Debuttava 42 anni fa sui mosconi di Rimini la prima “baywatch”. A ricordarlo è la Biblioteca gambalunga.
Estate 1980. Spiaggia di Rimini. Attenzione prego, ordine di servizio per i marinai di salvataggio, ammainare la bandiera rossa e issare la bandiera bianca. Il messaggio, diramato dagli altoparlanti della Publiphono, dava avvio alla giornata lavorativa dei salvataggi che avrebbero permesso, con la loro sorveglianza, ai presenti in spiaggia di potersi tuffare e divertirsi in mare in tutta sicurezza.
Ben lontano ancora dall’icona mediatica di Baywatch il salvataggio romagnolo si era già costruito, nei decenni precedenti, un solido ruolo nell’immaginario collettivo: sciupafemmine ma anche galantuomo, corteggiatore seriale ma anche romanticone, insomma un re della spiaggia. Importante tassello di quel puzzle che passa sotto il nome di ospitalità romagnola che significa capacità di accoglienza, offerta di servizi turistici per ogni età e divertimenti di ogni genere, una cosa era certa: il salvataggio era e sarebbe stato uomo, maschio.
Roberta è originaria di Fano, si trasferisce a Rimini nel 1965, sin da piccola pratica molti sport ma il particolare feeling con l’acqua la porta ad impegnarsi nel nuoto e già a 15 anni diventa istruttrice presso la Piscina comunale di Rimini. A 18 anni, seguita da Giorgio Gori, il decano dell’organizzazione dei corsi per il salvamento, consegue il brevetto di Salvataggio. Nel 1980, quando Roberta si presenta alla Cooperativa bagnini per l’assegnazione della zona dove effettuare il servizio, si trova davanti all’imbarazzo dell’impiegato che si aspettava di trovarsi davanti un Roberto, impuntando la declinazione del nome al femminile ad un errore di trascrizione. Assegnata quindi al Bagno n. 1 il primo giorno di servizio, il bagnino, anch’esso munito del brevetto di Salvataggio, l’accoglie bene, anzi una volta consegnategli remi, salvagente e mostrato il moscone, volendola ulteriormente rassicurare si lascia andare all’esclamazione “Vai tranquilla che dove non arrivi te arrivo io!” Evidentemente espressa in tono paterno e con benevole intenzioni, tradisce comunque una certa ritrosia a riconoscere ad una donna la capacità di svolgere un lavoro normalmente considerato maschile, anche se per esercitarlo Roberta ha dovuto affrontare un corso teorico-pratico tutt’altro che semplice, anche dal punto di vista fisico. E qui bisogna riconoscere che la componente muscolare, in un lavoro come il servizio di salvataggio, non è assolutamente trascurabile, soprattutto perchè il moscone di servizio può arrivare a pesare oltre i 110 kg e vogare con mare mosso è tutt’altro che una passeggiata.
Roberta ci racconta ancora che all’inizio l’integrazione coi colleghi non è stata facile, veniva vista un po’ come un’intrusa e si è dovuta guadagnare il suo posto con i fatti. Tuttavia, a parte qualche isolato caso dove la goliardia ha sconfinato un po’ e qualche gavettone ferragostano effettuato con un po’ troppa cattiveria l’esperienza è stata senz’altro più che positiva. Roberta ci racconta ancora un altro episodio che testimonia sempre lo stupore di trovarsi una donna a svolgere un lavoro tradizionalmente maschile, fu quella volta che dovendo sostituire un collega in un altro Bagno, pur indossando la maglietta d’ordinanza si è vista rincorrere dal titolare dello stabilimento perché sospettata di essere una ladra dei remi e del salvagente che aveva appena prelevato per dirigersi alla sua postazione. Il primo salvataggio effettuato da Roberta fu un “classico”: le toccò soccorrere un turista tedesco che si avventurò in acqua dopo aver abbondantemente abusato della buona cucina romagnola.
Questo 40 anni fa, ma oggi? Ci risponde Andrea Manduchi, referente dell’Associazione Marinai di salvataggio della Provincia di Rimini: “Oggi Sui 33 km di costa della Provincia di Rimini da Bellaria a Cattolica sono in servizio circa 300 marinai di Salvataggio mentre sui 16 km di costa del Comune di Rimini sono 90, di questi 4 sono donne. Tutti, uomini e donne, sono seri professionisti ed è grazie a loro che i bagnanti possono trascorrere in sicurezza e serenità i loro bagni”. Prima di salutarci a Roberta chiediamo un’ultima cosa che ci solletica la curiosità, lo stipendio della prima stagione come lo ha impiegato? La risposta non ci ha affatto stupito: “mi sono comprata una moto, una Yamaha 600 Tenerè, con la quale ho scorrazzato in lungo e in largo con gli amici”. Le scelta di Roberta non sono mai state scontate, infatti a metà anni ’80 entra nella Polizia di Stato (bisogna sapere che è solo dal 1981 che esiste il corpo unificato, prima esisteva il Corpo femminile con incarichi specifici), frequenta la scuola di Polizia a Senigallia e quindi viene destinata alla Questura di Bologna, dove conosce il marito, anch’esso riminese. Successivamente viene assegnata all’aeroporto di Rimini dove concluderà la propria carriera lavorativa con il grado di assistente capo coordinatore.
Oggi Roberta è mamma di tre figli e giovanissima nonna di un nipotino ed in attesa del secondo.
Auguri Roberta!