10 novembre 1614 – Borgo San Giuliano sommerso dalla fiumana e abbandonato
10 Novembre 2024 / ALMANACCO QUOTIDIANO
Scrive Carlo Tonini: «Il nostro mons. Villani ci ha lasciato memoria che nello stesso anno 1614, e precisamente il 10 novembre, cadde in Rimini una sì copiosa e straordinaria pioggia, che non mai era stata eguagliata non che vinta da altra».
Ieri come oggi, i cronisti tendono all’esagerazione. Però, al netto delle dotte citazioni classiche, le descrizioni che ci sono giunte disegnano un quadro davvero catastrofico: «I fiumi della Conca, dell’Aprusa (l’Ausa), della Marecchia e del Rubicone essersi tanto innalzati sopra il letto loro naturale, e aver si fattamente allagate le circostanti campagnije, da potersi a quella alluvione ottimamente applicare i versi della Metamorfosi d’Ovidio, ne’ quali è si vivamente descritto il diluvio di Deucalione e di Pirra. E quindi il sobborgo di S. Giuliano essersi dovuto dagli abitatori abbandonare, facendo quasi luogo ai pesci, che colle irrompenti acque vi entrarono».
Pesci che entrano in città e barche che ne sono spazzate via: «Le navi essere siate trasportate dall’impeto della fiumana fuori del porto, ed ivi conquassate e sommerse: e molto maggiore essere stata la strage e la mina nel mare, essendo periti molti nocchieri e remiganti».
Se sul mare è tragedia, in campagna non va meglio: «Alcuni poderi poi fra la Marecchia e il Rubicone essere rimasti lungo tempo infecondi per le arene e pel luto che aveanli ricoperti».
Si deve poi mettere mano a una difficile ricostruzione: «Anche dagli Atti del Consiglio si apprende quanto grande fosse e quanto gran danno apportasse quell’alluvione, perocché si dovettero soccorrere i poveri borghigiani di S. Giuliano; e a curare le riparazioni e il nettamento del borgo furono eletti il cav. Cesare Clementini, Gio. Battista Agolanti e Giovanni Balestra».
Cesare Clementini che per primo stava allora scrivendo la storia di Rimini e andava annotando quante altre volte un disastro simile non poteva immaginare quello che stava accadendo.
E cioè che si era nel pieno della “piccola glaciazione”, un cambiamento climatico che fra XVI e XVIII secolo portò in Europa una diminuzione delle temperature e ripetuti eventi catastrofici, con il loro consueto corredo di carestie ed epidemie.
(Nell’immagine di apertura, “Deucalione e Pirra”, ceramica di pesarese Girolamo di Lanfranco dalle Gabicce, XVI sec.)