A noi attempati l’immagine di una bicicletta che si alza in volo fa subito venire in mente E. T., l’extraterrestre di Steven Spielberg. Ma qui non siamo un suo film, e nemmeno in California. E se una bicicletta si solleva da terra è perché qualcuno la sera del 3 novembre ha avuto la bella idea di incatenarla alla saracinesca di un negozio chiuso in via Mentana e lì l’ha lasciata. Alla mattina il titolare del negozio, per poter riaprire, ha riavvolto la serranda con annessa bici, che è rimasta a penzolare a mezz’aria fino alla pausa pranzo.
Trattandosi di un elegante negozio di abbigliamento nella nostra piccola Montenapoleone, i passanti avranno pensato alla trovata originale di un vetrinista che non sapeva più cosa inventare per attirare l’attenzione – e avrebbe visto giusto, perché l’originale decorazione a due ruote ha sorpreso e incuriosito il pubblico. Quella bici appesa lassù dava al negozio un tocco nordeuropeo e insieme surreale, un po’ Amsterdam un po’ Fellini.
Oltretutto il mezzo, anche se di locomozione, è un messaggio. E in questo caso, un messaggio forte e attuale. Inserita in modo sbarazzino in un contesto di moda, e in concomitanza con la Cop26, il vertice sul clima corso a Glasgow, la bicicletta esprime un concetto sensato: per la donna di oggi, che vuole aggiornare il suo guardaroba ma non dimentica l’ecosostenibilità, la bici è un accessorio più irrinunciabile di una borsetta firmata o di un cappotto di tendenza. Tant’è vero che i manichini dietro la vetrina non indossavano tubini scomodi o lunghi abiti svolazzanti, ma pantaloni dalla linea morbida, perfetti in ufficio ma anche sulle due ruote.
L’installazione però ha resistito solo una mattina. Verso le 13.30, quando il negozio era chiuso e la saracinesca abbassata, un uomo è stato visto aprire il catenaccio della bici, tornata con le ruote per terra, e pedalare via in tutta fretta. E qui è legittimo farsi qualche domanda.
Se lo sconosciuto aveva incatenato la bici alla saracinesca la sera prima e non è riuscito a riprendersela prima dell’apertura dei negozi il giorno dopo, dove ha passato la notte? Ubriaco sotto il tavolo di un locale del centro storico? Era venuto a trovare dopo mezzanotte la sua bella, residente in via Mentana, e poi ha perso la nozione del tempo? Oppure, semplicemente, si era dimenticato di essere arrivato lì in bici ed è tornato a casa a piedi (a me qualche volta è successo, lo confesso)?
Tutte le ipotesi possono essere declinate anche al femminile, perché la bicicletta non era il classico modello da uomo e nemmeno massiccia come una mountain bike, e la proprietaria potrebbe aver inviato un amico a prelevare il velocipede, che per qualche ora è stato la star di via Mentana e ha guardato tutti dall’alto in basso.
Già, e se la bicicletta ci ha preso gusto? Quella levitazione potrebbe averla trasformata. Le ha fatto capire che la vita non è solo reggere un sedere sul sellino e due piedi sui pedali, non è solo arrancare su strade piene di buche e ciclabili ingombre di macchine, non è solo essere alla mercé di vandali e ladruncoli. Basta un niente, una distrazione del proprietario o l’urgenza del titolare di un negozio, e anche una bicicletta può staccarsi da terra e volare «senza ali e senza rete», come la Donna cannone di De Gregori.
Se solo quella catena fosse stata meno solida, forse la bici si sarebbe liberata con uno strattone per innalzarsi fra i palazzi di via Mentana, verso il cielo. E tutti poi avrebbero giurato e spergiurato di non essere mai stati lì.
Lia Celi