HomeCulturaUn omicida seriale a Santarcangelo per l’esordio nel giallo di Andrea Bocconi


Un omicida seriale a Santarcangelo per l’esordio nel giallo di Andrea Bocconi


4 Novembre 2019 / Paolo Zaghini

Andrea Bocconi: “Il silenzio della pioggia. Omicidi a Santarcangelo di Romagna” –  Rusconi.

Non avevo la più pallida idea di chi fosse Andrea Bocconi quando ho visto sui banchi della libreria, a fianco di alcuni altri libri gialli imperniati su Rimini (per tutti Enrico Franceschini “Bassa marea” edito da Rizzoli che ho recensito alcune settimane fa), questo suo libro che recita nel sottotitolo “Omicidi a Santarcangelo di Romagna”. Incuriosito l’ho preso e l’ho letto.

Devo confessare che solo dopo averlo letto, ed essere rimasto non poco perplesso, ho fatto un po’ di ricerche in rete. Così ho scoperto che Andrea Bocconi, classe 1948, nato a Firenze e residente da molti anni a Santarcangelo di Romagna, è stato pilota di caccia da guerra. Ha partecipato alla prima guerra del Golfo (fra l’agosto 1990 e il febbraio 1991) e a fine 1991, per questo, è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica.

Dopo 30 anni di volo lascia l’Aeronautica e si dedica all’editoria per ragazzi realizzando libri didattici e di svago. Contemporaneamente presta opera di volontariato presso l’Istituto Oncologico Romagnolo in qualità di accompagnatore e assistente dei malati terminali (sino al 2008).

Alle elezioni del 6 giugno 2009 viene eletto in Consiglio Comunale con la lista Italia dei Valori di Di Pietro. L’allora Sindaco di Santarcangelo, Mauro Morri, lo nomina in Giunta Vicesindaco e assessore al bilancio, al controllo sui servizi comunali e alle politiche per la sicurezza. Ma dura poco: il 9 agosto 2011 si dimette. Oggi si adopera come guida volontaria presso la Pro Loco, di cui è vice-presidente.

Questo in sintesi è l’Autore di “Il silenzio della pioggia”, il suo primo romanzo, protagonista il commissario Andrea Pratesi, toscano, anzi, fiorentino e alla sua terra fortemente legato, anche se per motivi di servizio ha dovuto abbandonarla ormai da tempo. In coincidenza con l’avvio del romanzo assume il suo primo incarico di commissario in quel di Santarcangelo, un distretto che gli viene descritto come tranquillo, in cui gli eventi criminali sono rari e di piccola entità.

Si tratta del suo primo incarico come commissario capo, ma è già un esperto e intuitivo investigatore che ha trascorso un lungo periodo come vice presso il commissariato di Rimini. Ma non farà in tempo ad accomodarsi nella poltrona del suo ufficio che dovrà affrontare un omicida seriale e allontanare da Santarcangelo l’incubo in cui era precipitata.

Andrea Pratesi si trova a dover risolvere alcuni efferati delitti di cui sono vittime giovani donne dedite alla famiglia e oggetto d’amore dei rispettivi mariti, le cui vite vengono recise all’improvviso, apparentemente senza motivo.

Il commissario Pratesi ha due grandi passioni: una, il disegno, che lo aiuta a rasserenare la mente nei momenti di maggior tensione e a concentrarsi sugli elementi delle indagini; l’altra, le donne, a cui non sa resistere e, visto che è un uomo interessante e attraente, le avventure non gli mancano lungo tutto il corso del libro.

A tutto ciò si aggiunge anche il trasporto per i motori: lo attraggono le macchine sportive e le motociclette, in particolare la Harley Davidson d’epoca che possiede e ha l’abitudine di trattare come una vecchia confidente.

Il giornalista Alfredo Spanò, a proposito del libro, aggiunge poi un’altra annotazione: “Ora un cenno a quell’escamotage che caratterizza la figura del commissario Andrea Pratesi distinguendolo da tanti altri suoi colleghi ed è particolarmente accattivante nei confronti del lettore. Andrea è l’unico sopravvissuto di un parto trigemino. I suoi due fratelli però non lo hanno abbandonato e compaiono spesso nel corso del racconto per consigliarlo e spronarlo a muoversi in una direzione o nell’altra: concreto, spregiudicato e molto sensibile alle grazie femminili Matteo, romantica, ottimista, molto più cauta Giovanna, sempre in contraddittorio fra loro. Ambedue si esprimono in toscano stretto e danno vita a simpatici siparietti che interrompono piacevolmente il ritmo del racconto, senza per questo renderlo meno incalzante e appassionante. Una piacevole invenzione sicuramente, che aiuta a superare la scabrosità e la crudezza di alcuni passaggi della storia”.

La vicenda è ambientata nell’odierna Santarcangelo, che viene riproposta dall’Autore con efficacia e realismo e si sviluppa tra scene di vita quotidiana, amore, sesso e colpi di scena, fino al suo epilogo, che non mancherà di stupirvi.

Bel libro dunque verrebbe da dire. Ma non me la sento di dirlo. Le mie perplessità riguardano la scrittura che mi sembra un po’ grezza, alcuni passaggi descrittivi della figura del commissario Pratesi poco efficaci, alcune soluzioni narrative (tipo quella dei fratelli non nati) un tantino kitsch.

In rete si trovano commenti non benevoli sul libro, qualcuno forse anche eccessivo. Tipo questo: “Un ecosistema fatto di vicecommissario BONA, medico legale BONA, sostituto procuratore BONA, ex prostituta-salvata-dal-racket-cui-il-commissario-ha-offerto-un-tetto-e-procurato-un-lavoro BONA. Tutte ovviamente portate a letto (tranne la sostituto procuratore) con dovizia di particolari per soli uomini. In più il nostro buon commissario ha pure un’amica escort a Rimini, anche lei BONA, anche lei concessasi gioiosamente. Eppure il personaggio ha il cuore straziato dall’abbandono della fidanzata (anche lei BONA e “maestra” dell’ars amandi), ma il libro si conclude con l’ex prostituta che annuncia al commissario (che le chiede di sposarlo) di essere in attesa. Ovviamente di gemelli.
La coronazione del sessismo bieco e sordido del libro si ha col movente del serial killer: odia le lesbiche. Una bruttezza e una banalità senza fine.
Per me, che sono di Firenze e sogno da oltre quindici anni di trasferirmi a Santarcangelo, che ho imparato a conoscere e amare in ogni dettaglio, una vera coltellata al cuore.
Una prova inconfutabile che esiste gente come l’autore, che ha il pane e i denti, ma preferisce il tofu”. 

Paolo Zaghini