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19 maggio 1769 – Eletto Clemente XIV, il Papa di Santarcangelo


19 Maggio 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli nacque a Santarcangelo il 31 ottobre 1705, al n. 38 dell’attuale via Pio Massani; una lapide sul portone ricorda l’evento.

La famiglia Ganganelli era di S. Angelo in Vado, nelle Marche, allora Legazione di Urbino; ma il padre Lorenzo, di professione medico, si era trasferito qualche anno prima a Santarcangelo per svolgervi l’attività di medico condotto (dal 1699 al 1708). Dopo la sua prematura morte, la vedova Angela Serafina Macci fu costretta a traslocare con la famiglia a Montegridolfo.

Giovanni nel 1723 divenne frate francescano conventuale a Urbino e, in ricordo del padre, una volta presi gli ordini religiosi, assunse il nome di frate Lorenzo.

La chiesa e il convento di San Francesco a Urbino

La chiesa e il convento di San Francesco a Urbino

Divenne insegnante di filosofia e teologia. Nel 1740 fu nominato rettore del collegio di San Bonifacio a Roma. Scrittore affermato, dedicò a Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, la sua Diatriba theologica. Il suo operato in qualità di reggente del collegio gli procurò la stima di papa Benedetto XIV, che lo nominò consigliere dell’Inquisizione. Proposto come Generale del suo Ordine per due volte (1753 e 1756), Ganganelli entrambe le volte rifiutò. In seguito papa Clemente XIII gli concesse la porpora cardinalizia, ma il suo dissenso nei confronti della linea politica del Papa lo fece cadere in disgrazia e gli fece perdere ogni influenza nella Curia.

Papa Clemente XIII

Papa Clemente XIII

Il conclave del 1769 che seguì alla morte di Clemente XIII, iniziato il 15 febbraio, fu il più contrastato degli ultimi due secoli di elezioni papali. La questione di fondo era la Compagnia di Gesù, il cui destino sembrava in bilico. Le potenze cattoliche erano compatte nell’esigere che non venisse eletto un amico dei Gesuiti. I principi della famiglia dei Borboni (allora regnanti su Francia, Spagna, Napoli, Parma) pretendevano addirittura che i candidati s’impegnassero in maniera vincolante a sopprimere la Compagnia. Dopo ben tre mesi e 179 votazioni, il 19 maggio 1769, la scelta cadde su Ganganelli, non tanto perché nemico dichiarato dei Gesuiti, quanto perché era il meno inviso alle varie fazioni contrapposte. Nonostante i contrasti passati, prese il nome a ricordo del suo predecessore Clemente XIII che lo aveva voluto Cardinale.

Non essendo vescovo, venne consacrato il 28 maggio 1769, prima dell’incoronazione, dal Della Rovere, cardinale-vescovo di Porto e Santa Rufina, coadiuvato da Giovanni Francesco Albani, cardinale-vescovo di Sabina, e da Enrico Benedetto Stuart, duca di York e cardinale-vescovo di Frascati.

Ritratto equestre di Clemente XIV

Ritratto equestre di Clemente XIV

Morì a Roma il 22 settembre 1774, dopo poco più di cinque anni di pontificato. Fu un decesso improvviso, che alimentò subito sospetti, infondati, su di un avvelenamento da parte dei Gesuiti. Venne sepolto in San Pietro e nel 1802 i suoi resti mortali furono traslati nell’antichissima basilica, poi chiesa francescana, dei Santi XII Apostoli, dove Antonio Canova gli eresse un monumento funebre.

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Antonio Canova: monumento funebre di Papa Clemente XIV nella basilica romana dei Santi XII Apostoli

Il suo atto più importante da pontefice – e senz’altro il più ricordato – fu certamente la soppressione dell’ordine dei Gesuiti, decretato nel 1773. La Compagnia di Gesù era stata fondata da S. Ignazio di Loyola nel 1539; durante la Controriforma si era assunta il compito di riaffermare il valore della tradizionale dottrina cattolica ed il predominio della chiesa di Roma su quella protestante: proprio su di loro il giovane Ganganelli aveva scritto l’opera che gli aveva procurato la prima notorietà.

I Gesuiti erano divenuti troppo ingombranti per le monarchie assolute del tempo, che vedevano giungere il momento non solo di liberarsi di loro, ma di affermare una volta per tutte la supremazia del potere statale su quello religioso, così come volevano le ormai affermate idee della “ragione”.

