Festa della mamma, seconda puntata. L’argomento non poteva essere esaurito in una sola rubrica, non solo perché la vera festa è oggi (e spero davvero che le malcelate aspettative di tutte le mamme, che anche se fanno le indifferenti in realtà ci tengono eccome, non siano andate deluse: figli smemorati, siete ancora in tempo per rimediare), ma anche perché la settimana passata è stata ricca di fatti, fattacci e fatterelli legati alla maternità. Frammenti che restituiscono un puzzle pieno di chiaroscuri, di contrasti, proprio come l’essere madre nel 2023 nel nostro stranissimo paese.
C’è la madre di famiglia salvata dall’estremo sacrificio della figlia adolescente, che l’ha riparata col suo corpo dalle coltellate di un padre carnefice: una donna rimasta sola con il figlio più piccolo, che avrà bisogno di tutto il sostegno e la solidarietà possibile per ricominciare a vivere. Ci sono gli Stati Generali della Natalità, organizzati da un gruppo di maschi che hanno tutta l’aria di non aver mai cambiato un pannolino o preparato un biberon in vita loro, e che sono convinti in buona fede che non rendere gratuita la pillola anticoncezionale contribuirà a riempire le sale-parto. C’è la ricerca Eumetra che rivela come nove mamme su dieci siano in ansia per il futuro e sette su dieci lottino quotidianamente contro l’aumento dei prezzi: difficile riempire le culle quando il problema è riempire il frigorifero. E ci sono le pubblicità che tentano di alleggerire il clima non esattamente ottimistico di questa Festa della Mamma suggerendo regali «spiritosi».
Due iniziative in particolare hanno fatto scalpore. Una è quella, censurata, di Control, che proponeva come cadeaux profilattici, lubrificanti e sextoys, con il malizioso slogan “La mamma non si tocca. O no?”, accompagnato da un volto femminile sensualmente estatico. La campagna era così scandalosa che non ha potuto diventare un’affissione ed è stata pubblicata dall’azienda solo sul suo profilo Instagram: in Italia le mamme sono angeli, quindi senza sesso, guai a insinuare che possano aspirare a piaceri che non siano la soddisfazione di avere un bucato candido o un lavello senza aloni.
Qualcuno ha eccepito che un figlio maschio che regala alla madre certi gadget forse dovrebbe andare a fare due chiacchiere con uno bravo. Ma una figlia evoluta e moderna, cresciuta con Una mamma per amica e Sex Education perché non dovrebbe? (Magari con la possibilità di cambiare l’oggetto, ogni generazione ha i suoi gusti in fatto di dildo.)
No, il vero problema è che bisogna rimuovere ogni possibile associazione di idee tra la figura materna e il sesso, soprattutto se non è strettamente riproduttivo. Il regalo più sexy e birichino per la Festa della Mamma, autorizzato dagli Stati Generali della Natalità, sarebbe un camicione da notte con ricamata la frase «non lo fo per piacer mio ma per dare un figlio a Dio», come quello che indossava nell’intimità del talamo la moglie del principe di Salina nel Gattopardo.
L’altro gadget contestato è la tazza realizzata da Piattini Davanguardia, con la scritta «Io un po’ la Franzoni la capisco», che porta in ogni casa la rilassata atmosfera della villetta di Cogne. È un po’ come regalare per la Festa del Papà la maglietta di Shining con Jack Nicholson armato di accetta, ma, chissà perché, a nessuno viene in mente di fare questo genere di humour nero in occasione del 19 marzo. Né, peraltro, di azzardare pubblicità sbarazzine sui babbi che si toccano o fanno sesso o usano sextoys, anche se… Forse perché i padri vengono rispettati più delle mamme? Perché i pubblicitari sono soprattutto uomini? Bah.
Nel dubbio, propongo una moratoria sulla mercificazione delle Feste della mamma e del papà. Ammessi come regalo solo lavoretti realizzati a mano dai figli, che abbiano cinque anni o cinquanta e più. Beato chi ha un figlio o una figlia che fa l’orefice.
Lia Celi