27 agosto 1247 – A Rimini si costruisce Sant’Agostino
27 Agosto 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Con una bolla datata 27 agosto 1247, Papa Innocenzo IV concede Indulgenza di 40 giorni a chi porgesse mano per quell’opera “sumptuosa” che i Frati Eremitani di S. Agostino “de novo edificare ceperunt in Arimino”.
L’opera è la chiesa che manterrà il titolo di una già esistente come parrocchia almeno dal 1069: S. Giovanni Evangelista. Ma da subito e fino a oggi per i riminesi è Sant’Agostino.
L’antica S. Giovanni si erigeva in parte dove è attualmente la sagrestia. Nel 1256 Giacomo, vescovo di Rimini, la concede ai padri agostiniani (aggiungendo l’intitolazione a Sant’Agostino), originari di un piccolo monastero di eremiti Brettinesi a nord di Fano, già presenti in città almeno dal 1247. I Brettinesi portavano il vestito eremitico, cioè la tunica grigia con scapolare e cappuccio di lana naturale, non tinta, calzatura semplice, un bastone con scodella e una cintura con coltello non acuto.
L’Ordine di Sant’Agostino (Ordo Fratrum Sancti Augustini), o degli eremitani di Sant’Agostino (O.E.S.A.) anche se la tradizione pretende avesse origine da sant’Agostino stesso, sorse nel 1244 dall’unione, promossa dal cardinale Riccardo Annibaldi e sancita da papa Innocenzo IV, delle fraternità di eremiti di Tuscia (ma anche Liguria, Umbria, Lazio e Romagna) in un’unica famiglia religiosa sotto la guida di un priore generale e con la regola di sant’Agostino. Nel 1256 agli eremitani di sant’Agostino vennero unite altre congregazioni.
Nel loro eremo del fanese, fondato nel luogo desertico di Brettino, presso Fenile, fra il 1200 e il 1215, alcuni eremiti praticavano durissime regole penitenziali, quali vivere in grotte troppo basse per stare in piedi e troppo corte per distendersi, o la “minutio”, salasso periodico di sangue. Fra i primi membri vengono nominati, intorno al 1240, certi Domenico ed Andrea, ambedue da Fano. Gli storici fanesi che parlano di un convento agostiniano a Brettino addirittura nel V secolo si appoggiano ad una lapide, ora dispersa, giudicata di improbabile autenticità già nel secolo scorso. Che il luogo fosse frequentato da anacoreti anche prima del XIII secolo viene però ritenuto plausibile. La congregazione degli eremiti brettinesi ebbe l’approvazione papale nel 1235.
A Rimini la parrocchia di San Giovanni Evangelista possedeva già pascoli, terreni, vigne; il vescovo Giacomo aggiunge una casa e una torre attigue, oltre ad esentare i padri agostiniani e gli abitanti della parrocchia “ad omni lege diocesiana, et iurisdictione, et istitutione”.
Grazie anche ad alcuni lasciti, i padri eremitani di Sant’Agostino acquistano ulteriori proprietà contigue in aggiunta a quelle concesse, con l’intenzione di “edificare un monistero” in breve tempo. Proposizione supportata anche da papa Alessandro IV con una bolla del 1257, concedendo a loro “di poter ricevere delle usure, rapine & altre cose male acquistate [..] fino al numero di 300 lire a Ravenna”.
La benevolenza vescovile e papale verso gli ordini mendicanti era a quel tempo favorita dall’intenzione di combattere i movimenti ereticali di Catari, Patarini e Manichei, nonché come contrapposizione al dilagante malcostume del clero secolare. Inoltre S.Agostino stava sorgendo proprio nell’area della città dove più forte era la presenza degli Ebrei, altro pericoloso focolaio di idee e comportamenti eterodossi. In contrada S. Agostino è documentata almeno una sinagoga, se non ve ne furono due. Quando poi nel 1555 anche a Rimini come in tutto lo Stato della Chiesa gli israeliti furono rinchiusi in un ghetto, uno dei cancelli che ogni giorno veniva chiuso al tramonto verrà posto in contrada S.Agostino (attuale via Cairoli), dove termina l’area del complesso eremitano.