Portogallo e Spagna in particolare, avevano visto nascere dei veri e propri stati autonomi nati all’interno delle loro colonie ad opera della Compagnia, che aveva fra l’altro organizzato i nativi nelle “reducciones” del Paraguay.  Per estirpare quel pericoloso esperimento di libertà – comunione dei beni, lotta allo schiavismo – era stata necessaria una vera e propria guerra – come si vede nel film “Mission” – e le altre potenze, a iniziare dalla Francia, non avevano nessuna voglia di dover ripetere quell’esperienza nei loro domini d’oltremare.

Inoltre i Gesuiti erano riusciti ad assicurarsi il controllo dell’educazione al più alto livello: le loro scuole erano universalmente riconosciute come le migliori in assoluto e il padre spirituale di ogni aristocratico non poteva essere che un Gesuita.

Ma i criteri rigorosamente meritocratici dell’Ordine non escludevano nessuna classe sociale e anche i borghesi che aspiravano a elevarsi volevano per maestro un padre Gesuita. Nessuna discrimizazione razziale era ammessa e anzi i Gesuiti furono più volte dalla parte dei nativi per difenderli dalle potenze europee che costruivano i lori imperi coloniali. Inoltre la necessità di lottare contro “gli errori” di eretici e pagani imponeva di conoscere a fondo, senza pregiudizi, le culture avversarie, per meglio controbattere i loro argomenti: di qui l’ininterrotta ricerca del sapere ben oltre i confini dell’ortodossia, sebbene riservata ai pochi che avrebbero saputo maneggiarlo a fin di bene. Paradossalmente, ma non troppo, tutti i critici più feroci dei Gesuiti sarebbero usciti dalle loro scuole, a iniziare dagli Illuministi.

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Jeremy Irons in “Mission” di Roland Joffé

E così Spagna, Portogallo, Francia, ma anche la Polonia e perfino Maria Teresa d’Austria, che pure aveva fatto votare i suoi cardinali per Ganganelli, pretendevano che la Chiesa chinasse la testa. Accerchiato, invano Clemente temporeggiò, facendo anche parziali concessioni. Alla fine dovette suo malgrado convincersi che, per il bene della Chiesa, era necessario compiere questo sacrificio, e così, il 21 luglio 1773 promulgò il breve Dominus ac Redemptor con cui veniva decretato lo scioglimento della Compagnia di Gesù.

I Gesuiti, “Soldati di Cristo”, accettarono la decisione del pontefice senza opposizione alcuna: da veri soldati, appunto, che obbediscono al comandante in capo anche quando decreta il loro disarmo. Ciò nonostante, su pressione delle corti borboniche, il generale dei Gesuiti, Lorenzo Ricci, fu arrestato e tenuto prigioniero in Castel Sant’Angelo fino alla sua morte (1775), avvenuta prima che terminasse il processo a suo carico.

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L’espulsione dei Gesuiti in una stampa dell’epoca

Significativamente, in Prussia e Russia, nazioni non cattoliche, l’ordine non fu sciolto, anzi ne venne proibita la soppressione per non affossare i rispettivi sistemi scolastici. Le classi dirigenti luterane e ortodosse non potevano ormai fare a meno di una qualità di insegnamento tanto alta da travalicare di gran lunga il dettaglio di essere in mano a dei cattolici.

La Compagnia sarà infine ristabilita da Pio VII nel 1814.

Una “pasquinata”, attribuita ai Gesuiti, definì Clemente (in originale in lingua latina):

«Venne da volpe, mendace;
regnò da lupo, impostore;
morì da cane, empio»

mentre altri, suoi ammiratori anti-gesuiti, la parafrasarono così:

«Venne come angelo, da Dio;
regnò come Salomone, da sapiente;
morì come Sisto, di veleno»

La soppressione della Compagnia di Gesù ha profondamente caratterizzato il pontificato di Clemente XIV, tanto da mettere in secondo piano i suoi meritori tentativi di ridurre il carico fiscale dei sudditi e di riformare la pubblica amministrazione dello Stato Pontificio, nonché il suo atteggiamento favorevole allo sviluppo delle arti liberali e alla diffusione della cultura. É a lui che si deve il museo Pio-Clementino, tutt’ora il più grande dei Musei Vaticani.

L’Arco che sorge a Santarcangelo in suo onore che gli fu dedicato dai concittadini fu iniziato nell’anno della sua elezione e terminato nel 1777.

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Dopo Ganganelli, nessun papa dopo di lui ha finora scelto il nome pontificale di Clemente. Nella sua prima udienza generale del 16 marzo 2013, Jorge Mario Bergoglio, primo Papa Gesuita, chissà quanto scherzando, rivelò che uno dei cardinali gli aveva consigliato di non chiamarsi Francesco I ma optare per il nome di Clemente XV «…per vendicarsi di Clemente XIV, che aveva sciolto la Compagnia di Gesù».