HomeCulturaA tavola con Tonino Guerra: “Continuiamo a mangiare nei piatti della mamma”


A tavola con Tonino Guerra: “Continuiamo a mangiare nei piatti della mamma”


8 Novembre 2020 / Paolo Zaghini

Graziano Pozzetto: “Tonino Guerra, il cibo e l’infanzia. Noi continuiamo a mangiare nei piatti della mamma” –  Il Ponte Vecchio

Tonino Guerra era nato a Santarcangelo il 16 marzo 1920. Quest’anno avrebbe compiuto cento anni. Invece ci ha lasciati il 21 marzo 2012, a novantadue anni appena compiuti, nella Giornata Mondiale della poesia.

Questo libro di Graziano Pozzetto nasce su una esplicita richiesta fattagli da Lora, la moglie/compagna per quarant’anni di Tonino, dopo che aveva annunciato, nel corso dell’annuale appuntamento del Gruppo di Amici “che ama e vive la biodiversità, per capirci quella dei Frutti dimenticati (di cui Tonino è stato profeta e poeta)”, il proprio abbandono (per limiti di età) “dalla scrittura militante sui cibi identitari delle Romagne e dintorni”.

Pozzetto, giornalista, scrittore,gastronomo, ricercatore, divulgatore appassionato, in oltre quarant’anni di attività ha pubblicato 37 libri. E’ protagonista di un’enciclopedica codificazione culturale ed antropologica sui mangiari, cibi, vini, prodotti tipici, eccellenze, memorie identitarie, storie e testimonianze di cibo delle Romagne.  I tre volumi dell’”Enciclopedia enogastronomica della Romagna” (editi da Il Ponte Vecchio fra il 2017 e il 2019) sono la summa della sua lunga attività su questi temi, e dovevano essere la fine della sua attività di scrittore.

Invece, sulla base dei suoi ricordi (frutto di tanti pasti fatti assieme a Tonino), di quelli della moglie Lora (che racconta la passione di Tonino per alcuni piatti russi, in particolare per il ‘bortsch’), di quelli di Rita Giannini sua collaboratrice per tanti anni, di Mara Valentini titolare dell’Erbhosteria di Rofelle a Badia Tedalda, di Manlio Maggioli di cui Tonino è stato il suggeritore per la creazione de La Sangiovesa a Santarcangelo di Romagna, Pozzetto ha creato questo libro che alla fine è un atto d’amore collettivo per Tonino.

Ha scritto nella Postfazione Carlin Petrini, mitico fondatore dell’associazione Slow Food: “Non ricordo di aver mai conosciuto un fabulatore così potente e straordinario come Tonino Guerra”. E si sofferma sull’episodio, tante volte narrato da Tonino, della fame patita nel campo di concentramento tedesco durante la Seconda guerra mondiale. “In quel tragico contesto, si esercitò nella preparazione immaginifica di tagliatelle davanti ad una platea di prigionieri affamati. Tonino riusciva a parlare del suo rapporto col cibo anche quando il cibo non c’era e a trasformare anche la più triste realtà, come quella di allora, nella magia della poesia, preparando un buon piatto di pasta con un solo ingrediente: le parole”.

Testimonia Mara Valentini: “Tonino Guerra amava la semplicità, l’elementarietà, dunque non i piatti elaborati, ma quelli poveri, rispettosi della natura e della tradizione”. Dai ricordi di Tonino: “Se tu, a cominciare da sette anni e per i successivi dieci, venti anni, mangi le stesse cose buone, amorevolmente preparate da chi ti vuol bene, per tantissime stagioni o per tutta la vita, tu hai capito quello che vuole il tuo corpo, ormai è come l’aria che respiri. Solo con la maturità sono andato a mangiare fuori di casa, a Roma ho patito la fame, ma la maggiore curiosità me le regalavano le paste asciutte. In giro per il mondo ho trovato proposte gastronomiche le più diverse: se pure con prudenza ho cercato di provare tutto, se non altro per incontrare colori, sapori e odori nuovi. Eppure, con sobrietà, continuo ad inseguire gli antichi sapori delle minestre della mamma”.

La cucina della famiglia Guerra era di livello superiore alla media, era povera-non povera, in quanto i Guerra erano commercianti e si potevano permettere una cucina dignitosa, apprezzabile, comunque legata al paese e alle sue consuetudini.

Tonino, per tutta la vita, ha ritrovato nei piatti del ristorante Zaghini di Santarcangelo i sapori culinari locali che amava. Qui, per decenni, ha portato il gotha del cinema mondiale a pranzare: da Fellini ad Antonioni, da Zurlini a Tornatore, da Mastroianni a Orsini da Giannini a Tognazzi.

E Pozzetto racconta un tipico menù di questi pranzi: “triangoli di piada calda e squacquerone; cappelletti di magro in buon brodo oppure le superbe ‘zaghiriane’ tagliatelle al ragù; polli allo spiedo con pinzimonio di sedano e finocchio oppure braciola di maiale e salsiccia allo spiedo con verdure di campo padellate o patate al forno; ciambella, vino sangiovese di Santarcangelo di casa Zaghini”.

Tonino non aveva interesse alcuno per gli antipasti, come del resto molti romagnoli di una certa età. Amava invece spaziare nell’amatissimo campo delle minestre: dalla pasta e fagioli con i maltagliati ai tagliolini freschi in buon brodo, ai passatelli.

Per concludere Pozzetto afferma: “Tonino non era un mangiatore, ma un raffinato e sobrio gastronomo. Era delicato di stomaco e stava attentissimo a selezionare la qualità (per la quantità era consapevole) i cibi che finivano, dopo accurata e indagante selezione, nel suo piatto. Nel contempo discriminava molto i mangiari prediligendo quelli cui era legato con la memoria, il cuore, il palato, ma anche il rigoroso spirito di appartenenza alle consuetudini familiari e alla tradizione santarcangiolese”.