3 febbraio 1561 – Nasce Cesare Clementini, il primo a scrivere la storia di Rimini
3 Febbraio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Il 3 febbraio 1561 nasce a Rimini Cesare Clementini. Di nobile famiglia, nel 1582 entra in Consiglio comunale. Ricopre numerose cariche – tra cui quella di Capoconsole – e assolve delicati incarichi diplomatici.
Nel 1592 diventa Cavaliere, essendo insignito dell’Ordine di Santo Stefano istituito dal Granduca di Toscana. Dalla moglie, la contessa Leonida Bernardini della Massa, ha tre figli. Muore nel 1624.
Clementini, che tante volte abbiamo citato, fu il primo storico di Rimini. Nel 1617 diede alle stampe il primo volume del suo Raccolto istorico; il titolo completo recita, come vuole il prolisso uso di allora: “Raccolto istorico della fondatione di Rimino, e dell’origine, e vite de’ Malatesti. Con vari, e notabili fatti in essa città, e fuori di tempo in tempo successi, distinto in quindici libri di Cesare Clem.ni riminese dell’ord.e e militia di S.to Stefano”.
A corredo dell’opera c’è anche la più antica mappa della città di Rimini che sia giunta fino a noi, realizzata dal pittore riminese Alfonso Arrigoni. Vi sono minuziosamente annotati gli edifici sacri e civili, le fortificazioni e le porte, oltre al reticolo delle vie e degli isolati riportato con notevole precisione.
Sul terzo e sul quinto dei primi libri pubblicati nel 1617, campeggia lo stemma inquartato di Clementini, che lui stesso così descrive in una lettera inviata il 19 novembre 1618 all’arciprete Paolo Gualdi:
«L’arme mia inquartata de’ miei quattro casati col titolo libro III. i quali casati sono Clementini, e Tingoli, che è di mia Madre, sotto a Clementini quella degli Agolanti, e sotto de’ Tingoli i Sacramori, che s’estingue. Nella mia v’è la Croce di S. Stefano, in quella di mia Madre quella di Cristo, ovvero di Portogallo; nell’arme degli Agolanti si vede S. Marco, perché mio Proavo era Cav. della Repubblica Veneziana. In quella de Sacramori l’abito, o Croce di S Giovanni per essere il fratello del Proavo materno Cavalier di Rodi, e seguita il terzo libro». E conclude ammettendo candidamente: «Ho descritti i quarti per vanità, più che per informazione».
All’opera sarà aggiunto in seguito il “Trattato de’ luoghi pii, e de’ magistrati di Rimino”, ornandolo dell’arme gentilizie di quelle famiglie che vennero elette al Consiglio Ecclesiastico della città, dall’anno 1509 fino al suo tempo; questo trattato fu pubblicato nel 1627, tre anni dopo la sua morte.
L’opera di Clementini, di grande impegno, è la prima storia generale della città e su di essa si baseranno gli storici successivi, anche per la gran mole di documenti raccolti e consultati, alcuni dei quali andranno in seguito perduti. Sulla sua qualità, già Luigi Tonini, a metà Ottocento, era piuttosto severo: «Eccetto che nella parte che comprende i tempi a lui più vicini, è in molta parte un tessuto di equivoci o granchi», e «basta che una notizia sia data da lui solo perché venga accolta con riserva e con sospetto». Clementini accoglie infatti, senza porsi troppe domande, innanzi tutto notizie leggendarie sulla fondazione di Rimini (da parte di Ercole e di Noè) e sulle sue più remote vicende. Dopo di che prosegue in un’esposizione non troppo sistematica. Ciò nonostante, il riminese adotta criteri storiografici, in rapporto ai tempi, notevolmente avanzati. Ed è anche estremamente interessante per noi sapere anche cosa ai Riminesi piacesse credere riguardo la propria città, fosse vero o no.
A Cesare Clementini Rimini ha dedicato una via che corrisponde a un tratto del cardo romano (l’attuale asse Via Garibaldi – Via IV Novembre – Via Clementini) che terminava nell’approdo portuale dell’attuale Largo Martiri d’Ungheria (già Piazzale Clementini).