«Potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere,» recita l’immortale filosofia dei Blues Brothers. Che forse, se fossero riminesi d’estate, aggiungerebbero «o potrebbe esserci la mucillagine».
Ebbene, in questi giorni abbiamo sia la pioggia che la mucillagine, mentre troppa gente in giro (o al governo) fa discorsi da nazisti dell’Illinois. Sì, pare che sia tornato, l’incubo molliccio e gelatinoso, per fortuna non imponente e invadente come dell’estate dell’89, almeno per ora.
Ma non è solo per questo che non si registrano ancora isterismi e riti di scongiuro. In quasi trent’anni le cose sono cambiate parecchio, sulla riviera. All’epoca il mare era imprescindibile per chi veniva in vacanza qui. Lo diceva la parola stessa, «bagnante»: il suo obiettivo primario era fare il bagno, e del resto gli stabilimenti sulla spiaggia sono «balneari» e si chiamano, appunto, «bagni».
Benché la maggior parte del tempo la si passasse anche allora all’asciutto, sulla sabbia, tutto girava intorno ai bagni di mare, ed era così da centocinquant’anni, quando il bagno non si «faceva» ma si «prendeva».
Come si prende una medicina – e in effetti così era considerato, più o meno, il bagno di mare: una terapia, sul genere delle cure termali, da prendere, appunto, due volte al giorno, tre ore dopo i pasti.
Nel 1989 il bagno era già diventato da un pezzo un momento soprattutto ludico-ricreativo, anche se al mattino e alla sera proseguiva la sua missione medicamentosa massaggiando le vene varicose delle nonne che camminavano su e giù, con il cappellone di paglia o il fazzolettone legato in testa, con un pittoresco effetto alla Riso amaro.
La mucillagine fu un duro colpo, una iattura, una catastrofe in certi giorni anche olfattiva, con i miasmi dell’alga decomposta che arrivavano fino in piazza Cavour. Ma insieme alla puzza, arrivavano, come masse di sfollati, i bagnanti che non potevano più fare il bagno ma non se la sentivano di fare i bagagli e tornare in città, e stanchi di doversi litigare i giochi da tavolo nella pensione, si avventuravano per la prima volta nelle misteriose terre a monte della ferrovia, alla disperata ricerca di qualcosa da fare e da vedere.
E scoprivano che c’era davvero, eccome: un arco e un ponte romano! Una chiesa rinascimentale tutta bianca! La mucillagine potrebbe essere stata il classico caso di «provvida sventura», visto che da allora Rimini ha capito che non si vive di solo mare.
Tant’è vero che, dopo trent’anni, la città d’estate è quasi piena come la spiaggia, e ad essersi spopolato, anche al netto della mucillagine, è il proprio il mare, dove ormai fanno il bagno pochi nostalgici – pochi, rispetto a una volta, quando a certe ore si nuotava sgomitando fra canotti carichi di bambini e signore con le cuffie a fiori.
Meglio le piscine degli hotel, dove l’acqua è sempre calma ed esente da alghe, meduse e pesci ragno. E le passeggiate le nonne preferiscono farle nel mare di bancarelle del mercato in centro. Più che le gambe, si sgonfiano i borsellini, ma pazienza.
Lia Celi www.liaceli.it