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6 maggio 996 – Nel diploma dell’imperatore Ottone il ritratto di Rimini prima del Mille


6 Maggio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Il 6 maggio 996 l’imperatore Ottone III di Sassonia concede a Uberto, Vescovo di Rimini, un privilegium dove si confermano le sue giurisdizioni. Questo diploma – una copia si conserva ancora nell’Archivio capitolare della Diocesi di Rimini – è un documento di incalcolabile valore per gli storici, in quanto i nomi e i luoghi che vi si citano aprono squarci su di un periodo molto povero di fonti.

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Il diploma di Ottone III nella copia riminese del XII secolo

Fra l’altro, è da questo testo che si hanno le uniche notizie proprio su quell’Uberto presule riminese. Sappiamo inoltre che la città era allora governata non più da un duca, ma da un conte nominato dallo stesso imperatore. E che quello in carica si chiamava Rodolfo: se non che fu accecato per ordine di Ottone perché usurpava diritti e beni del Vescovo.

Proprio dall’elenco dei beni vescovili, spuntano informazioni sulla diocesi riminese prima del Mille: per esempio, sono citate per la prima volta, anche se dovevano esistere già da molto tempo, chiese cittadine come quella di S. Agnese e di S. Innocenza, e pievi come quella di S. Vito e di San Giorgio cum oratori Sancti Stefani castri Conce “, cioè entro lo scomparso castello di Conca (Monte Vici presso Cattolica, secondo Cristina Ravara Montebelli), che pure in tal modo trova conferma della sua esistenza prima del Mille.

E ancora sono citati: i monasteri di S. Martino (poi “ad carceres”perché vi saranno collocate accanto le carceri comunali, nella piazzetta che porta ancora quel nome dietro al cinema Fulgor); l’abbaziia di S. Gaudenzo (sulla via Flaminia, dove oggi c’è il Palaflaminio); la chiesa di  S. Pietro in Cotto a Gemmano; la pieve di S. Giovanni Battista a S. Giovanni in Galilea; la cappella di S. Maria in Leura a Monte Fiore;  la pieve di S. Innocenza a Monte Tauro di Coriano.

Si viene anche a sapere che apparteneva al Vescovo metà del districtus “de littore maris con porticius suo per quod itur ad mare”, in pratica mezzo porto di Rimini, nonché un mulino “iuxta mura civitatis”, presso le mura, probailmente non distante dalla cattedrale di Santa Colomba.

La chiesa parrocchiale di . Innocenza a Monte Tauro (Coriano), sorta sull'antica pieve

La chiesa parrocchiale di S. Innocenza a Monte Tauro (Coriano), sorta sull’antica pieve

In quei giorni l’imperatore, a Ravenna e nel vicino monastero di Palazzolo, sulla strada di S. Alberto, andava firmando atti anche più importanti. Per esempio, il 1 maggio Ottone aveva confermato alla nascente potenza di Venezia tutti i suoi possedimenti e privilegi di far mercato nel regno italico; mentre il Doge Pietro II Orseolo aveva addirittura nominato Ottone suo padrino e ne aveva assunto il nome. Se non che i Veneziani formalmente erano però ancora sudditi dell’altro imperatore (e ancora ben più autorevole e potente), quello di Costanotinpoli. Di lì a poco, nel 998, l’Orseolo si sentirà tanto forte da lanciarsi nella “crociera” che sottometterà tutta la costa dalmata dall’Istria a Curzola, ormai in vista di Ragusa. La sua investitura imperiale del 996 a Duca di Venezia e della Dalmazia (in veneziano Doge) è celebrata tutt’ora con la cerimonia dello Sposalizio del mare. Non a caso: è questo il vero inizio dell’impero marittimo della Serenissima.

Suringa di Traù (Trogir), fratello del re croato Murcimiro, si sottomette a Pietro Orseolo

Suringa di Traù (Trogir), fratello del re croato Murcimiro, si sottomette a Pietro Orseolo

Ma che giorni sono quelli, a cavallo del fatidico anno Mille? Come mai l’imperatore sottoscrive tutti questi atti? E chi era Ottone III, che molti considerano una delle figure più importanti e controverse del medioevo?

Nel 996 Ottone ha 16 anni, essendo nato nel 980 a Kessel, vicino a Goch, nell’attuale Renania Settentrionale-Vestfalia. Figlio di Ottone II, il padre muore quando lui ha tre anni. Viene eletto re di Germania a Verona e in seguito incoronato ad Aquisgrana, sotto la tutela della madre Teofano, figlia dellimperatore “bizantino” Romano I Lecapeno.

