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27 ottobre 1851 – Due patrioti riminesi uccidono un prete e ci rimettono la testa


27 Ottobre 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Annota Carlo Tonini per il 1851: «A’ 27 di ottobre furono giustiziati in Forlì due Riminesi: Eugenio Lucchini e Giuseppe Antolini camerieri di locanda, imputati della uccisione del prete Legni in S. Arcangelo al tempo della Repubblica romana. Ciro Zavoli, imputatone esso pure, perché minorenne, fu condannato a vent’anni di galera».

Più dettagliato “L’Archivio riservato del Ministero di grazia e giustizia dello Stato pontificio (1849‑1868)”«Nella causa di “Forlì o Rimini” decisa dalla S. Consulta con sentenza del 21 maggio 1851 per l’omicidio di don Tommaso Legni arciprete di Ciola Corniale (Sant’Arcangelo), commesso per spirito di parte in quel governo, i principali responsabili, Eugenio Lucchini di anni venticinque e Giuseppe Antolini di anni ventitre, entrambi camerieri riminesi, furono condannati a morte per decapitazione e la sentenza fu eseguita il 27 ottobre dello stesso anno, nella rocca di Forlì».

“La Rocca di Ravaldino ai tempi di Caterina Sforza”, stampa del primo Ottocento

Quanto al terzo imputato«Lo studente Ciro Zaoli, diciassettenne di Rimini, per la sua minore età condannato a vent’anni di galera, presentò suppliche per ottenere la commutazione della pena nell’esilio in Algeri ove risiedevano i suoi genitori, ed in ciò fu appoggiato dal conte Auguste Liedeckerke de Beaufort, ministro plenipotenziario dei Paesi Bassi». Non si sa come la supplica andò a finire, ma in compenso «dal fascicolo risulta che era stata commessa un’estorsione di centocinquanta scudi a danno dei genitori dello Zaoli, con promessa di grazia». Il che la dice lunga sui modi e lo stato della giustizia dell’epoca.

Ma come e perché don Legni era stato assassinato? E chi era questo sacerdote?

Già nel 1831, don Tommaso Legni si era segnalato per la sua strenua difesa dello Stato Pontificio e nella sua versione più reazionaria. Durante i moti che avevano portato alla proclamazione anche in Romagna delle effimere Province Italiane Unite, aveva sobillato i contadini a prendere le armi contro il governo provvisorio.

Nel 1848, poi, quando i patrioti arrivano dalle parti di Ciola col tricolore, sono accolti da fucilate partite dalla canonica, «in conseguenza di che i Santarcangiolesi arrestarono il parroco stesso».

Nel 1849, quando anche Rimini aderisce alla Repubblica Romana, i liberali si ricordano bene di don Legni e in marzo «la squadra arcangeliana essendo andata a Ciola e avendo bussato alla porta del parroco don Legni, avvenne che un nipote di questo fuggisse per una finestra dalla parte posteriore: onde un civico, vedutolo, gli si difilò dietro, e un altro civico, tirato un colpo di fucile, per mala sorte invece dell’inseguito uccise l’inseguente».

Gaetano Belvederi: “Ballo intorno all’albero della Libertà” (1850)

Ci mancava anche il morto per “fuoco amico”. La rabbia dei patrioti è al culmine e hanno una gran voglia di sfogarla sul prete: «Gli arcangeliani entrati immediatamente nella casa trovarono il parroco appiattato sotto una catasta di fascine e lo condussero a Santarcangelo, ove lo consegnarono ai carabinieri, che lo tennero sotto custodia nel loro quartiere».

Ma a Rimini hanno in mente una soluzione diversa e un gruppo di volontari della Guardia Civica si precipita a Santarcangelo: «Or non appena furono colà giunti i nostri, domandarono di vederlo: e poiché niuno pensava, che fra di essi vi potessero essere dei vili cosi fatti da uccidere uno che era già in mano della forza, fu loro conceduto. Ma non appena comparve agli occhi di essi l’aborrito sembiante del prete, i più indracati fra loro gli scaricarono i fucili addosso, e lo freddarono all’istante».

«Fatto veramente orribile! – commenta il Toninie tanto più ancora, in quanto che i capitani non ne presero cura veruna: le autorità criminali tacquero: gli autori di esso rimasero non solo senza pena, ma eziandio nel grado che aveano». Salvo poi, tornato il governo pontificio, pagare quel delitto tre anni dopo.