HomeCulturaLa scuola di ceramica a Rimini nel ‘500, dimenticata e finalmente riscoperta


La scuola di ceramica a Rimini nel ‘500, dimenticata e finalmente riscoperta


25 Aprile 2021 / Paolo Zaghini

Riccardo Gresta – Oreste Delucca: “La ceramica a Rimini nel Cinquecento. Maioliche istoriate e documenti d’archivio” – La Piazza.

Questo libro ci fa riappropriare di un patrimonio culturale e artistico che Rimini sembra non aver mai posseduto nel proprio DNA. La scuola pittorica riminese del Trecento fa parte ormai della storia della pittura, il cenacolo di artisti alla corte di Sigismondo nel ‘400 colloca Rimini fra le grandi signorie rinascimentali italiane, ma della scuola riminese di ceramica istoriata del ‘500 non se ne parla da nessuna parte. Anzi, i magnifici pezzi di maiolica riminese realizzati dagli artisti e dai laboratori attivi in Città, sparsi ormai per il mondo, sono attribuiti ad altre realtà a noi limitrofe come Pesaro, Urbino, Faenza.

Questo lavoro di Riccardo Gresta, studioso da almeno un trentennio della maiolica italiana del Rinascimento, e di Oreste Delucca, profondo conoscitore degli archivi riminesi, costringerà moltissimi musei europei a rivedere i cartigli delle opere di ceramica esposte nelle loro bacheche: a Londra, Parigi, Berlino, San Pietroburgo, Stoccolma, Cracovia, New York, Francoforte. Oltre a numerosi musei italiani.

Riccardo Gresta ha selezionato 112 opere, di cui racconta di ognuna una infinità di dettagli, assegnandole (in base a documenti certi) ad artisti che a Rimini hanno lavorato e alle botteghe artigiane qui operanti. Emergono i nomi (spesso mal definiti) di Giulio da Urbino, il “Maestro del 1574”, il “Pittore della Creazione di Adamo”, il “Maestro della Conversione di San Paolo”, il “Maestro degli Apici”, la bottega di Giovanni Antonio Garella, solo per citare alcuni autori delle opere più preziose.

La ricerca di Delucca è avvenuta in gran parte sul fondo Notarile di Rimini, conservato presso l’Archivio di Stato, sulle carte dei notai del XIV, XV e XVI secolo per un totale di quasi 2.500 volumi compulsati. Da questa ricerca sono emersi i nominativi di 230 ceramisti riminesi operanti nel Cinquecento di cui Delucca elenca tutte le notizie che per ognuno di essi ha reperito.

“La lunga carrellata delle schede biografiche dimostra senza ombra di dubbio che nel XVI secolo (come peraltro si era verificato per il Tre-Quattrocento) Rimini è stata un importante centro di produzione ceramica, tale da non sfigurare al confronto con altre città di lunga e comprovata tradizione figulina. Molto numerosi i lavoratori attivi nel settore, assai frequenti i rapporti operativi esistenti fra loro, fittissima la ragnatela delle parentele che li contraddistingue, forte il richiamo di maestranze provenienti dall’esterno, notevole fervore di attività e prospettive mercantili piuttosto favorevoli”: così Delucca sintetizza la presenza di mastri ceramicoli a Rimini. Il suo lavoro ha anche individuato 31 botteghe operanti.

Scrive nella Premessa storiografica “Rimini nella letteratura ceramica” Carmen Ravanelli Guidotti, direttrice da decenni del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, il più importante museo del settore nel mondo: “Delucca vaglia sistematicamente le carte riminesi, riuscendo a coagulare pienamente le infinite parti di un corpo artistico minuto e concreto di vasai e ceramisti in età malatestiana. Nomenclature, titoli professionali e ruoli specializzati all’interno dell’arte e delle botteghe, e loro ubicazione e composizione delle famiglie, termini merceologici (…) Con la vasta indagine archivistica condotta dal Delucca e con l’attenta indagine iconografica prodotta dal Gresta, ne esce complessivamente un lavoro che nella sua ampia sostanza documentaria viene a porsi come tappa fondamentale del lungo e avvincente itinerario storiografico percorso dagli studi sulla ceramica riminese”.

Stiamo parlando di boccali, piatti, coppe, anfore riccamente disegnati. Gresta apre la sua galleria con gli otto pezzi riminesi di Giulio da Urbino, un pittore itinerante che lavora per brevi periodi in varie città d’Italia. A Rimini nel 1535: ed ecco l’orcio con Scilla e Minosse (al Museo Civico Medievale di Bologna), la coppa con Adamo ed Eva (al Museo di Cluny), la coppa con il Cavallo di Troia (al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo), la coppa con Ottaviano e Cicerone (nella Wallace Collection di Londra), la coppa con la caduta di Fetonte (al British Museum di Londra), al piatto con la storia di Caino e Abele (al Seattle Art Museum), la coppa con Marco Curzio (in una collezione privata milanese), ed ancora una coppa con Marco Curzio (al Museo del Palazzo di Wilanov in Polonia).

Galleria che si chiude con il complesso devozionale in maiolica policroma ad istoriato conservato al Museo della Città a Rimini, composto di tre parti realizzate fra il 1589 e il 1599 opera degli artisti della bottega di Giovanni Antonio Garella, una delle principali figure di ceramista riminese nella seconda metà del Cinquecento. Al centro la Madonna col Bambino, e a fianco San Francesco e San Giovannino. Nella cornice i santi Sebastiano e Rocco. E’ questo “l’ultimo importante documento della maiolica figurata riminese”.

Questo fondamentale volume, che entrerà a far parte delle più importanti biblioteche del mondo, dedicato alla storia della ceramica a Rimini nel Cinquecento è uscito grazie al contributo determinante di Riviera Banca e di Romagna Acque-Società delle Fonti.

Paolo Zaghini