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7 maggio 1517 – Il Duca d’Urbino assedia Rimini e devasta il contado


7 Maggio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Il 7 maggio 1517 Rimini è nel panico. Ormai da febbraio lo spodestato Duca d’Urbino Francesco Maria della Rovere, partito alla riconquista del suo stato, sta devastando il territorio. Ed ora minaccia addirittura di voler prendere la città.

Hieronymus Bosch. "Il giardino dei piaceri", dettaglio

Hieronymus Bosch: “Il giardino dei piaceri”, dettaglio

Francesco Maria della Rovere, dopo che il Papa Leone X gli ha tolto il ducato per darlo a suo nipote Lorenzo de’ Medici, si è dovuto rifugiare esule a Mantova. Qui recluta mercenari disoccupati, spagnoli e guasconi, più mille volontari condotti da Federico Gonzaga da Bozzolo. 

Federico Gonzaga da Bozzolo

Federico Gonzaga da Bozzolo

Rimini nel 1517 è del Papa. Quindi, oltre a doverci passare per rientrare nel suo ducato, per il Della Rovere rappresenta un territorio nemico. Ma al Duca deve anche essere apparsa una preda invitante, pingue e abbordabile. Dopo il crollo della potenza malatestiana, la tradizionale avversaria di Urbino è infatti in ginocchio. Non ha più un suo Signore a difenderla con le unghie e con i denti, ma solo un governatore pontificio che chissà quanto vorrà battersi per il suo dovere d’ufficio. La città si è anche spopolata e impoverita, le difese non sono più rincalzate puntualmente.

Raffaello, ritratto di Papa Leone X con i Cardinali Giulio de' Medici e Luigi Rossi

Raffaello: ritratto di Papa Leone X con i Cardinali Giulio de’ Medici e Luigi Rossi

Per la soldataglia raccogliticcia di Francesco Maria si tratta pur sempre di un fior di bottino. Senza contare che mai gli Urbinati hanno preso Rimini, mentre il contrario è accaduto, anche se tanto tempo prima. Di più: l’ultima volta che Rimini è stata espugnata da un nemico esterno dopo un assedio è stato niente meno che durante la guerra Gotica di quasi mille anni prima. Gli ultimi che ci hanno provato, i pontifici di Napoleone Orsini e gli Sforza di Pesaro nel 1469, le hanno prese di santa ragione. Che magnifica impresa sarebbe di fronte al mondo e in faccia a Papa Leone! Per non dire dell’effetto di propaganda presso le popolazioni del ducato, le quali già stanno peraltro manifestando il loro entusiasmo per il ritorno del “vero” duca.

Raffaello: ritratto di Lorenzo de' Medici, Duca di Urbino

Raffaello: ritratto di Lorenzo de’ Medici, Duca di Urbino

Il primo a fare le spese della reconquista di Francesco Maria è il castello di Mulazzano. Si dà subito il via alle efferatezze,  “senza perdonare a quella chiesa – scrive Carlo Toninie allo stesso tabernacolo del SS. Sacramento, da cui trassero tutti gli ornamenti più preziosi, usarono violenza alle donne e condussero prigioni gli uomini col barbaro piacere di far uscire e quelle e questi mezzo ignudi, tal che molti morirono di freddo: né quelli che sopravvissero poterono altrimenti campare che per mezzo di grosse taglie”.

Mulazzano

Mulazzano

Pare che il Duca non approvi simili eccessi, ma non può farci niente. Molti dei suoi soldati non ricevono paga e non lui può permettersi di negare il tradizionale diritto di bottino. E anche se la campagna sta andando secondo le migliori aspettative – in pochissimo tempo a Lorenzo restano solo le città di Pesaro e Urbino – le risorse non bastano mai di fronte a quelle senza limiti dei Medici.

E così, mentre Lorenzo si barrica in Pesaro e il Della Rovere si installa a Colbordolo per assediarlo, un suo distaccamento parte per Mondaino. Gli abitanti osano opporre resistenza al saccheggio e fanno la stessa fine di quelli di Mulazzano. Episodio cui si fa forse cenno in uno dei quadri conservati nella chiesa parrocchiale, dove però l’assedio pare sventato dall’intervento salvifico del patrono San Michele Arcangelo.

Mondaino

Mondaino

A questo punto il Papa decide di intervenire e assolda 6 mila Svizzeri. Il Della Rovere tenta un attacco diversivo verso Perugia, ma deve invertite di corsa la marcia perché il Cardinal Legato Bernardo Dovizi di Bibbiena gli ha attaccato Cagli.

