6 luglio 1810 – Muore l’ultimo degli Almieri, salvatore dimenticato di Riccione
6 Luglio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Nel 1810 Rimini e dintorni sono colpiti da una serie di disgrazie, che Carlo Tonini elenca così: «L’intemperanza del bere in quella congiuntura aver cagionato poco meno di un colpo apoplettico al Podestà conte Ippolito Tonti, da cui a mala pena potè poi riaversi; in Saludecio, nel lavorarsi i fuochi artifìciali per quella stessa festa, essersi accesa la polvere di un razzone ed esserne stati feriti parecchi degli astanti, de’ quali alcuni morirono e alcuni rimasero storpi: e, peggio ancora, replicate gragnuole aver percosse le ubertose campagne e distrutte le speranze dei poveri agricoltori cosi in questo come in altri distretti del dipartimento».
Ma non è finita: «In Rimini poi segnatamente si deplora la soppressione delle comunità religiose rimaste dopo 1’ultima concentrazione, la riduzione ad uso totalmente profano dell’Oratorio della Gomma acquistato dai signori Garattoni, l’interdizione ai parrochi dell’uso della mezzetta e stola d’oro, il divieto ai religiosi di questuare».
Infine, il male che sta affliggendo da tempo la nobiltà riminese ha fatto un’altra vittima. Tonini deve registrare «La estinzione di altra nobile famiglia, ossia della famiglia Almieri, per la morte di Michelangelo, seguita a’ 6 di luglio nella sua villa di Riccione: il quale preclarissimo uomo contribuì principalmente con generose largizioni di denaro alla fabbrica e all’ufficiatura di quella nuova chiesa parrocchiale, e sopra tutto si segnalò quale straordinario soccorritore dell’indigenza, onde colle lagrime dei poverelli fu accompagnato alla tomba».
Gli Almieri avevano avuto, ancora nel 1764, un Francesco fra gli “Illustrissimi Signori Dodici“ della città di Rimini. Il loro palazzo gentilizio era nell’attuale via Bonsi, a pochi passi dalla chiesetta di Sant’Onofrio, dove oggi sorge Palazzo Luzi, sede della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Cristo.
Michelangelo Almieri, oltre a beneficiare Riccione come descritto, nel 1798 aveva letteralmente salvato l’esistenza del paese. Come ha ricordato Famija Arciunesa, in quell’anno transitarono per il Riminese tre battaglioni di fanteria francese, che facevano parte delle truppe mandate da Napoleone a conquistare il Regno di Napoli. A Rimini alloggiarono nell’ex cattedrale di Santa Colomba e negli ex conventi di San Domenico e San Marino (Santa Rita), tutti sconsacrati.
«Altre genti passarono poi ne’ giorni seguenti, e tutte dopo breve posa proseguivano il cammino alla volta di Pesaro. Gravissimi danni recarono queste genti nel nostro territorio: e fra i villaggi, che corsero maggiore pericolo, fu quello di Riccione, che per poco non fu messo a sacco, e fu salvato principalmente dal cittadino Almieri, a cui dovette tutta la sua riconoscenza».
Il “Giornale di Rimino” redatto da Michelangelo Zanotti riporta: «Sul mattino del I° corrente Dicembre marciarono alla volta di Riccione, piccolo e povero villaggio lungo la via Consolare, sette miglia circa distanti dalla Città, duecento francesi armati con cinquanta Dragoni a cavallo disposti a darvi il sacco per vendicare un loro militare colà ucciso da Persone del luogo. Vi si trovava nel suo Casino il nostro ex‑nobile Michel’Angelo Almieri soggetto a tutti noto per l’onestà del carattere e per la generosità dell’animo. Saputosi l’incidente da un Ufficiale Francese alloggiato nella sua Casa di Rimino, corse tosto al minacciato villaggio ad avvertirne il suo albergatore e a difenderlo. Ben a tempo vi giunse, giacché a momenti stavasi per dare il fatal segnale del saccheggio. Tanto si adoprò allora il Cittadino Almieri avvalorato dall’Ufficiale, che trattava di abbondante rinfresco la Truppa nella stessa di lui Casa, ed anche regalava di denaro, gli riuscì di calmare la furia francese, e di far retrocedere contenti i soldati alla Città. I miseri abitanti, che fughi si erano, e nascosti nelle vicine Selve cosiddette di Fagnano per lo spavento, fecero ritorno a loro focolari, riconoscendo la loro salvezza dalla magnanimità praticata in sì terribile emergenza dall’egregio Gentiluomo Riminese loro Benefattore».
E ne avevano ben donde, visto che da altre parti stava andando molto peggio: «Il giorno appresso arrivarono (a Rimini) duecento francesi di Cavalleria, che si alloggiarono ne’ quartieri. Costoro però nella notte commisero insolenze incredibili. Si sparsero per le Contrade della Città, e clamorosamente, ed a forza entrando ne’ Caffè, e in altre Botteghe le derubarono a loro piacimento, di più atterrando le porte di alcune piccole case situate in vie non frequentate vi costrinsero le Donne a cose turpi, spogliandole poscia degli órnamenti più cari. Inveirono ancora contro chi incontravano, maltrattandoli nella persona, e togliendole dal dosso quanto avevano di valsente. Le nostre Guardie civiche comandate dal Ex‑Conte Carlo Sotta timorose d’impegnarsi con simili armati a difesa degli oppressi cittadini si stettero chiuse nel loro quartiere. I Francesi partirono impunemente il giorno dopo verso Pesaro, lasciando di loro una trista rimembranza alla Città».
In quel 1798 la popolazione riccionese comprendeva: “Uomini nelle Casette 135, uomini fuori 169, donne nelle Casette 132, donne fuori 132, totale uomini 304, totale donne 282; totale abitanti 586″.
A Riccione non esiste nessun viale o piazza o monumento che ricordi il suo benefattore Michelangelo Almieri; il suo nome compare solo nella chiesa di S. Martino, che fu edificata grazie alle sue donazioni.
(nell’immagine di apertura, una delle acqueforti di Francisco Goya su “I disastri della guerra” – 1810-20)