Un trucco rapido e infallibile per riconciliare i riminesi con la città di cui troppo spesso si lamentano, e per fargliela apparire sotto un’inedita luce di ordine, efficienza e decoro urbano? Inviarli per un breve soggiorno a Roma, ma non come semplici turisti.
Devono avere qualche incombenza da svolgere, un appuntamento d’affari, una commissione in un ufficio, insomma, qualcosa che richieda un minimo di pianificazione e puntualità, e magari non nelle più scenografiche zone del centro, ma in qualche zona residenziale più defilata. Esclusi dal trattamento, naturalmente, i non pochi riminesi oriundi romani o con parentele capitoline, psicologicamente più attrezzati del cittadino medio rispetto ai noti disagi romani, che la giunta Raggi non ha troppa fretta di alleviare.
Il tracollo nervoso è garantito se il malcapitato riminese in trasferta si affida per i suoi spostamenti ai mezzi pubblici; se poi è venuto nella capitale con l‘auto non dovrà aspettare la luna piena per trasformarsi in uno schiumante lupo mannaro.
Anzi, a pensarci bene, forse è questa la vera origine della leggenda della lupa romana: tutto partì da una matrona che salì sulla sua biga al quinto mese di gravidanza e, a causa di un mega ingorgo sull’Appia, quando arrivò a destinazione aveva già partorito due gemelli, ma era diventata una belva.
Al termine della visita, il riminese salterà con sollievo sul treno (o imboccherà la Flaminia in direzione Nord) con il sorriso sulle labbra e quando vedrá dal finestrino i cipressi del nostro cimitero, il cartello dell’uscita Rimini Nord e un cassonetto senza cinghiali al pascolo, il cuore gli si riempirà di sollievo. Per molti giorni la sua città gli sembrerà una Copenhagen con più sole, dove regnano cordialità, pulizia e spirito civico, e anche quando inevitabilmente lo scontento tornerà ad affiorare, di solito ascoltando i concittadini più stanziali, gli basterà ricordare il piazzale della stazione Termini la mattina dello sciopero (uno a caso, ma la foto di apertura è quella dell’ultimo stop agli autobus) per congratularsi con se stesso di abitare qui.
Ora sta al Comune valutare se mandare tutti i riminesi in gita obbligatoria annuale a Roma costerebbe più di un piano di imponenti migliorie alla viabilità e all’arredo urbano, sulle quali peraltro l’opinione pubblica ha sempre qualcosa da ridire. Il vecchio detto va aggiornato: chi va a Roma non perde la poltrona, ma trova la sua vecchia sedia confortevole come una chaise-longue.
Lia Celi www.liaceli.it