HomeCulturaBuon compleanno Sigismondo, ma questa volta celebriamo Isotta


Buon compleanno Sigismondo, ma questa volta celebriamo Isotta


18 Giugno 2017 / Lia Celi

Permettetemi un’auto-marchetta, senza scopo di lucro: domani sera alle 21 a Castelsismondo l’impareggiabile Marina Massironi vestirà i panni di Isotta Malatesta, per rivelarvi tutto quel che vorreste sapere sul grande amore di Sigismondo e che non avete mai osato chiedere – nemmeno a Oreste Delucca, biografo ufficiale dei Malatesta e autore della monografia sulla Diva Ariminensis che verrà presentata prima dello spettacolo.

Il testo per Marina l’ho scritto io insieme allo storico Andrea Santangelo, una vita spesa per dimostrare che, parafrasando Jessica Rabbit, «la storia non è noiosa, è che la raccontano così».

Confesso che non mi ero mai applicata troppo alla storia dei Malatesta, nemmeno a quel periodo luminosissima in cui fecero di una cittadina marginale come Rimini un mix di Seattle e Silicon Valley nell’Italia del Quattrocento, che attirava i migliori cervelli giovani d’Italia in tutte le discipline.

E a invitarli era uno scapigliato che sbudellava gente da quando aveva dodici anni, ma non perdeva una conferenza di Gemisto Pletone, un carismatico filosofo bizantino di casa fra i nobili italiani, che profetizzava l’imminente tramonto delle religioni rivelate e il ritorno al culto del Sole-Apollo (della serie: ci ha proprio preso).

Chiamava a lavorare nelle sue terre anche gente dalla sponda opposta dell’Adriatico, frotte di slavi e di albanesi che si integravano senza problemi di ius soli e ius sanguinis, e dai quali probabilmente discendono molti di noi.

Per raccontare Isotta mi sono tuffata in questa Rimini fuori di testa, la signoria più pazza ed esagerata del Rinascimento italiano, perfettamente riassunta nel Tempio malatestiano, un aspirante Pantheon rimasto senza cupola per il motivo più italiano di tutti: erano finiti i soldi.

Ma lì dentro ci sono loro due, Sigismondo e Isotta. Due cuori e una capanna progettata da Leon Battista Alberti. Anche in amore il signore di Rimini aveva precorso i tempi: lei, la terza moglie, l’aveva sposata per amore, cosa che a quei tempi era molto più insolita che sbarazzarsi con metodi spicci delle due coniugi precedenti.

Dopo di lui, il primo aristocratico europeo a sposare per amore una borghese è stato Carlo Gustavo di Svezia quando nel 1976 ha impalmato la hostess Silvia Sommerlath, la Dancing Queen della canzone degli Abba.

Peccato che nel 1456 per esaltare Isotta non ci fossero non dico gli Abba, ma nemmeno Casadei, che le avrebbe sicuramente dedicato un liscio-pop di successo.

C’erano Basinio Basini e un cenacolo di coltissimi ma pallosissimi poeti di corte, stipendiati da Sigismondo per angelicare la sua signora, in volgare e in latino. Ma, come ha osservato Delucca, è stata una lungimirante strategia promozionale: è merito di quelle elegie, riscoperte a fine Ottocento, se la Rimini malatestiana è diventata un mito per poeti come D’Annunzio ed Ezra Pound, per non parlare di Oscar Wilde che cita il nostro Sigismondo nel suo Ritratto di Dorian Gray.

Domani, 19 giugno, è il suo seicentesimo compleanno e Rimini lo celebra con la voce di Isotta, la ragazza riminese che alla fine riuscì a mettergli le briglie. Non c’erano riusciti gli Sforza, gli Aragonesi e nemmeno il Papa.

Lia Celi www.celi.it