Benito Colonna: “La mia Rivabella”- Il Ponte.
Il titolo è lo stesso, ma questa terza edizione del volume “La mia Rivabella” di Benito Colonna (classe 1936) ben poco ha del libro del 2000 edito dal vecchio “Chiamami Città”: il doppio delle pagine, tantissime foto d’epoca non presenti nella prima edizione, titoli diversi, tantissimi nuovi capitoli, scomparse le poesie. Insomma quello che i lettori si ritrovano fra le mani, edito da Il Ponte, è un nuovo libro, che si aggiunge agli altri editi da Colonna nel corso degli anni: oltre alla prima edizione de “La mia Rivabella” del 2000, la raccolta di poesie “Il cuore con le ali” del 2002, “Storia di mare” del 2004, “C’era una volta il treno. Racconti di viaggio di un macchinista” del 2007, ed oggi, superati gli ottanta anni, la nuova edizione de “La mia Rivabella” del 2017.
Ferroviere dal 1955, Colonna, una volta andato in pensione negli anni Novanta, si mette a scrivere e nei suoi libri racconta i suoi grandi amori: il borgo natale di Rivabella, la passione per il mare, le esperienze di una vita lavorativa passata alla guida dei treni.
“Per non dimenticare”, così apre il suo libro su Rivabella: “Pescando nel disco della memoria estraggo ricordi miei o di episodi che mi hanno raccontato altri; fatti e personaggi che hanno accompagnato la mia infanzia e la mia adolescenza”. Ci sono personaggi ed episodi legati alle vicende della Prima Guerra Mondiale e degli anni Venti e Trenta, ma sono soprattutto gli avvenimenti del dopoguerra (sino agli anni Sessanta) che occupano gran parte delle pagine del libro.
Rivabella sino ai primi anni ’20 è quasi solo un casello ferroviario (il n. 120): dai primi anni del Novecento la nonna di Colonna, Emma Turci, è la casellante mentre il padre Luigi era il Caposquadra Cantonieri della strada ferrata da Rimini a Bellaria. “Il piccolo paese non contava più di 100 anime, più qualche mucca, due asinelli e bestiole da cortile”. Dal 1920 al 1948 Rivabella è “qualche abitazione sparsa e alcune case coloniche” nate fuori dai terreni di proprietà della Curia. Lo sviluppo avverrà solo dopo, quando da una vasta area di campagna di proprietà della Curia, nascerà una lottizzazione da cui sorgerà “il paese come è attualmente strutturato”. Da allora nasceranno i numerosi alberghi, i palazzi, i negozi, la Chiesa e la piazza.
E’ la storia di tante realtà costiere della Romagna: il passaggio dalla vita contadina all’impegno, a partire dai primi anni ’50, nelle attività del nascente turismo di massa. Ma a Rivabella era presente anche un’attività marinara: “Per noi la pesca è stata fondamentale”. “Il pescato, nonostante le attrezzature fossero scarsamente redditizie, era sempre abbondante. Il frutto del mare specialmente durante la carestia del dopoguerra, ha sfamato tante famiglie”. E poi “ricordo ancora quando nelle giornate di bassa marea, specialmente d’inverno, in tanti ci si trovava al mare, e sulle secche di sabbia che si erano formate dal ritiro dell’acqua, si raccoglievano saporite vongole (purazi) e cannolicchi (canel)”. A cena “poche vongole, un pezzo di pane ed un bicchiere di vino erano un bocconcino da Re”.
Tutto il libro è pieno di cammei dedicati ad episodi entrati a far parte della storia della nostra Città: l’avvio dei lavori nel 1920, sul Porto Canale, de “la Palèda”; la costruzione nel 1931 del deviatore del Marecchia; lo spiaggiamento il 4 aprile 1943 di un capodoglio a San Giuliano; il primo bombardamento su Rimini il primo novembre 1943; l’11 marzo 1946 l’affondamento di due barche da pesca per colpa di una mina tedesca con la morte di 4 marinai davanti a Viserba; l’uccisione il 10 novembre 1946 del comunista Caio Fabbri, “Cai”, all’osteria “La Paolina” di Rivabella ed il suo funerale a cui partecipò tutto il paese in mezzo alle bandiere rosse; la minaccia costante per i bambini delle numerose mine sparse su tutto il territorio dai tedeschi in fuga; la tragedia al confine fra Rivabella e San Giuliano a mare la sera del 24 ottobre 1953 quando una autocisterna con rimorchio che trasportava gas liquido esplose provocando il ferimento di 150 persone.
Tutte storie raccontate sulla base di ricordi personali o di testimonianze dirette a Lui rilasciate, che rendono questi racconti vivi e pieni di pathos.
Ed infine “l’evoluzione”: “quando i terreni agricoli cominciarono a sbloccarsi (dal 1948 in poi) la gente della vicina campagna e collina, vista la prospettiva di un guadagno sostanziale con un probabile sviluppo turistico sulla zona di costa, vendute le terre ai paesi d’origine, ‘calò’ al mare, e col ricavato delle vendite, più l’aggiunta di tante cambiali, tentò la sorte. All’inizio sorsero in prevalenza piccole pensioncine a conduzione familiare”, poi … Ma qui inizia un’altra storia, e il racconto di Colonna si ferma.
Paolo Zaghini