9 dicembre 1901 – Debutta la Francesca da Rimini di D’Annunzio con Eleonora Duse
9 Dicembre 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Lei: «Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato».
Lui (alla notizia che lei è defunta): «E’ morta quella che non meritai».
Così Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio tirarono le somme del loro amore. Leggendario: in ogni senso. Non solo per la notorietà dei personaggi, ma per l’alone di mito di cui loro per primi si nutrivano. Alone ancora oggi non districato, anche per la carenza delle fonti: la Divina distrusse tutte le lettere del Vate, di cui resta l’unica versione dei fatti. Fra i due ego straripanti, chi dei due fu più tiranno? Ma che a pagare il prezzo più alto sia stata lei risulta fin troppo evidente.
Proprio nelle lettere della Duse, che lui invece conservò, nel diluvio di iperboli e punti esclamativi consono alla prosa di allora, si scopre quanto Rimini sia stata decisiva per la coppia.
Il primo incontro era avvenuto a Roma nel 1882. Lui, 19 anni, è il giovane autore del momento, con tre opere pubblicate e un’eleganza pari solo alla sfacciataggine: al netto delle frasi fiorite che scrive, a voce le propone immediatamente l’amplesso.
«Eleonora lo congeda con sdegno – scrive Denis Mack Smith in “L’Italia del XX secolo” – ma forse anche con un segreto compiacimento; in quel giorno lo descrive: “Già famoso e molto attraente, con i capelli biondi e qualcosa di ardente nella sua persona”». Intanto, però, infelice del matrimonio con Tebaldo Checchi (Marchetti), dal 1884 si lega ad Arrigo Boito.
Nel 1888 al teatro Valle di Roma, D’Annunzio tende una specie d’agguato all’attrice che si sta dirigendo al camerino al termine della “Signora delle camelie”: sbuca dal buio di un corridoio per gridarle: «O grande amatrice!». Non si va oltre uno scambio di sguardi, a parte lo spavento di Eleonora.
Nel giugno 1892 D’Annunzio verga la dedica “Alla divina Eleonora Duse” sull’esemplare delle sue Elegie romane che le invia. «Dal libro nasce in Eleonora il desiderio di un incontro con l’autore. E nell’incontro si abbandona alla presa di quegli occhi chiari, si sorprende a dimenticare tutta la sua amara sapienza della vita e a godere della lusinga che essi esprimono»: sempre Mack Smith.
Da allora e per circa dieci anni anni si andrà avanti fra fiammate d’amore, gelosie, tradimenti, lunghe separazioni, incontri il più delle volte fugaci, anche per l’intesa vita artistica condotta dai due. Lei, di cinque anni più grande, già famosa e acclamata anche fuori dall’Italia, è decisiva per l’affermazione definitiva del giovane scrittore, portando in scena i suoi drammi, spesso finanziandoli e non di rado rimettendoci un sacco di soldi. Lui la accusa dei mancati successi e la tradisce anche artisticamente, come quando nel 1896 le preferisce Sarah Bernhardt – tentando ovviamente di sedurla, invano – per la prima rappresentazione francese de La ville morte.
Ma a quanto pare, il punto esclamativo di questa storia, quello supremo, viene scritto proprio a Rimini.
Il 19 luglio 1897 Eleonora Duse scende all’hotel Villa Adriatica. Vuole trascorrere un periodo di assoluto riposo. In giugno ha portato in scena “Sogno di un mattino di primavera” e non è andata bene. O meglio, applausi per lei dal pubblico, fredda accoglienza della critica per il testo dannunziano. Fa sapere, con cortesia, che vuole solo starsene sulla spiaggia senza vedere nessuno, scusandosi di non poter accettare nessun invito.
La giunta comunale le invia comunque i saluti della città «orgogliosa di ospitarla» e si dichiara disponibile ad esaudire qualsiasi sua richiesta. Per chi non l’avesse capito, Il Marecchia del 24 luglio 1897 rammenta agli ammiratori riminesi che «l’esimia artista» necessita di «un riposo ed una solitudine completa».
Tuttavia, la solitudine della Divina era stata infranta la sera stessa del suo arrivo. Manco a dirlo, con un colpo di teatro: Gabriele D’Annunzio si materializza al Villa Adriatica, del tutto inaspettato. La notte che segnerà il destino della coppia si dipana in una suite con ampia vista sulla spiaggia e sull’Amarissimo.
Al mattino il Vate è già sul treno: deve raggiungere Francavilla per un comizio, essendo candidato alle elezioni politiche per la Destra nel collegio di Ortona a mare. Sarà poi eletto, per passare quasi subito nelle file della Sinistra, giustificandosi con la celebre affermazione «vado verso la vita». Del resto sarà fra quelli che protesteranno più vivacemente per la sanguinosa repressione dei moti di Milano compiuta dal generale Fiorenzo Bava Beccaris, mentre dal 1900 al 1906 sarà molto vicino al Partito Socialista Italiano.
Ma torniamo a Rimini in quel luglio del 1897. Scrive Manlio Masini (“Ariminum”, maggio-giugno 2014), «La “toccata e fuga” di Gabriele ha effetto immediato. “Ieri non potei resistere all’angoscia di vederti partire… “, si precipita a scrivere Eleonora al suo “amante”. Dalla pubblicazione del carteggio tra la Duse e D’Annunzio scopriamo che in quella lettera, spedita proprio da Rimini, dal “voi” delle precedenti missive si è passati al “tu”. Quella prima notte d’amore segna per i due una svolta cruciale: l’avvio della sublime intesa di lavoro e di passione che ispirerà i più bei successi artistici e letterari di quell’inquieto periodo a cavallo dei due secoli».
Nel 1900 D’Annunzio pubblica Il fuoco, ispirato alla sua relazione con Eleonora. Il ritratto della Duse è impietoso e fa infuriare gli ammiratori dell’attrice. Ma ancora fra i due non è finita, né sentimentalmente, né sul piano lavorativo. E così l’anno dopo il poeta scrive un’altra tragedia appositamente per lei (e che lei produrrà mettendoci ben 400 mila lire). E’ Francesca da Rimini.
La prima rappresentazione avviene al teatro Costanzi di Roma il 9 dicembre 1901, con Eleonora Duse nella parte di Francesca e Gustavo Salvini nel ruolo di Paolo.
Non va un gran che. Viene sì apprezzata la sontuosa messa in scena e, questa volta, la vivacità del testo, ma complessivamente non si tratta di un trionfo. Andrà meglio per l’opera lirica: il testo dannunziano, su libretto di Tito Ricordi, sarà musicato nel 1914 da Riccardo Zandonai e l’accoglienza sarà subito ottima. Sarà il libretto di questa opera a fornire lo spunto alla neonata arte cinematografica. Francesca da Rimini sarà trasposta in ben 6 film muti realizzati in Italia, mentre altri 5 se ne girarono a Hollywood, anche se qui la fonte principale fu la tragedia di George Henry Boker scritta nel 1853.
A quell’epoca la storia d’amore fra Eleonora e Gabriele è tramontata definitivamente. Ma ambedue non sapranno mai dimenticarla.