HomeLia CeliA Rimini sole di mezzanotte come in Norvegia: ma là i lavoratori riposano


A Rimini sole di mezzanotte come in Norvegia: ma là i lavoratori riposano


1 Luglio 2018 / Lia Celi

Foscolo non ce la contava giusta. Ricordate il sonetto «Alla sera»? «Forse perché della fatal quiete tu sei l’immago, a me sì cara vieni, o sera, ecc ecc», traduzione dal foscolese, «cara sera, mi piaci perché mi ricordi la morte, mi fai pensare al nulla eterno, così mi passano le paturnie e mi do una calmata».

Vabbè, un poeta romantico non poteva che spiegarsela così, ricorrendo a teorie necrofile da bel tenebroso che davano un brivido alle signore. Del resto che poteva saperne lui, agli inizi dell’Ottocento, di ritmi circadiani e photo-aging? Ma basta aver passato qualche giorno di giugno vicini al circolo polare per capire cosa significa, per noi mediterranei, fare a meno della sera.

Il sole di mezzanotte non è una fake-news come lo sbarco sulla luna secondo il sottosegretario Sibilia. Esiste davvero. Alle 23.30 è ancora chiaro e se il primo giorno ti sembra uno spettacolo meraviglioso, già il secondo ti destabilizza, e il terzo vorresti sloggiare il sole dal cielo a calci.

Anche se tiri le tendine, anche se indossi la mascherina di stoffa, sai che lui è lì dietro e si insinua nella trama del tessuto per punzecchiarti come un partner adrenalinico: «allora, marmotta, che si fa? Usciamo? Sarà mica questa l’ora di dormire, guarda che luce!».

E allora capisci cosa devono provare le galline ovaiole negli allevamenti, esposte alla luce artificiale per almeno 14 ore al giorno per stimolare la produzione. Solo che tu non produci più uova, solo più sacramenti, perché dormi male e sei sempre nervoso.

Eppure quell’infaticabile sole nordico per noi riminesi ha qualcosa di familiare: d’estate fa gli straordinari, si alza prestissimo e concede al riposo una o due ore al massimo, rimandando all’inverno il riposo.

Proprio come fanno (o facevano) i lavoratori dell’industria del turismo in Riviera, che concentrano l’attività da maggio a settembre e non riescono più a distinguere l’ultimo caffè della sera dal primo della mattina.

In Norvegia, dove fra gli esseri umani il tempo libero è sacro e non si permette al lavoro di debordare oltre le tre-quattro del pomeriggio, l’unico vero stakanovista, almeno per sei mesi all’anno, è il sole.

Vi sorprendete ancora se storicamente la civiltà e la cultura sono fiorite nella fascia temperata del pianeta, dove c’è luce solare a sufficienza per fissarci il calcio nelle ossa, e distribuita fra le stagioni abbastanza equamente da assicurare un buon equilibrio sonno-veglia?

Ecco perché quando torniamo alle nostre latitudini la sera sì cara viene a noi quanto al buon Foscolo. Che si rovinò la salute anzitempo non a causa del photo-aging, ma del vizio del gioco. E se notate, anche nei casinò non ci sono finestre ma solo un’eterna luce artificiale che ti fa confondere il giorno con la notte.

Lia Celi www.liaceli.it