Il nuovo impianto architettonico, di chiara impronta veneta soprattutto nell’altissimo campanile (sarà usato come punto di riferimento dai naviganti), era già in stadio avanzato di costruzione nel 1278 ed in via di completamento attorno al 1287. Tra queste due date si possono notare due ripensamenti: il primo fu quello di rendere la struttura simmetrica, per cui sul fianco est si può notare un allungamento grazie ad una lesena angolare simmetrica alla cappella del campanile; il secondo fu l’innalzamento della facciata. Infatti la presenza di tre grossi occhi cechi, mai aperti e privi di ghiere, fanno pensare ad una ipotesi originaria diversa, un edificio di stile romanico, sottolineato dal colore rosso dei mattoni e dall’assenza di intonacatura.
La cappella destra della chiesa era già stata dipinta nel Trecento. Gli affreschi del campanile e quelli della cappella maggiore sono oggi la sola testimonianza nella città di Rimini della locale scuola “giottesca”.
Seguirono diversi interventi a causa del terremoto del 1308. A tali lavori contribuì il favore della famiglia Malatesta, intenzionata a intrattenere una politica di buoni rapporti con gli ordini mendicanti. Nel suo testamento del 1311, Malatesta da Verucchio, “il Mastin Vecchio”, stabilì che le spese necessarie per la celebrazione del capitolo generale dei frati eremitani a Rimini fossero sostenuti dai suoi eredi.
Sulla spinta del lascito di Malatesta, il Capitolo Generale tra il 1315 e il 1318 commissionò alla bottega di Giovanni da Rimini la decorazione del coro e del timpano sopra l’arco trionfale, nella quale parteciparono anche i fratelli di Giovanni, Giuliano e Zangolo. Ma da un lascito del 1303 che si proponeva di dotare l’altare maggiore di una maestà di Cristo e di una Madonna, si potrebbe dedurre che già la bottega operava in quel luogo.
L’abside e la cappella del campanile, le parti maggiormente conservate, presentano una serie di affreschi dedicati alla Vergine Maria, alla vita di San Giovanni Evangelista e a Sant’Agostino. Alla loro base vi sono alcuni affreschi tardo-trecenteschi, in stato di conservazione precario, tra cui una Madonna e angeli di gusto tardogotico, ed ulteriori frammenti del primo Quattrocento.
Nel 1346 il governo cittadino, obbligato da Malatesta il Guastafamiglia, concesse agli agostiniani la via Nova (poi Contrada S. Rocco, oggi via Isotta degli Atti) per poter ingrandire il loro monastero, nel quale già operava a un collegio per novizi, una grande biblioteca e uno studio che diverranno, dopo quello bolognese, i più importanti della regione. Si formarono proprio qui due illustri esponenti dell’ordine agostiniano: il beato Tommaso e il teologo Gregorio da Rimini.
Gli affreschi trecenteschi erano scomparsi già tra il 1580 e il 1585, in virtù di un decreto vescovile che intimava il rettore della parrocchia ad imbiancare “l’immagini de sancti depinti nelle mura e guasti nel tempo”. Riemersero dopo il terremoto del 1916 e in parte furono staccati.
La sagrestia, ritenuta come detto il nucleo dell’orginiaria chiesa di S. Giovanni Evangelista, ha restituito anche di recente altri affreschi: nel 2009 erano state notate tracce di pittura nel soffitto; dopo un’accurata opera nel 2021 è riemersa una vasta parte della decorazione. E’ stata datata nella seconda metà del Trecento, quindi una diretta continuazione della “scuola riminese” che si riteneva esaurita con la Peste Nera del 1348.
Nel Settecento seguirono numerosi ritocchi, imprimendo, soprattutto all’interno, lo stile rococò. Nelle numerose cappelle laterali sono conservate pale settecentesche e statue in stucco di Carlo Sarti. Pregiati anche gli stucchi di Ferdinando Bibiena, che ornano il soffitto, e i vari affreschi di Vittorio Maria Bigari.
I Frati agostiniani gestirono la chiesa e il monastero fino alle soppressioni napoleoniche. Dopo la sconsacrazione di S. Colomba, S. Agostino fu la cattedrale di Rimini dal 1798 al 1809.
15 luglio 1809 – Il Tempio Malatestiano diventa Duomo di Rimini