Linea Gotica: battaglia secondaria ma lunghissima e ancora da studiare
28 Gennaio 2019 / Paolo Zaghini
“Comunità in guerra sull’Appennino. La Linea Gotica tra storia e politiche della memoria”. A cura di Mirco Carrattieri e Alberto Preti – Viella.
Se non fosse che la battaglia per lo sfondamento della Linea Gotica tedesca si è combattuta davanti alle porte di casa nostra con il pagamento di un pesantissimo tributo di vite e materiale, con la riduzione del riminese ad un enorme cumulo di macerie, e che Amedeo Montemaggi per anni e con una decina di libri ci ha raccontato ed instillato il fatto che questa è stata la più grande battaglia, di uomini e di mezzi, combattuta sul territorio italiano, dovremmo invece prendere atto che negli scenari mondiali della Seconda Guerra Mondiale questa è stata una piccola cosa e su un fronte secondario, come era quello italiano dopo lo sbarco degli Alleati in Francia.
Annotano i curatori del volume, Mirco Carrattieri e Alberto Preti, commentando il valore dei saggi presentati al Convegno di Rimini, tenutosi dal 20 al 22 novembre 2014, organizzato dalla rete degli Istituti Storici della Resistenza, che “interrogano la ricerca e l’interpretazione storiografica: la relativa marginalità della Linea Gotica nel contesto bellico generale (e il suo carattere di fronte secondario nel quadro della stessa guerra in Europa) e la sua ‘unicità’ in termini di durata, capace di produrre, fra le molte altre cose, una lacerazione profonda nel ‘tessuto’ materiale e mentale dell’ancor giovane identità nazionale”.
E poi il limite degli studi con “il moltiplicarsi di opere di ricerca e di memorie strettamente ancorate ai singoli luoghi, più attente alla narrazione degli eventi che alla riflessione complessiva sulla fisionomia generale e sull’impatto di quelle esperienze, e alla comparazione con le altre ‘Gotiche’ con le altre esperienze di arresto di fronti di battaglia nell’Europa occidentale e orientale nel corso della guerra”.
Il volume, che pubblica le relazioni presentate a Rimini nel 2014, aiuta “a dare risposta alle domande che quella esperienza complessa pone ancora oggi a chi maneggia gli strumenti non solo della storia militare e della lotta di Liberazione, ma della storia politica, sociale, delle mentalità”.
La prima sezione è dedicata al tema della guerra e di alcune esperienze di guerra in particolare. La seconda sezione del volume mette a fuoco invece le politiche di gestione dei territori della Gotica, con particolare attenzione alle forme adottate dagli organi militari di occupazione. L’ultima sezione affronta alcune tematiche cruciali di storia della società civile nella stagione e nei territori della Linea Gotica: la condizione delle donne, la scuola, lo sfollamento, i bombardamenti.
Chiudono il volume alcuni saggi che danno conto della grande varietà di iniziative poste in essere da parte di amministrazioni, istituzioni culturali, associazioni private per costruire una memoria di ciò che avvenne nei territori marchigiani, emiliano-romagnoli, toscani in quei terribili mesi tra il settembre 1944 e la primavera 1945.
Il convegno di Rimini, così come fecero quello di Pesaro del 1984 (“Linea gotica 1944: eserciti, popolazioni, partigiani” a cura di Giorgio Rochat, Enzo Santarelli, Paolo Sorcinelli edito da Angeli nel 1986) e quello di Bologna del 1990 (“Al di qua e al di là della Linea Gotica : 1944-1945: aspetti sociali, politici e militari in Toscana e in Emilia-Romagna” a cura di Luigi Arbizzani edito dalle Regioni Emilia-Romagna e Toscana nel 1993), è stato importante per comprendere l’evoluzione della storiografia su questo tema.
Tanti i saggi che meriterebbero di essere segnalati di questo libro (sono una ventina nel volume). Ma vorrei soffermarmi su quello che, secondo me, dà i punti di riferimento per comprendere l’insieme dei temi trattati nel convegno: il saggio di Nicola Labanca, docente di Storia contemporanea all’Università di Siena, “Gli studi sulla Linea Gotica nel quadro della storiografia recente”. “La storia della Linea Gotica non può essere ridotta a sola storia militare, come anche troppo si è fatto, di nuovo, soprattutto negli ultimi anni, nonostante che già almeno tre decenni fa si era iniziato a delineare il senso più generale, di storia politica, sociale e anche delle mentalità”.
“La prima vera specificità della Linea Gotica: il fatto che essa durò, cioè funzionò e contenne l’avversario, per ben otto mesi. Questa durata appare, nel quadro della guerra mondiale, una vera eccezione”. Altro punto: “la cesura della Linea Gotica rappresentò – sino ad oggi – la ferita più ampia e più lunga inferta all’unità nazionale”.
E ancora: “In effetti, nonostante il suo valore, la Resistenza partigiana non liberò certo da sola l’Italia, come pure alcuni protagonisti e non poca pubblicistica, più che storiografia, ripeté nel dopoguerra”.
Ma va anche detto che, nonostante il proclama del generale Alexander il 13 novembre 1944 in cui chiedeva ai partigiani di cessare ogni operazione, “la Resistenza rimase in piedi, l’organizzazione tenne e furono anzi messe le basi politiche e militari per la ripresa primaverile e per la Liberazione finale (…) La Resistenza andò avanti nonostante il proclama Alexander. Una Resistenza plurale, che andò dal Regno del Sud al Comitato di Liberazione Alta Italia, dai monarchici agli anarchici, passando per le grandi culture nazionali (liberali, cattolici, socialisti e comunisti). Fu anche per questo che l’Italia potè presentarsi, nel dopoguerra, non come una potenza debellata”.
Per quanto riguarda gli studi sul tema: “con qualche schematizzazione si potrebbe osservare che dopo un primo lustro in cui a parlare furono soprattutto i protagonisti, nel primo paio di decenni la parola rimase agli storici diplomatici e militari-ufficiali, nelle loro ricostruzioni generali. E’ solo in un terzo decennio (diciamo fra il 1965 e il 1975) che si affacciarono altre ricostruzioni, e qualche volta revisioni. Il quarto decennio (grossomodo, fra 1975 e 1985) vide all’opera soprattutto storici internazionali, mentre maturava l’esigenza di una nuova prospettiva, messa poi a punto nell’incontro di studi di Pesaro del 1985. Seguì un decennio più incerto, segnato dall’altro incontro del 1990 ma anche da una certa trascuratezza del tema, e talora da aperte revisioni. Gli ultimi due decenni, infine, hanno visto un certo rallentamento delle letture più generali e un prevalere delle ricostruzioni minute e localistiche, insieme ad un recupero della memoria dei sopravvissuti e dal tentativo di valorizzazione economica e turistica locale dell’area”.
“In conclusione, e a parte la sua inevitabile presenza negli studi generali, la realtà storica della Linea Gotica ha ormai prodotto molte ricostruzioni specifiche degli eventi occorsi attorno a essa e per sua causa. Tali ricostruzioni hanno conosciuto diverse stagioni, ognuna con i propri meriti, o caratteri, e ognuna apportando un proprio contributo di conoscenza da una determinata prospettiva”.
Il saggio di Labanca termina con un capitolo intitolato: “Esigenze per una futura stagione di studi”. Labanca indica sei “cantieri aperti di ricerca”, a cui invita gli storici, nazionali e locali, a prestare grande attenzione nei loro studi futuri.
Paolo Zaghini