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Con questo ponte un po’ più vicini al cielo


21 Maggio 2017 / Lia Celi

Ce l’ho fatta! Finalmente ho sperimentato il ponte, pardon, sovrappasso di via Roma. Ovviamente con la bici, il veicolo per cui è nato, e un’opera come quella ti dà (o sembra darti) la misura concreta di quanto contiamo oggi noi ciclisti qui a Rimini.

Mica ci hanno dato la solita ciclabile, ma un ponte tutto per noi o quasi, neanche troppo ripido, con il quale scavalchiamo e guardiamo dall’alto in basso i poveri automobilisti, che proprio sotto di noi sono fermi al semaforo o incastrati in una rotonda, o nell’altra, o in tutt’e due.

Se non l’avete ancora provato, fatelo, prima che finisca la luna di miele e si perda quell’incanto fanciullesco un po’ da Belle Epoque, con gli adulti che si incamminano sul sovrappasso meravigliati ed entusiasti come i primi scalatori della Tour Eiffel.

Che bella cosa il progresso! Che bello vedere realizzata, un’opera utile e alla fin fine neanche tanto brutta. Peccato che faccia un po’ l’effetto che farebbe il ponte sullo Stretto di Messina: un’opera avveniristica che collega due regioni, Calabria e Sicilia, dove la viabilità regolare è arcaica insufficiente, scendi dal ponte e ti ritrovi incastrato in una mulattiera.

E’ vero che a Rimini si può andare pedalando in sicurezza dalla Statale al mare attraverso il parco. I problemi sorgono per i ciclisti che nella vita hanno altri impegni oltre ad andare in spiaggia e fare picnic nel parco: tipo andare a scuola, al lavoro, a fare la spesa. Le ciclabili ci sono, ma spesso in centro vengono usate come parcheggi, e ogni tanto scompaiono, abbandonando di colpo il povero ciclista indifeso in mezzo a un’orda di macchine bramose di vendetta contro chi gli ha rubato mezza corsia.

E che dire di certe rastrelliere, tipo quelle della stazione? Devono essere state progettate per i monocicli circensi, perché la distanza tra le feritoie destinate alle ruote non corrisponde a quella dei manubri.

Ma sorvoliamo, anzi, sovrappassiamo. Pensiamo che grazie al nuovo cavalcavia dedicato, noi riminesi in bicicletta siamo più vicini al cielo. E una volta tanto non nel senso peggiore di vittime designate del traffico motorizzato, come purtroppo ci ricorda l’incidente occorso a Nick Hayden nei giorni scorsi.

Un manufatto che migliora la qualità (e la quantità) della vita dei ciclisti malatestiani si paga, poco fuori città, con l’ennesimo sacrificio umano a strade troppo anguste e antiquate per soddisfare le esigenze moderne delle due e delle quattro ruote, soprattutto in questa stagione in cui gli allenamenti si incrociano con le gite domenicali. Più che un sovrappasso sembra un contrappasso crudele.

Lia Celi www.liaceli.it