HomePillole di politicaDemocrazia nel Comune di Rimini, sciopero generale in Italia fra criminalità e vera economia

Difficile discutere i progetti del Comune di Rimini, le preoccupazioni della Uil per la criminalità organizzata, la salute dell'economia italiana e lo sciopero generale


Democrazia nel Comune di Rimini, sciopero generale in Italia fra criminalità e vera economia


11 Dicembre 2021 / Maurizio Melucci

La democrazia 3.0 della Giunta di Rimini

Ho sempre sostenuto che l’abolizione dei quartieri nei comuni oltre i 100mila abitanti sia stato un errore. E’ aumentata la distanza tra la politica, il governo della città e i cittadini. I partiti sono diventati sempre più leggeri e inconsistenti di fatto sul territorio. Non vi sono luoghi di confronto e discussione nella città. Rimangono le istituzioni decisionali, Giunta e Consiglio Comunale. I cittadini si debbono accontentare dei comunicati stampa ufficiali che “raccontano” le varie azioni di governo e qualche iniziativa della minoranza. Mi sembra il tutto molto inadeguato. Nei giorni scorsi, ad esempio, ho sollevato il problema del completamento del Piano Particolareggiato d’iniziativa pubblica dei Padulli. Ebbene la giunta comunale ha già deciso. La prossima settimana la proposta deliberativa andrà in commissione e poi in consiglio comunale. Si tratta di un argomento molto delicato che coinvolge oltre 80 famiglie e che merita un tempo adeguato di confronto con il consorzio e i suoi tecnici. Nulla di tutto questo. Dopo anni di silenzio da parte della giunta comunale, ora arriva la fretta. Il tutto si concluderà con qualche incontro ai vertici.

Stessa cosa per l’area dell’ex questura di via U. Bassi. In una situazione a dir poco complicata dopo l’acquisto da parte di un gruppo per 14milioni di euro la giunta comunale ha deciso di realizzare in quell’area 36 appartamenti di edilizia sovvenzionata (case popolari) senza un minimo di confronto con i cittadini di cosa succede su tutta l’area. Nella Giunta poi vi è chi parla di percorsi partecipati. Non ho capito chi ha partecipato, quando e dove. Ma forse sarà la nuova democrazia 3.0, dopo quella 2.0

Bandi concessioni spiaggia e criminalità organizzata

Giuliano Zignani, cesenate, segretario regionale della Uil, è intervenuto recentemente sul rischio infiltrazioni della criminalità organizzata nel sistema produttivo regionale. Preoccupazione più che legittima dopo le tante inchieste della magistratura. Il dirigente della Uil è preoccupato per le possibili infiltrazioni mafiose anche nelle concessioni di spiaggia dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha deciso di fare bandi pubblici entro due anni. Preoccupazione anche in questo caso legittima, che andrà affrontata in modo netto nei criteri e nelle modalità di partecipazione ai bandi. Faccio notare, tuttavia, che già oggi vi sono numerosi episodi di stabilimenti balneari gestiti dalla criminalità organizzata. Tante le indagini e i sequestri sulle coste italiane. Anche in Romagna siamo sicuri che i numerosi cambi di concessione, molte volte con possibili cospicue somme di denaro in nero, siano tutte riferite ad imprenditori sani? Bene l’attenzione sul futuro, ma nel frattempo guardiamo anche al presente.

Lo sciopero di Landini

Difficile capire il perché compiuto dello sciopero generale. Mi associo ai tanti che esprimono perplessità e dubbi. Sicuramente ha pesato nella decisione il malessere che c’è nel paese e che la pandemia ha acuito. Permangono e si allargano le diseguaglianze sociali. Tuttavia, la legge di bilancio del Governo dà importanti segnali positivi rispetto al passato. Ammortizzatori sociali, riforma dell’IRPEF, Ape sociale allargata ad altri lavori gravosi, parità salariale, contributo caro bollette. Solo per indicare gli aspetti più importanti. Poi vi è, in negativo, il mancato contributo di solidarietà per i redditi sopra i 75mila euro. Il precariato un problema sempre più drammatico. Il salario minimo non è stato approvato. La legge sulle delocalizzazioni non è stata ancora approvata. Anche il mondo della scuola è in stato di sciopero per le difficoltà che purtroppo rimangono: carenza di personale, classi “pollaio”, stipendi bassi.  Tutto vero. Ma è difficile pensare che un governo come questo possa fare alcune riforme oppure correggere gli errori di 20 anni di governi passati. Ho avuto l’impressione che lo sciopero sia stato indetto anche per una mancata forte concertazione con il Governo. Anche le norme positive sono state decise dalla maggioranza e comunicate ai sindacati. Un metodo che evidentemente svilisce il ruolo del sindacato. Talvolta la forma è sostanza.

La vera situazione dell’economia italiana

Un grafico e una tabella, contenuti nel recente Rapporto annuale della Svimez raccontano, il disastro economico dell’Italia in questi anni. I dati riguardano gli ultimi 20 anni. Nel 2000 il nostro reddito pro capite era di oltre un quarto superiore alla media europea, solo di 7 punti inferiore a quello della Germania e di 8 punti superiore a quello della Francia. Oggi Francia e Germania hanno perso una decina di punti rispetto al 2000, ma sono ancora al di sopra della media europea, rispettivamente del 10 e del 20 per cento. La Spagna, dopo aver dato l’impressione di avere imboccato una fase di grande sviluppo, è tornata più o meno dov’era. L’Italia è scesa tanto da finire del 5% sotto la media europea. Abbiamo perso 30 punti in 20 anni. Siamo 26 punti sotto la Germania; 10 sotto la Francia. È colpa dell’euro? No, perché la nostra crisi è più antica. L’euro ha solo reso palese il costo del non governo: partecipare a un’unione monetaria significa rinunciare alla possibilità di attenuare le conseguenze degli errori di politica economica con la svalutazione del cambio. Bisognava smettere di sbagliare. E ovviamente bisogna smettere ora, prima che il disastro economico generi, ancor più di quanto è già avvenuto, la crescita di partiti estremisti e, alla fine, la crisi del sistema democratico. Per avere la misura piena di quello che è successo si guardi ora la tabella: è basata sulla graduatoria in base al reddito pro capite delle 280 regioni che componevano (fino alla Brexit) l’Unione europea a 28. La tabella mostra come è cambiata la posizione nella graduatoria delle regioni italiane fra il 2000 e il 2019. Anche le regioni più attrezzate come l’Emilia-Romagna hanno perso molte posizioni rispetto ad altre regioni europee. (Fonte Sole 24Ore)