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Le poesie in dialetto di Teodorani "S’un fiòur tra i cavell - Con un fiore tra i capelli"


Finchè c’è Annalisa c’è speranza


4 Settembre 2023 / Paolo Zaghini

Annalisa Teodorani:
“S’un fiòur tra i cavell
Con un fiore tra i capelli”
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Annalisa è nata nel 1978 e vive a Santarcangelo di Romagna. Lavora ormai da anni in una cooperativa culturale che gestisce servizi bibliotecari nelle strutture della Provincia di Rimini.

Ha esordito giovanissima nel 1999 con la raccolta di versi in dialetto romagnolo “Par sénza gnént” (Per nulla) (Edizioni Luisè). L’anno dopo arriva seconda all’8° Concorso di poesia dialettale “Giustiniano Villa” di San Clemente con la poesia “Merz” (… U m ciapa pién una voja nova / un nonsochè / cmè ad campè dabon / voja ad lasè pann vécc’, lóibri … – Mi prende piano una voglia nuova / un nonsocosa / come di vivere fino in fondo / voglia di lasciare panni vecchi, libri …). Seguiranno poi la raccolta “La chèrta da zugh” (La carta da gioco”) (Il Ponte Vecchio 2004), “Sòta la guàza” (Sotto la rugiada) (Il Ponte Vecchio 2010), “La stasòun dagli amòuri biénchi” (La stagione delle more bianche) (Carta Canta Editore 2014).

E’ considerata l’erede di Giuliana Rocchi e, in generale, dei grandi poeti della Scuola di Santarcangelo: Tonino Guerra, Gianni Fucci, Antonello Baldini e Nino Pedretti.

In tanti anni non ho mai recensito alcun libro di Annalisa: suoi volumi nell’ultimo decennio non ne sono usciti. Ora questa nuova pubblicazione in cui Annalisa ha selezionato dalle quattro precedenti raccolte una ventina di poesie da ognuna, a cui ha aggiunto una ventina di nuove poesie: “Qualche mese fa mi sono messa in cammino con una manciata di ‘versi nuovi’, troppo pochi per formare da soli una raccolta; così ho deciso di fargli coraggio, affiancandogli le parole più esperte che già, un po’, il mondo avevano conosciuto”.

Ha scritto la poetessa Clery Celeste nella Introduzione a “S’un fiòur tra i cavell”: “I versi di Annalisa Teodorani hanno mantenuto la loro giovanile promessa. Il vero poeta non è qualcuno che si eleva sopra gli altri esseri umani, che si isola dal mondo e guarda dall’alto della propria erudizione lo stormire del popolo. Il vero poeta è colui che sa stare con la gente, che accoglie il fiore e l’anziano che passeggia in paese con la stessa grazia, con la stessa apertura di cuore”. “La poesia non è distanza siderale, è invece qualcosa di comprensibile, una forma comunicativa che attinge al sacro e al quotidiano, che si inserisce come ‘parola-seme’ dentro l’affanno di tutti i giorni”.

In una bella intervista fattale da Rita Giannini su “Il Corriere di Romagna” del 18 gennaio 2023, Annalisa spiega il perché di questa nuova pubblicazione: “Sentivo l’esigenza e il desiderio di fare un po’ il punto con me stessa, di farmi un regalo”. Ma il regalo l’ha fatto a noi lettori consentendoci di leggere testi splendidi, di una poetessa vera che sta entrando nella pienezza della maturità artistica.

I suoi sono da sempre testi essenziali, brevi: afferma la Giannini “una parola lirica quella di Teodorani che possiede asciuttezza di stile e di senso, con un’essenzialità che si fa folgorazione per il lettore. Che da lei riceve dardi luminosi per guardarsi dentro, come chiavi che aiutano ad aprire piccoli e grandi anfratti del reale su cui si muovono le potenti corde dell’esistenza”.
Spigoliamo qui e là dal volume: “Me a so saibàdga / cumè l’érba ch’la crès ti fóss / cumè e’ vént, dal vòlti acsè zgudébbli, / ch’e’ va do ch’u i pèr / e u n làsa stè gnént” (Io sono selvatica / come l’erba che cresce nei fossi / come il vento, a volte così antipatico, / che va dove gli pare / e non lascia stare nulla).

“E’ gòsta acsè póch insugné / dal vólti e’ bàsta una stèla, / una fróffla ad nòiva ch’la sguélla mótta / spèsa i vódri apanéd, / al fòi d’utóbri tra i caval de vént / o cal nóvvli smanèdi / cmè i pensìr di burdéll. / Se t céud i ócc, pu, / t’un sbréss e’ po’ cambié e’ mònd. (Costa così poco sognare / a volte basta una stella, / un fiocco di neve che scivola muto / dietro i vetri appannati, / le foglie d’ottobre tra i capelli del vento / o quelle nuvole scomposte / come i pensieri dei bambini. / Se chiudi gli occhi, poi, / in un attimo puoi cambiare il mondo.)

“… Pu l’à tach a pióv / la catóiva stasòun la s’à ingulè … (…Poi ha cominciato a piovere / la cattiva stagione ci ha ingoiati …).
“I zchéurs dla zènta. / Dal volti a m mèt ma la finèstra / e a stagh da sintói i zchéurs dla zènta: / da spès i è acsè stràch / che la s putrébb sparagnè / la fadòiga d’arvói la bòca. / Ma se la zcòr in dialèt / alòura i zchéurs i arciàpa vigòur / ènca al patachèdi / e u m vén vòia d’andè ad cióta / a dói la mi. (I discorsi della gente. / A volte mi metto alla finestra / e sto ad ascoltare i discorsi della gente: / spesso sono così stanchi / che si potrebbe risparmiare / la fatica di aprire la bocca. / Ma se parla in dialetto / allora i discorsi riprendono vigore / anche le sciocchezze / e mi viene voglia di scendere in strada / a dire la mia).

Un dialetto, quello santarcangiolese di Annalisa, duro, pieno di dittonghi, profondamente legato a quello dei “padri poetici”, ma da Lei innovato e rinnovato nei contenuti. Le ultime poesie sono segnate, al contrario di quelle precedenti molto più pessimiste, da – dice Annalisa rispondendo alla Giannini – “un anelito di speranza, che abbiamo il dovere di nutrire anche in mezzo a sentimenti di afflizione e di rassegnazione, sia per noi sia per chi ci vive attorno, soprattutto per le nuove generazioni”.
“Stasòun. Al stasòun ta li è ti ócc / e da lè a li guérd passè. (Stagioni. / Hai le stagioni negli occhi / e da lì le guardo passare.)

Paolo Zaghini