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Le pillole della settimana


La scommessa, i perdenti e quelli che non li vota nessuno


9 Ottobre 2021 / Maurizio Melucci

La scommessa

La sera del 1° luglio il ristorante “L’Artrov” vicino alla stazione di Rimini ha organizzato una serata per festeggiare i tre anni di apertura del locale. Ho avuto il piacere di essere invitato. La serata è stata molto piacevole ed inevitabilmente si è parlato anche di elezioni. Vi erano anche presenze di esponenti del centrodestra. Il Pd aveva risolto, da poche ore, il problema della candidatura, con l’accordo tra Emma Petitti e Jamil Sadegholvaad. Il centrosinistra aveva il candidato. Il centrodestra era ancora alla ricerca.

Vi erano varie ipotesi, tra cui quella dell’ex sindaco di Bellaria, Enzo Ceccarelli. A miei amici di cena del centrodestra ho detto la mia opinione. Una candidatura sbagliata perché non è di Rimini. Alla fine, abbiamo fatto una scommessa. Ho scommesso che se il centrodestra candidava Ceccarelli il centrosinistra avrebbe vinto al primo turno. La posta in palio era una cena all’Artrov. Non dirò con chi l’ho fatta. Ma sicuramente verrà rispettata. Dopo un mese, il 9 agosto il centrodestra candida Ceccarelli e perdono le elezioni al primo turno. Scommessa facile, anche alla luce di qualche “stratega”, che le ha sempre sbagliate e perse tutte.

Chi ha vinto e chi ha perso

Ha vinto il centrosinistra, ha vinto il Pd, ha vinto la Politica. Non è stato semplice giungere alla candidatura condivisa di Jamil senza fare le primarie (errore da non ripetere). Solo la responsabilità di Emma Petitti che ha fatto un passo indietro, la mediazione del Pd nazionale che si è fatto garante dell’accordo ha risolto la divisione che rischiava di essere lacerante. La soluzione è stata inedita ma vincente. Un tandem che coniugava, come abbiamo sempre fatto anche nel passato, continuità e innovazione. Chiara e Jamil possono fare tanta strada insieme per il bene di Rimini.

Ha perso il centrodestra. In primo luogo, nel metodo. Non è pensabile spartirsi a Roma, tra le forze politiche, i candidati a sindaco nelle città a prescindere. Con questo metodo sono state proposte alla fine candidature deboli, calate dall’alto ed anche in forte ritardo. A Rimini la candidatura spettava alla Lega. Il secondo sconfitto è Jacopo Morrone da Forlì referente della Lega in Romagna. Ha imposto come candidato l’ex sindaco di Bellaria. Errore fatale. Le scuse di queste ore, dal ritardo nella decisione, alle difficoltà di una campagna elettorale particolare, sono una difficile arrampicata sugli specchi.

Il MoVimento 5 Stelle ha ottenuto un risultato al di sotto alle aspettative. 2,45 è una percentuale modesta. Il movimento di Grillo ottiene risultati “migliori” dove è in coalizione con il centrosinistra: Ravenna 3,37%, Bologna 3,90%. Io rimango convinto che il futuro è una coalizione di centrosinistra ampia con i 5 Stelle. Chi pensa il contrario fa un gravissimo errore politico che denota miopia e incapacità di analisi.

La coalizione di Gloria Lisi si ferma sotto il 9%. L’obiettivo del ballottaggio per essere ago della bilancia non si realizza. Una candidatura nata con troppe contraddizioni che gli elettori non hanno seguito.

Risultato sorprendente della lista 3V (No Vax) che elegge un consigliere con oltre il 4% dei voti. Rimini si conferma la “piazza” con la percentuale di no vax tra le più alte d’Italia. Solo Trieste ci tiene testa.

Jacopo Morrone

L’astensione

Si sono recati alle urne una maggioranza ristretta degli italiani, il 54,70% con un calo di circa 7 punti % rispetto al 2016. A Rimini ha votato il 55,59 con una flessione del 2,28% rispetto a 5 anni fa. Affluenza molto ridotta rispetto alle consultazioni passate. Nel 1995, primo sindaco eletto direttamente, l’affluenza alle urne è stata dell’86,10%. Nel 1999 del 76,61%, nel 2001 86,59%, nel 2006 65,56%, nel 2011 67,81, nel 2016 57,87. In poco più di 25 anni l’affluenza è crollata di circa il 30%.

La crescita dell’astensionismo è andata associandosi ad una maggiore mobilità dell’elettorato italiano. Il fenomeno è reso evidente dalla crescita della instabilità o volatilità elettorale, dalla crisi della identificazione partitica, dalla emersione di istanze locali e particolaristiche che intercettano voti di protesta.

Una distanza sempre più marcata tra la politica e i cittadini. Nelle elezioni comunali poi pesano altri aspetti locali, ad iniziare dal valore dei candidati in campo. L’astensione non penalizza tutti gli schieramenti in egual modo. A Rimini è stato penalizzato il centrodestra. Il confronto con le regionali del 2020 è interessante. Con un’affluenza alle urne del 63,57% il centrodestra ottenne 33.070 voti contro i 31.003 della coalizione di centrosinistra. Alle elezioni comunali il centrodestra conquista 20.753 voti. Il centrosinistra 31.522. L’astensionismo ha penalizzato fortemente il centrodestra con una perdita secca di oltre 12mila voti. Il centrosinistra mantiene i voti delle regionali anche se con minor affluenza al voto.

Tutto bene. Direi proprio di no. Il recupero della credibilità della politica, il coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni del governo locale sono necessità non più rinviabili.

Le preferenze

Poche le sorprese nelle preferenze nelle liste che hanno eletto. Essere eletto o rimanere fuori in molti casi è stato un problema di pochi voti. Più interessante è valutare il radicamento delle tante liste presentate. Per la precisione 21, con oltre 600 candidati.

Complessivamente vi sono stati 98 candidati con zero preferenze pari al 15% di tutte le candidature. 50 candidati hanno ottenuto una preferenza.

Il record lo detiene la coalizione della Lisi con 44 candidati a zero e 14 con una preferenza. Segue il centrodestra con 35 senza preferenze e 18 con 1. Il centrosinistra registra solo 7 candidati con zero preferenze e 9 con una preferenza.

Non ho conteggiato i candidati che non sono andati oltre le 5 preferenze. Appare evidente che presentare più liste non significa avere più possibilità di incrementare i voti. Dipende dalla qualità delle candidature.

In generale hanno ottenuto successo le candidature giovani. Non solo per età, ma per come hanno gestito la campagna elettorale. Se escludiamo, infatti, i candidati che da sempre hanno un radicamento e una forte capacità di fidelizzare il proprio elettorato soprattutto nel centrodestra, nel campo del centrosinistra le novità sono arrivate dalle candidature più giovani o di altre filiere culturali.  Fuori, in ogni caso,  dalla logica dei circoli e della rappresentanza territoriale. Nel Partito Democratico su 11 eletti solo tre consiglieri hanno un rapporto stabile e stretto con il territorio. Gli altri rispondono ad altre logiche. Dall’appartenenza culturale a portatori d’interessi trasversali.

Da sinistra. Luca De Sio – Lega. Edoardo Carminucci- Pd. Michele Lari – Rimini Rinata. Tutti primi per preferenze nelle loro liste

Maurizio Melucci