Ottone II e Tefofano incoronati da Cristo

Ottone II e Tefofano incoronati da Cristo

Il duca di Baviera Enrico il Litigioso, cugino e rivale del padre, però lo rapisce, tentando di appropriarsi della reggenza ai danni dell’imperatrice vedova e nel 984 si fa incoronare; non è però in grado di regnare, a causa principalmente dell’opposizione di Gerberto di Aurillac, abate di Bobbio, e dell’arcivescovo Adalberto di Reims. Teofane regna di fatto fino alla morte (991) poi la reggenza passa alla nonna, l’imperatrice Adelaide di Borgogna, fino al 995 quando Ottone raggiunge i 15 anni di età. L’educazione di Ottone è affidata a due tra i più importanti e colti uomini di chiesa del tempo, Bernardo di Hildesheim e lo stesso Gerberto d’Aurillac.

Enrico II di Baviera, "il Litigioso"

Enrico II di Baviera “il Litigioso”

È un’educazione basata sul culto dell’antica Roma e sull’idea di impero universale: molto più accurata di quella che solevano allora ricevere i principi occidentali. Ottone parla latino e greco e non si cura di nascondere il suo disprezzo per i rozzi ed incolti costumi sassoni, ai quali preferisce di gran lunga le raffinatezze della materna Costantinopoli, “seconda Roma” e unica vera metropoli cristiana di allora.

Gerberto d'Aurillac a scuola con i suoi allievi

Gerberto d’Aurillac a scuola con i suoi allievi

Giunto in Italia, nel 996 Ottone viene incoronato imperatore a Monza. Da qui passa a Ravenna, dove firma appunto i diplomi che sono arrivati fino a noi e vi insedia il suo precettore Gerberto come Arcivescovo.

Sono anni decisivi anche per Rimini e il suo territorio. Poco prima, nel 963, il nonno di Ottone III, Ottone I il Grande, aveva strappato San Leo e il regno d’Italia a Berengario d’Ivrea, che vi si era asserragliato, dopo un assedio durato due anni. Durante il suo regno erano giunte miracolosamente a Rimini le spoglie di San Giuliano, che altrettanto prodigiosamente vollero fermarsi all’abbazia di San Pietro nel borgo e non raggiungere la cattedrale dove erano destinate. Il Comune di Rimini eleverà poi San Giuliano a suo patrono, effigiandolo su monete e gonfaloni al posto  di San Gaudenzo Vescovo. Sul piano simbolico si intravede il conflitto politico: San Giuliano (anche per la confusa tradizione che lo riguarda) è raffigurato spesso come miles, dunque un cavaliere laico; come patrono va ad affiancarsi e poi a soppiantare un vescovo, dunque predecessore di coloro cui già il Conte Rodolfo stava erodendo beni e prerogative, come poi farà il potere municipale. Si pongono insomma le basi per il libero Comune.

Quatttrino riminese con San Giuliano

Quatttrino riminese con San Giuliano

Ottone si reca poi a Roma, un soggiorno contrassegnato da lotte furibonde fra le fazioni dell’Urbe. L’imperatore impone come Papa suo cugino Bruno di Carinzia col nome di Gregorio V. Ma appena riparte, la nobiltà romana, sotto la guida di Giovanni II dei Crescenzi, lo depone e insedia l’antipapa Giovanni XVI. Ottone è impegnato contro la minaccia degli Slavi; torna però nel 997, sconfigge i suoi avversari, condanna a morte Giovanni Crescenzi, fa torturare e orrendamente mutilare Giovanni XVI: accecato; mozzati naso, orecchie, lingua; spezzate le dita delle mani; poi la reclusione in monastero a vita. Ma un anno dopo muore anche Gregorio V, a  soli 27 anni.

Ottone III e Gregorio V

Ottone III e Gregorio V

L’imperatore va allora in pellegrinaggio al monastero di San Michele al Gargano poi mette sul soglio pontificio il fido Arcivescovo di Ravenna Gerberto con il nome di Silvestro II. Un nome scelto non a caso: secondo la tradizione Silvestro I era il papa che aveva battezzato Costantino, il quale, si credeva, aveva ricambiato con la famosa Donazione – rivelatasi un falso solo nel XV secolo – dove si fissava il primato del vescovo di Roma sulle chiese patriarcali orientali (Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Antiochia e Gerusalemme); la sovranità del pontefice su tutti i sacerdoti del mondo; la sovranità della Basilica del Laterano su tutte le chiese; la superiorità del potere papale su quello imperiale. Inoltre la Chiesa di Roma avrebbe ottenuto secondo il documento gli onori, le insegne e il diadema imperiale, la giurisdizione civile sulla città di Roma, sull’Italia e sull’Impero romano d’Occidente.

