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15 settembre 1944 – Gemmano “Cassino dell’Adriatico”


15 Settembre 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO

Il 15 settembre 1944 si conclude la cosiddetta “battaglia di Gemmano”, da Amedeo Montemaggi definita “la Cassino dell’Adriatico”, una delle più sanguinose e distruttive fra quelle combattute sulla Linea Gotica.

Gli Alleati dell’Ottava Armata per sloggiare i Tedeschi che si erano annidati sulla strategica altura di Gemmano dovettero sferrare ben quattro assalti. Finalmente, i reparti indiani riuscirono a entrare fra le macerie del paese al sorgere dell’alba del 15 settembre, ma i Tedeschi avevano già evacuato le loro posizioni al calar della notte precedente e da quel momento i combattimenti erano praticamente cessati.

Ecco come sette anni fa il sindaco di Gemmano, Riziero Santi, aveva rievocato quei giorni:

Tutto ebbe inizio nel Gennaio di un anno prima, quando il Primo Ministro britannico, Winston Churchill, e il Presidente degli Stati Uniti, Franklin D. Roosevelt, si incontrarono a Casablanca (Marocco) e decisero che la guerra, nella quale Benito Mussolini, dopo una iniziale neutralità, decise di trascinare l’Italia, sarebbe terminata solo con la resa incondizionata delle nazioni nemiche: Germania, Italia e Giappone. E che terminata la battaglia in corso in Africa settentrionale l’attacco degli alleati all’Europa sotto il controllo di nazisti e fascisti  sarebbe iniziato dall’Italia.

La guerra in Tunisia terminò i primi di maggio, con la resa delle armate italo-tedesche, ed il 10 luglio 1943 gli alleati sbarcarono in Sicilia. In quei giorni il Consiglio del Fascismo si ribella a Mussolini ed il mRe Vittorio Emanuele III nomina Pietro Badoglio nuovo capo del Governo al quale le opposizioni, nel frattempo uscite dalla clandestinità, chiedono di porre fine alla guerra a fianco della Germania. Mentre Mussolini viene arrestato, per essere detenut prima a Ventotene e poi incomprensibilmente sul Gran Sasso – invece che nella più vicina e sicura isola della Maddalena come si era in primo temp ipotizzato – dopo settimane convulse in cui Re e capo del governo italiano spiccano per spregiudicatezza e doppiogiochismo, il rappresentante di Badoglio firma l’Armistizio che sancisce la resa dell’Italia agli anglo-americani. È l’8 settembre 1943.

I Tedeschi hanno però da tempo mangiato la foglia e sono pronti a rispondere al voltafaccia italiano. Con la fulminea operazione Alarico (nell’ambito dell’operazione Achse), pianificata fin dal maggio 1943, la Wehrmacht occupa l’Italia centro-settentrionale con 17 divisioni e con altre 23 i vasti territori occupati dalle forze italiane nei Balcani, nell’Egeo e nella Francia meridionale. Le 60 divisioni italiane sono disarmate e catturate il più delle volte senza colpo ferire; negli sporadici episodi di resistenza ci sono comunque 20 mila morti italiani, mentre i prigionieri sono 800 mila.

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Soldati italiani allo sbando dopo l’armistizio dell’8 settembre

E’ il “tutti a casa” o “la morte della Patria”. Contrariamente all’alleato tedeso, nessun negli stati maggiori ha elaborato un qualsiasi piano per far fronte agli eventi. Prive di ordini e con la famiglia reale che prima di tutto pensa a fuggire da Roma per raggiungere il territorio occupato dagli Anglo-Americani, la maggior parte delle forze armate si sbanda. Ciascuno è posto di fronte a drammatici dilemmi: Re o Mussolini? Dire basta alla guerra o continuare, e cn chi? L’Italia centro-settentrionale, da quel momento, si trasforma per circa venti mesi in un campo di battaglia tra le forze tedesche, solidamente schierate a difesa su linee fortificate successive, e le truppe alleate sbarcate a Salerno lo stesso giorno nel quale fu viene reso pubblico l’armistizio italiano.

 

Dalla resa scaturisce da una parte la lotta di Resistenza antifascista e antitedesca, e dall’altra la reazione di Mussolini che, liberato dai paracadutisti tedeschi sul Gran Sasso, costituisce la Repubblica Italiana Sociale, che vorrebbe governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi.

La battaglia in Italia diventa molto particolare perché gli alleati sono sbarcati troppo in basso per conquistare la penisola, dovendola quindi risalire per centinaia di chilometri, attraversando gli Appennini. Questo percorso miete centinaia di migliaia di vittime con battaglie molto cruente e distruttive come quella di Cassino.

Nell’estate del 1944 emergono profonde divisioni fra Roosevelt e Churchill; quest’ultimo vorrebbe affrettare la guerra in Italia per portarsi nei Balcani in funzione antisovietica. Roosevelt è contrario, rinuncia ad inseguire i tedeschi sconfitti e punta sull’offensiva in Francia.