Raffaello: ritratto di Bernardo Dovizi di Bibbiena

E a Rimini cosa succede? Non ci si fanno illusioni: saranno guai. E bisognerà arrangiarsi da soli. Scrutando dalle mura, i fumi degli incendi ai castelli e alle cascine si vedono fin troppo bene, mentre dei promessi Svizzeri pontifici in soccorso, nemmeno l’ombra.

Intanto per adesso tocca a due “tombe”, cioè fattorie fortificate: Besanigo e S. Andrea in Paterniano sono devastate e date alle fiamme.

Resti della Tomba di . Andrea in Besanigo

Resti della Tomba di S. Andrea in Besanigo

Quel 7 maggio, visto che dal Commissario apostolico, il fiorentino Simone Tornabuoni, non pare arrivare più di qualche pacca sulla spalla, i cittadini si radunano per decidere il da farsi.  Poche parole e il piano è pronto. È quello di tutte le situazioni di ultima emergenza.

Il giorno dopo, il Commissario loda lo zelo, il Consiglio ecclesiastico prende atto e decreta quanto segue: quattro cittadini vengono eletti a capi di altrettanti settori della città,  “e facessero la divisione ossia lo scompartimento delle contrade”. Ovvero: strada per strada vanno a censire e arruolare tutti gli uomini validi dai 16 ai 60 anni e in ogni contrada nominano un capitano che ne risponda. Si ammassano le armi “e molte carra di calce viva, e legnami e olio e simili cose”Si tagliano gli stipendi dei Consoli e degli alti ufficiali del Comune, l’appalto del dazio viene sospeso e l’introito direttamente incamerato. Il Commissario apostolico, mentre continua a lodare, viene praticamente esautorato, affiancato com’è da undici cittadini con poteri pari a suoi.

Addestramento alla picca e alla scherma (incisione di Virgil Solis (Norimberga, 1514 – 1º agosto 1562)

Intanto però il Duca continua a battere la campagna, predando, distruggendo e sequestrando cittadini facoltosi per estorcere esosi riscatti; ultimo della serie, il nobile Annibale Terenzi sorpreso sulle sue terre.

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Hieronymus Bosch: “Le tentazioni di S.Antonio”, dettaglio

Ma finalmente arriva il Bibbiena con tremila Svizzeri, che si piazzano nel Borgo San Giuliano. È la salvezza?

Alabardieri svizzeri

Alabardieri svizzeri

Nemmeno per sogno. Anzi, di fronte a Rimini compare Francesco Maria della Rovere in persona.

Qualcuno cerca forse ancora di convincersi che ai “rovereschi” piace solo vincere facile contro paeselli isolati. Che non oseranno attaccare una città munita e presidiata dai migliori militari di professione del tempo.

E invece no, è proprio la città che vogliono.  Ecco che il Duca guada il Marecchia, tenta l’assalto delle mura e attacca gli Svizzeri da due parti. La battaglia è cruenta; gli Svizzeri resistono alla brava, ma alla fine devono evacuare il Borgo.

Anche Francesco però ha avuto la sua parte: i capitani spagnoli Balastichino e Vinèa uccisi, ferito gravemente il Gonzaga e lo stesso Duca toccato, anche se in modo lieve. Mentre le porte di Rimini sono ancora saldamente sbarrate e i suoi difensori non hanno subito alcuna perdita. Niente da fare, l’osso è troppo duro.

Gli viene un’altra idea. Porterà la guerra direttamente nel territorio di Firenze. Ma per farlo deve agire di sorpresa, senza far indovinare al nemico dove si sta dirigendo. E allora, “fatta fare una gran catasta di paglia umida e di legname verde, ordinò le fosse appiccato il fuoco, e mentre i densi e nubilosi globi di fumo da quella sollevatisi oscuravano per ogni parte l’aria, levò frettolosamente il campo e frettolosamente e non veduto di qua si tolse”. 

Mors tua, vita mea: tanto peggio per i medicei o chi per loro, purché quella calamità vada a scaricarsi altrove. Svanita la cortina fumogena, i Riminesi tirano un sospiro di sollievo e si precipitano nelle chiese per sciogliersi in orazioni. Senza nemmeno immaginare quanto sia duratura la grazia ricevuta. Da quei giorni, per quattro lunghi secoli, una battaglia per la conquista di Rimini non si combatterà più: fino a quella del 1944, la più tragica di tutta la sua storia.

(Nell’immagine d’apertura: Tiziano, ritratto di Francesco Maria Della Rovere)