2 settembre 1433 – L’imperatore Sigismondo a Rimini
2 Settembre 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Il 2 settembre 1433 l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo entra solennemente in Rimini. «Et folli facto grandissimo honore»: fra l’altro viene “coverta” con apparati trionfali la strada che conduce al palazzo dei Malatesta (quello che sta per essere inglobato in Castel Sismondo).
L’imperatore è di ritorno da Roma, dove ha finalmente ricevuto la corona da papa Eugenio IV, nel giorno di Pentecoste. Al suo seguito ci sono Marsilio da Carrara, signore di Padova, Brunoro della Scala, signore di Verona, il duca di Baviera. Assisteranno tutti, il giorno dopo, alla solenne cerimonia durante la quale l’imperatore Sigismondo ordinerà cavalieri il suo omonimo Sigismondo Pandolfo (16 anni) e suo fratello Domenico Novello Malatesta (14 anni). Per immortalare l’evento, il Malatesta farà poi realizzare da Piero della Francesca l’affresco che possiamo ammirare nella cappella dedicata a San Sigismondo: si fa raffigurare nella posa dell’investitura in ginocchio di fronte al Santo, che ha le sembianze e le insegne dell’imperatore. San Sigismondo (? – 523 o 524) era stato invece solo un re dei Burgundi, sebbene il primo sovrano barbaro a diventare santo.
Ma chi era invece Sigismondo di Lussemburgo?
Sigismund von Luxemburg era nato a Norimberga il 15 febbraio 1368, morirà a Znojmo, in Moravia, 9 dicembre 1437. Principe elettore di Brandeburgo (1378-1388, 1411-1415), Re d’Ungheria dal 1387, Re di Croazia, Rex Romanorum dal 1410, Re di Boemia dal 1419 e Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1433 alla sua morte.
Una carriera dunque trionfale, nonostante una vita costellata di sconfitte militari.
Sigismondo era figlio dell’imperatore Carlo IV, e fratellastro di un altro imperatore, Venceslao. Era considerato molto colto e parlava diverse lingue (tra cui tedesco, latino, italiano e francese) e, a differenza del padre, amava le tradizioni cavalleresche partecipando di persona anche ai tornei.
Sigismondo ottenne la corona ungherese grazie al matrimonio con Maria d’Ungheria, ma ebbe bisogno dell’aiuto di suo fratello Venceslao per riuscire ad affermarsi sulla potente nobiltà magiara. Nel 1388 ipotecò la Marca del Brandeburgo, dandola in feudo agli Hohenzollern, in modo da coprire le proprie spese. A partire dal 1398, all’indomani della sconfitta subita nella battaglia di Nicopoli nella guerra contro i Turchi, riorganizzò l’esercito ungherese, e limitò i diritti della Chiesa. Ciò condusse alla rivolta dei nobili, e al suo arresto nel 1401. Ma Sigismondo, grazie all’aiuto dell’influente famiglia Garai, poté riottenere la libertà. Per assicurarsene l’appoggio, sposò la contessa Barbara di Cilli, da cui ebbe più tardi Elisabetta di Lussemburgo. Sigismondo respinse anche un’invasione del Re di Napoli, che intendeva far valere antichi diritti degli Angioini sul trono ungherese. Durante il suo regno l’Ungheria perse la Dalmazia a opera dei Veneziani, il cui capitano era Carlo Malatesta, zio di Sigismondo Pandolfo.
Sigismondo venne comunque eletto Re dei Romani nel settembre 1410, succedendo a Roberto conte palatino (1400-1410). Se i campi di battaglia continuavano a dargli torto, in diplomazia era un autentico fuoriclasse. Colse il suo miglior successo trovando una soluzione allo scisma d’Occidente con il Concilio di Costanza, (1414 – 1418). Sempre assillato da problemi finanziari, grazie a lui i Savoia ebbero titoli di duchi e i Gonzaga quello di marchesi: entrambi dietro versamento di molto denaro sonante. Fu comunque uno dei pochissimi in grado di far andare d’accordo, almeno durante la sua permanenza in Italia, tutti i turbolenti stati della Penisola.
La macchia peggiore del suo regno fu la cattura e la successiva condanna a morte sul rogo di Jan Hus, il teologo riformatore boemo, nonostante il sovrano gli avesse concesso un salvacondotto per intervenire al Concilio di Costanza. Quest’azione indebolì il suo potere in Boemia: gli Stati della regione esitarono in un primo tempo a riconoscere la corona di Sigismondo. L’imperatore proclamò una crociata contro gli ussiti in rivolta, che si trasformò ben presto in una lunga e difficile guerriglia, e che ebbe termine solamente nel 1436.
Nel 1433 l’imperatore adottò l’aquila bicipite come simbolo del Sacro Romano Impero. In precedenza si utilizzava una semplice aquila nera su sfondo dorato, mentre quella con due teste era prerogativa del solo imperatore di Costantinopoli (ed è tutt’ora adottata dalla Chiesa Ortodossa Greca, nonchè di Serbia, Albania, Montenegro nelle loro bandiere e da Federazione Russa e Armenia nel loro stemmi).
Morì il 9 dicembre 1437. Con lui si estinse la dinastia dei Lussemburgo. Il loro tentativo di creare una potenza nell’Europa centro orientale non era andato a buon fine. Ma questa idea venne poi ripresa, e realizzata, dagli Asburgo.