Churchill, sempre più furibondo con Roosevelt, pianifica una battaglia decisiva sulla Linea Gotica per “stritolare” l’esercito tedesco con una manovra a tenaglia. Il primo assalto sul Foglia ha successo. Poi le cose cambiano. Anche perchè l’impegno degli Americani sul versante tirrenico non è lontanamente paragonabile a quello dell’ 8a armata su quello adriatico.

Il suo comandante, il generale inglese Oliver Leese, riteneva che, data la debolezza della sua fanteria, il combattimento in montagna e in zone impervie potesse essere letale, mentre la superiorità, per uomini e mezzi, in tutti gli altri settori di combattimento potesse farli prevalere in zone più facilmente accessibili dai mezzi corazzati e dall’artiglieria. Inoltre, mentre l’8a Armata attaccava sulla costa adriatica, la 5a Armata americana avrebbe attaccato al centro, impedendo ai tedeschi di correre in aiuto.

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L’avanzata dell’8a Armata contro la Linea Gotica lungo il Foglia

Il comando germanico non si attendeva un attacco nel settore adriatico. Cosicchè nella notte del 25 agosto 1944 i polacchi sulla costa, i canadesi al centro e gli inglesi e gli indiani sulla sinistra, superarono il Metauro. Ci sono anche truppe italiane: sono quelle della Brigata Maiella, formatasi spontaneamente per liberare i territori molisani da Tedeschi e che poi seguì l’avanzata allata. I tedeschi furono colti di sorpresa dall’imponenza spaventosa dell’artiglieria alleata e non opposero resistenza. Inizialmente, quindi, tutto corrispose alle ottimistiche aspettative degli alleati.

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Soldati inglesi sul fronte della Linea Gotica

L’offensiva si arenò invece in quella che avrebbe dovuto essere la fase più facile, e cioè l’avanzata fra Cattolica e Rimini. Gli alleati non tennero conto della particolare conformazione del terreno, impraticabile a seguito di fitte piogge e attraversato da filari e fossi, luoghi di facile nascondiglio per i cannoni anticarro e di soldati tedeschi armati di “panzerfaust”, l’arma controcarro di cui disponevano all’incirca equivalente al bazooka americano e il piat inglese.

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Un cingolato inglese colpito da una granata anticarro tedesca

La divisione corazzata alleata subì inaspettatamente l’impatto contro entrambe questi ostacoli. Poi la sera fra il 3 e il 4 settembre 1944 una pioggia torrenziale, che fece esondare il Conca, ostacolò ulteriormente i già difficili movimenti delle forze corazzate, tanto da costringere Leese a sospendere l’attacco generale, mentre doveva proseguire l’assalto della 56a Divisione su CroceGemmano per saggiarne la resistenza.

Italien, Soldaten an Vierlingsflak

Soldati tedeschi e italiani in una postazione lungo la Linea Gotica. San Marino è sullo sfondo

A Gemmano gli inglesi si trovarono di fronte ad una delle più aspre prove di tutta la battaglia di sfondamento della Linea Gotica. Al loro arrivo si scatenò l’inferno. Prima il 6 settembre e poi l’8. Resistettero fino a tutto il 9 settembre e poi vennero respinti. Il 10 settembre la 46a Divisione britannica rilevò la 56a e riprese l’attacco. Gli inglesi raggiunsero così la punta più alta, ma nella notte ne furono ancora una volta respinti e la maggior parte del promontorio restò in mano tedesca.

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Zollara, teatro di feroci scontri

Il 13 settembre anche la 46a divisione britannica fu ritirata e il compito di conquistare Zollara di Gemmano fu affidato alla 4a Divisione indiana, mentre gli inglesi furono spostati per riprendere gli attacchi dal crinale di Coriano.

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La mappa dell’assalto decisivo a Gemanno

Quando il generale Kesserling, informato da Von Vietinghoff, si rese conto della debacle delle truppe tedesche, ordinò l’abbandono del costone di Gemmano, e quando la mattina del 15 settembre i reparti indiani mossero all’attacco decisivo, non trovarono che “silenzio e fetore”. Novecento  tedeschi e alcune centinaia di inglesi morti giacevano ovunque tra le macerie del paese distrutto e sulle colline terribilmente contese.

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Cosa restava di Gemmano dopo i combattimenti

Il 30 settembre 2016, al mattino, a Gemmano si svolse la commemorazione della Battaglia alla presenza del Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, del Prefetto di Rimini, delle autorità civili e militari e delle scolaresche del comprensorio di Morciano di Romagna. L’Amministrazione comunale, con la sponsorizzazione della ditta Rovelli di Montefiore Conca, dedicò per l’occasione, a ricordo della battaglia, una mostra di gigantografie dell’epoca esposte sulle pareti delle mura del centro storico.

Riziero Santi