25 ottobre 1805 – A Rimini si restaura il Tempietto di S. Antonio
25 Ottobre 2023 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Nel 1805, come scrive Carlo Tonini, «Nello stesso mese di ottobre fu restaurato il Tempietto di S.Antonio in piazza per opera dell’Ingegnere Alessandro Casini, e dentro in due quadri vi furono dipinti i due celebri miracoli del Santo dal valente pittore riminese Marco Capizucchi».
Il Tempietto di S. Antonio, o “la Cappelletta”, come ogni riminese sa, commemora il “miracolo della mula”, un prodigio eucaristico che si sarebbe verificato nel 1223. Sant’Antonio “da Padova”, ovvero Fernando Martins de Bulhões nato a Lisbona nel 1195, fu detto in vita “Antonio da Forlì”, dove per la prima volta aveva predicato da francescano. Si trovava a Rimini, covo di eretici patarini, per dimostrare la reale presenza di Gesù nell’Eucaristia: il che gli eretici negavano. Era nell’antico foro romano, la “piazza delle erbe”, quando un noto patarino, ricco mercante di nome Bonvillo (o Bonovillo), gli avrebbe detto: «Frate! Te lo dico davanti a tutti: crederò nell’Eucaristia se la mia mula, che terrò digiuna per tre giorni, mangerà l’Ostia che gli offrirai tu piuttosto che la biada che gli darò io».
L’eretico avrebbe organizzato la “sfida” in questo modo: avrebbe tenuto chiusa per tre giorni nella stalla la sua mula senza darle da mangiare, poi l’avrebbe portata in piazza, mettendole davanti della biada. Contemporaneamente il santo avrebbe dovuto mettere l’ostia di fronte alla mula: se l’animale avesse trascurato il foraggio per inginocchiarsi dinanzi alla particola, Bonvillo avrebbe creduto.
Nel giorno convenuto, il futuro santo, dopo aver celebrato la Messa, recò in processione l’ostia consacrata nella piazza e, giunto davanti alla mula, avrebbe detto: «In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione».
Come Antonio ebbe finito di parlare, la mula, lasciando da parte il fieno, si sarebbe veramente avvicinata e inginocchiata, tra lo stupore e la commozione dei presenti, e l’eretico si sarebbe convertito.
Il tempietto di S. Antonio fu costruito fra il 1518 e il 1530 per volontà di Pietro di Guido Ricciardelli. In forma ottagonale, racchiude tutt’ora la colonna posta nel 1370 a ricordo del miracolo. Tanto è aggraziato nelle sue forme, che per molto tempo si è voluto attribuirlo al Bramante, o a qualcuno della sua scuola; e c’è perfino chi ha favoleggiato un’ispirazione a presunti disegni di Leon Battista Alberti, in particolare a quelli per la “lucerna” della cupola che avrebbe dovuto completare il Tempio Malatestiano.
Il tempietto fu in parte distrutto dal terremoto del 1672 e subito ricostruito nel 1683. Il restauro di un edificio religioso nel 1805, in piena epoca napoleonica, non deve stupire: l’ex giacobino Bonaparte era adesso imperatore e faceva celebrare le sue vittorie con solenni Te Deum nelle chiese.
Sant’Antonio da Padova è tutt’ora uno dei Santi più venerati al mondo. Su otto dei suoi più celebri miracoli compiuti in vita, due sarebbero avvenuti a Rimini e sono stati ampiamente raffigurati ai quattro angoli del pianeta. Infatti, prima della mula vi furono i pesci, quando Antonio, ignorato dai Riminesi in balia dell’eresia, si sarebbe rivolto al mare predicando dalla palata del porto. Tutti i pesci vennero allora a galla per ascoltarlo, eccetto alcuni rimasti tenacemente sul fondale: da allora sarebbero stati chiamati paganelli.
Anche questo miracolo fu commemorato con un oratorio eretto sul punto dove sarebbe accaduto: sulla riva destra del porto canale, nel Borgo Marina. Per secoli fu luogo di venerazione per gente di mare e viaggiatori, oggetto di numerosi ingrandimenti e abbellimenti, finché fu raso al suolo durante la seconda guerra mondiale dalle truppe tedesche per “esigenze difensive”. Il luogo oggi è ricordato da una lapide presso l’incrocio fra viale Perseo e via Destra del Porto.
Il miracolo della mula è comunque da sempre ancora più famoso, tanto che qualcuno ha cercato di appropriarsene: come la città di Tolosa, dove Antonio predicò contro gli eretici Albigesi nel 1224; le tradizioni municipali affermano che lì fu un mulo maschio ad inginocchiarsi di fronte all’ostia; ma si tratta di un plagio evidente che la Chiesa non riconosce.