HomeCronacaQuelle madri snaturate che si perdono il figlio per fare shopping


Quelle madri snaturate che si perdono il figlio per fare shopping


29 Agosto 2020 / Lia Celi

«La madre fa shopping e si perde il figlio di cinque anni. Ritrovato dalla polizia»: così un quotidiano locale online strilla l’episodio avvenuto venerdì scorso a Rivazzurra. Un titolo costruito apposta per suscitare subliminalmente lo sdegno dei probi lettori contro la genitrice degenere.

Già «fa shopping» ci proietta in zona Balocchi e profumi, la vecchia canzone strappalacrime in cui una mamma frivola e insensibile spende tutto in ciprie e profumi Coty e non caccia un soldo per comprare un giocattolo alla sua bambina.

In inglese shopping vuol dire banalmente «spesa», ma a un orecchio nostrano una mamma che fa la spesa è una brava massaia, mentre una che fa shopping si dedica probabilmente ad acquisti voluttuari destinati per lo più a se stessa, una svampita compulsiva tipo la Becky di I love shopping. Poi c’è il «si perde il figlio», dove il “si” potrebbe essere riflessivo, ma sembra più un dativo etico riferito enfaticamente alla madre, per sottolineare il suo scarso senso di responsabilità. Tanto più che a ritrovare il bambino non è lei stessa, ma «la polizia», che, come una supermamma in divisa che vede e provvede, interviene a colmare le deficienze delle mamme normali.

Più avanti l’articolo specifica, non si sa bene per quale motivo, che la signora, in vacanza a Rimini, era «una donna di origini dominicane», come se l’origine c’entrasse qualcosa. Un altro giornale online del resto lo mette addirittura nel titolo, «Turista straniera “perde” il figlio durante lo shopping» (probabilmente qui le virgolette vogliono solo specificare che il figlio si era smarrito e non perduto in senso tragico, ma l’effetto è di dare all’incidente un ulteriore profumo di ambiguità, tipo: non ci sarà sotto qualcos’altro, visto che era pure una forestiera?). Sfumature, minuzie, pennellate che servono solo a far accigliare il lettore medio: guarda queste straniere, non sanno nemmeno badare ai loro bambini, mica come le nostre irreprensibili mamme italiane.

Ma la lettrice media, se è una mamma sincera e onesta con se stessa, si asterrà dallo scagliare la prima pietra. Perché tutte o quasi, italiane o no, abbiamo rischiato almeno una volta di “perderci” un figlio in un supermercato o mentre eravamo in giro per negozi, a meno che non fosse saldamente assicurato al passeggino o infilato in un carrello e tacitato a suon di leccalecca. Shopping o spesa che sia, farla con i bambini al seguito è una faccenda complicata.

Ora, le cose vanno comprate, sia quelle per la sussistenza, sia quelle superflue che però rendono piacevole la vita ai consumatori, sostengono i commercianti e fanno alzare il Pil, che in questo momento ne ha tanto bisogno. I turisti si rendono utili non solo riempiendo le nostre spiagge e i nostri hotel, ma anche facendo shopping nei negozi, come la signora di Rivazzurra.

Ahimè, quel che per noi adulti è una necessità e a volte un piacere, per i piccoli è in genere una tortura. Ancora ancora il supermercato, pieno di colori e di musica, con l’aria condizionata e la possibilità di girare seduti sul carrello e magari rimediare un sacchetto di caramelle. Ma per le peregrinazioni materne fra negozi o bancarelle di abbigliamento o di scarpe la soglia di sopportazione del bambino medio è (comprensibilmente) bassissima. Si rompe le scatole un marito grande e grosso, figuriamoci un piccino che ancora nulla sa dei misteri del guardaroba e dei cambi di stagione, di cui le madri sono le sacerdotesse.

Se è un piccolo ancora in passeggino si può sperare che prima o poi si addormenti per la noia, ma un bambino di cinque anni, a meno di non placarlo mettendogli un cellulare in mano (e qui si aprirebbe tutta un’altra serie di obiezioni), alla terza vetrina di scarpe si appella alla Convenzione di Ginevra sui prigionieri e rivendica il diritto di tentare la fuga.

Il piccolo fuggiasco di Rivazzurra si è limitato a seicento metri in viale Regina Margherita, in mezzo alle gambe dei passanti, prima di essere riacciuffato dalla polizia e riconsegnato incolume alla mamma, che sicuramente d’ora in poi non lo perderà d’occhio nemmeno davanti a un cartello “Firme scontate all’80%”. E forse fra trent’anni gli dirà: ma com’è che da piccolo volevi tanto scappare e ora che sei grande non ti schiodi più di casa?

Lia Celi