saturno dove in eterno esultano gli spiriti contemplanti.

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