Ma il giovane imperatore ormai ha ben chiaro il compito che attende lui e il nuovo Silvestro: far rinascere l’Impero romano anche in Occidente. Pertanto nel 1001 contesta la validità della Donazione, accusando il diacono Giovanni di esserne l’artefice. Tutt’al più è disposto a concedere al Papato in affidamento – e non come donazione – otto contee della Pentapoli che restano comunque di sua proprietà. Sono: Pesaro, Fano Senigallia, Ancona, Fossombrone, Cagli, Iesi, Osimo. Non si fa cenno del Montefeltro, di Rimini e tanto meno di Ravenna e dell’Esarcato, che pure in precedenza Carlo Magno e ancora Ottone I aveva in qualche modo concesso al Pontefice. Secondo Ottone III quei territori sono suoi e così la penserà il suo successore Enrico II “il Santo”

Evangelario di Ottone III

Evangelario di Ottone III

Il greco e il latino vengono imposte come lingue ufficiali dell’Impero, mettendo così il tedesco in posizione subordinata nella stessa Germania. La capitale torna a tutti gli effetti Roma, dove Ottone si fa chiamare console, senatore e imperatore dei Romani. Ma Roma nel 1001 si ribella a lo scaccia insieme al papa Silvestro II. Non vi potranno più  tornare.

Ottone III muore nel 1002, all’età di ventidue anni, a Castel Paterno presso Faleria (Viterbo), mentre la principessa bizantina Zoe, figlia di Costantino VIII, è appena sbarcata in Italia per sposarlo. La morte di Ottone III è stata attribuita a varie cause: le fonti medievali parlano di malaria, che avrebbe contratto nelle malsane saline di Ravenna. I romani suggeriscono invece che Stefania, la vedova di Crescenzio, l’abbia fatto innamorare di sé e che poi l’abbia avvelenato.

In affresco nella Collegiata di San Giuliano a Faleria (XV sec.) si suppone di identificare Castel Paterno, dove morì Ottone III

Il corpo di Ottone viene riportato dal suo esercito in Germania per essere seppellito nella cattedrale di Aquisgrana, accanto a Carlo Magno, ma la sua tomba è andata perduta. Un’antica leggenda del centro Italia sostiene, senza solidi fondamenti storici, che invece sia stato sepolto nel castello di Salmaregia, una frazione del comune di Nocera Umbra, che trarrebbe quindi il suo nome proprio dal fatto di ospitare la sua salma del re.

Il castello di Salmaregia

Il castello di Salmaregia

Qualcuno si stupirà che in quegli anni ci fosse chi coltivasse sogni tanto ambiziosi, dal momento che i più sarebbero stati terrorizzati dalla fine del mondo annunciata proprio con l’anno Mille. Ma gli studiosi ci rammentano che le storie riguardo quell’ondata di panico non hanno alcun fondamento. Nessun documento dell’epoca conferma quel clima, né segnala particolari avvenimenti legati a tali paure. Se non altro, per un motivo molto semplice: allora quasi nessuno sapeva in che anno viveva, né gliene importava molto, se non era di condizione più che alta. Inoltre il computo degli anni era ancora molto difforme: in alcuni luoghi si basava ancora sulla data di incoronazione dell’imperatore, o del re e del vescovo; i più dotti, se classicheggianti, restavano fedeli addirittura all’ab Urbe condita, la fondazione di Roma; se misticheggianti, adottavano il calendario biblico che iniziava con la creazione del mondo, 3670 anni prima di Cristo, quello che Gesù stesso riconosceva.

Lungi dal temere la fine di tutto, il giovanissimo Ottone e suoi altrettanto giovanissimi fedeli sognarono invece il “ripristino del regno romano” (Renovatio Imperii). Fallirono a causa dell’opposizione interna della corte germanica, ma anche di Roma stessa. Ancora oggi si discute cosa esattamente progettassero Ottone e il suo colto entourage; di certo furono solo alcuni dei tantissimi ad avere la medesima aspirazione, per secoli e secoli.