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Ma Rimini lo sa che tesoro di Biblioteca possiede?


3 Febbraio 2020 / Paolo Zaghini

“Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni” Ideazione e cura di Oriana Maroni – Biblioteca Gambalunga Rimini.

Nelle splendide sale antiche della Biblioteca Gambalunga di Rimini era stata allestita la Mostra (dal 26 ottobre 2019 al 26 gennaio 2020) per raccontare i suoi 400 anni, a cura della direttrice Oriana Maroni. “Entrare in una biblioteca significa varcare le porte della meraviglia e del sapere. Significa conoscere, ma anche solo percepire gli infiniti percorsi dell’immaginazione umana, il sapere e la creatività dell’uomo divenuto libro o immagine. Le sue possibili combinazioni. Si entra nel regno della scoperta”.

E la Gambalunga è tutto ciò, è uno scrigno di preziosi gioielli (libri, carte, documenti, immagini) accumulatisi nel corso dei secoli, a partire da quel 1619 quando Alessandro Gambalunga (1564-1619) donò alla Città un edificio, i suoi libri (circa duemila) e un ricco lascito. E nella Mostra si sono dunque potuti ammirare “i manoscritti della raffinata ed enigmatica corte malatestiana, si leggono le appassionate discussioni sull’identità cittadina, il suo segno zodiacale, i dialoghi scientifici con gli intellettuali d’oltralpe, fino alle narrazioni che hanno fatto di Rimini un mito dell’immaginario contemporaneo, quando da piccola città di provincia è diventata lo specchio e talora la narratrice/traduttrice dei volti prismatici del Paese”.

Secondo il Sindaco Andrea Gnassi “nei secoli la biblioteca ha assunto via via un ruolo di presidio, di avamposto, perfino scudo per una cultura attaccata da mille parti. Ma continua a persistere il filo rosso, tessuto da un’umanità che si occupava e preoccupava per il proprio e altrui futuro”.

Tuttavia “mi chiedo se salvare i libri, custodire le biblioteche, difendere i luoghi della cultura sarà ancora una delle nostre preoccupazioni principali”. Bella domanda di fronte a tante situazioni critiche odierne esistenti, anche nella nostra Provincia, di importanti, medie e piccole istituzioni culturali (mancanza di risorse, scarsità di personale, spazi insufficienti, incapacità di rinnovare le funzioni introducendo le nuove tecnologie, orari assurdi, ecc. ecc.), ma non è questo il caso della Gambalunga anche se di acciacchi ne conta diversi (ma per comprendere l’importanza di questo Istituto culturale per Rimini vedere i recenti, resi noti, dati consuntivi del 2019).

“In definitiva, prevarrà alla fine la speranza, corrosiva, di Borges: ‘La Biblioteca perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta’, oppure il realismo di Totò, allorchè al contadino analfabeta consiglia: ‘Se ha dei figliuoli non li mandi a scuola, per carità! Li faccia sguazzare nell’ignoranza!’. Lascio questa domanda sospesa” Dice Gnassi . Non mi piace questa non risposta, anche se posso immaginare che voglia essere solo una provocazione all’intelligenza di ognuno di noi.

In Mostra veri e propri tesori bibliografici. Per il periodo malatestiano, che si snoda fra il 1295 e il 1528, il cosiddetto Codice pandolfesco, che raccoglie i più importanti documenti sulla famiglia; il più antico e autorevole manoscritto della “Cronaca malatestiana”; il codice della “Regalis historia”, sulle origini della famiglia, scritto per Carlo Malatesta; quello del “De Civitate Dei”, scritto per Pandolfo Malatesta dall’amanuense Donnino di Borgo San Donnino e splendidamente miniato; l’”editio princeps” dell’incunabolo “De re militari” di Roberto Valturio, illustrata da grandi xilografie acquerellate; ed infine, per gentile concessione di Credit Agricole, l’elegantissimo codice dell’Astronicom” di Basinio. Rimini “si è fregiata – soprattutto durante il principato di Sigismondo (1417-1468) – di una corte che ha attratto artisti famosi, letterati e umanisti, e promosso una cultura aristocratica e raffinata, dotta ed enigmatica”.

E poi, nel Settecento, Giovanni Bianchi (1693-1775) noto come Jano Planco, medico, scienziato ed erudito e la sua scuola che apre Rimini alle nuove idee filosofiche e scientifiche, connettendola con i principali centri culturali italiani ed europei, e con le personalità più eminenti. “Alla sua scuola si formano i più apprezzati intellettuali riminesi della seconda metà del secolo, ciascuno con una propria spiccata individualità in un proprio peculiare ambito disciplinare che contribuirà a innovare: Giovanni Antonio Battarra l’agraria, Francesco Bonsi la veterinaria, Michele Rosa la fisiologia, l’epidemiologia e l’igiene pubblica e Giuseppe Garampi, il futuro cardinale e prefetto degli archivi vaticani, gli studi storici”.

Infine il lungo percorso della Città, nel passaggio dallo Stato Vaticano al nuovo Regno d’Italia, dalla nascita del turismo balneare sino alla sua affermazione, le due guerre mondiali, la ricostruzione, il genio di Fellini. “La città storica, che ha le mura sbrecciate dal tempo e dalle guerre a segnare i suoi confini, guarda l’altra, cresciuta dove prima erano dune e mare, e pare dire ‘Osta te!”. Che non è una parola, ma un suono che esprime, ricorda Sergio Zavoli, considerazione”.

Paolo Zaghini