HomeEconomia e LavoroUna guida ai bonus per anziani malati e non

L’11% della popolazione Italiana può essere considerata anziana


Una guida ai bonus per anziani malati e non


19 Giugno 2023 / Redazione

Secondo i dati ISTAT circa l’11% della popolazione Italiana può essere considerata anziana; parliamo quindi di una fascia della popolazione piuttosto interessante specie dal punto di vista numerico. Oltre sette milioni di persone che spesso si ritrovano a combattere con una salute precaria o con l’impossibilità di sostenere determinate spese a causa della pensione sociale insufficente.

 

Per ovviare a questi problemi, sempre secondo l’assetto supportivo e assistenzialista del nostro stato, esistono tutta una pletora di possibili strumenti da utilizzare in questi contesti. Purtroppo chiunque conosce lo stato Italiano sa bene del caos burocratico esistente, motivo per cui con questo articolo puntiamo a realizzare una guida essenziale e leggibile a quelli che sono i più importanti bonus sfruttabili da chi è anziano e cittadino Italiano.

 

Che cos’è la carta acquisti?

pastedGraphic.png

 

Partiamo da uno dei bonus più noti tra quelli in circolazione: la carta acquisti. Questa è una carta di pagamento elettronica realizzata da Poste Italiane che ogni 2 mesi viene ricaricata dallo stato con la somma di 80 euro.

 

Questi soldi possono essere spesi solamente all’interno di tre contesti diversi: pagamento degli alimenti, pagamento delle medicine e pagamento delle bollette (anche se quest’ultimo vale soltanto per i negozi convenzionati che permettono tale pratica).

 

La carta acquisti è uno strumento di sostegno economico dal valore mensile di 40 euro che viene dato a 2 categorie di persone: cittadini che hanno raggiunto l’età di 65 anni e i genitori con figli dall’età minore di 3 anni.

 

Spiegare la procedura in maniera precisa in questa sede non è conveniente, per questa informazione e molte altre altrettanto utili vi rimandiamo a ProcedureAmministrative.it.

 

Che cos’è l’assegno di assistenza personale continuativa?

pastedGraphic_1.png

 

Invecchiando, per forza di cose, aumentano i problemi di salute e aumentano le possibilità d’insorgenza delle condizioni per la quale ricevere assistenza personale continuativa. Poiché questo tipo di trattamento è molto costoso lo stato ha realizzato un sistema attraverso cui offrire un assegno attraverso cui coprire le spese.

 

L’assegno di assistenza personale continuativa è quindi una prestazione economica che rappresenta un sostegno concreto per coloro che hanno subito un infortunio sul lavoro o una malattia professionale, queste ultime molto più probabili con l’avanzare dell’età.

 

L’elenco delle lesioni che portano a poter ottenere questo genere di assegno varia in base alla data dell’infortunio; prima e dopo il 31 Dicembre 2006 esistono 2 liste completamente diverse

 

L’entità dell’assegno varia di anno in anno, adattandosi al costo della vita (che per definizione è mutevole). Per il 2023 l’ammontare dell’assegno è pari a 585,51 euro al mese e viene corrisposto soltanto per un periodo limitato; quest’ultimo viene definito dalla commissione che sceglie in base alla gravità delle lesioni o alla malattia professionale subita. 

 

Che cos’è l’assegno sociale?

Con il termine assegno sociale si definisce il sostituto di quella che una volta era la vecchia pensione sociale erogata dall’INPS. Parliamo quindi una misura assistenziale sotto forma di contributo economico mensile per le persone bisognose erogato per 13 mensilità.

 

A differenza della pensione di cittadinanza, l’assegno sociale viene erogato soltanto a chi presenta un documento che attesti la situazione reddituale della famiglia; i requisiti per poter accedere a questa soluzione, in sostanza, risultano essere decisamente meno rigidi.

 

Per poter accedere all’assegno sociale è necessario avere almeno 67 anni e avere un reddito uguale o inferiore ai limiti reddituali che annualmente vengono definiti dalla legge; al 2023 per i singoli non sposati parliamo di 6.542,51 euro mentre per i nuclei familiari coniugati parliamo di 13.085,02euro.

 

Il valore di questo assegno non è immutabile ma subisce annualmente un ricalcolo in base all’aumento dei prezzi di consumo monitorati dall’ISTAT e dall’inflazione. Per il 2023 l’importo dell’assegno è di 503,27 €, cifra che scende se il beneficiario viene ricoverato all’interno di un istituto le cui rette sono pagate dallo stato o da altri enti pubblici.

 

Che cos’è e come funziona l’integrazione al trattamento minimo

pastedGraphic_2.png

 

Nel 1983 è nata una delle misure più nobili dell ostato Italiano ovvero l’integrazione al trattamento minimo. Questo è un sostegno previdenziale pensato per garantire ai pensionati che con l’importo della stessa non raggiungono un reddito minimo, il necessario per arrivare a tale soglia.

 

La soglia in questione viene definita annualmente dallo stato e attraverso l’integrazione lo stato non fa altro che cercare di integrare il valore della pensione affrontando gli aumenti del costo della vita e l’inflazione. 

 

Una caratteristica molto apprezzata di questo tipo di sostegno è che è percepibile in maniera del tutto automatica. Se il pensionato è in possesso dei requisiti contributivi l’integrazione si aggiunge alla pensione in maniera automatica.

 

Non tutte le pensioni sono però integrabili con questa misura, bensì soltanto quelle derivanti dal sistema retributivo o dal sistema misto. Tutte le pensioni che derivano da contributi versati dopo il 31 Dicembre 1995 (legati quindi al sistema contributivo) non possono usufruire di questa integrazione.

 

Calcolare il valore dell’integrazione al trattamento minimo non è facile: è necessario considerare soltanto i redditi assoggettabili all’IRPEF e vanno esclusi i trattamenti di fine rapporto, il reddito della casa di abitazione, l’importo della pensione da integrare e i redditi derivanti da competenze arretrate.

 

I limiti da rispettare inoltre variano, come abbiamo già visto per l’assegno sociale, in base al tipo di nucleo familiare: c’è un limite reddituale individuale e un limite reddituale di coppia.

 

Se il pensionato è celibe, nubile o separato il reddito massimo per cui si può ottenere l’integrazione è pari a 7.328,62 euro; se il reddito supera quella cifra ma è inferiore a 14.657,24 euro l’integrazione sarà parziale. Se il pensionato è invece sposato è necessario tenere in considerazione il reddito della coppia, facendo però distinzioni relative all’anno di pensionamento.

 

Per chi ha iniziato a percepire la pensione dopo il 1994 è necessario soddisfare 2 condizioni: avere un reddito individuale non superiore a 14.657,24 euro e avere un reddito coniugale che non supera di 4 volte il valore del trattamento minimo nell’anno di riferimento ( nel 2023 questo è stato uguale a 29.314,48 euro).

 

Per chi ha iniziato a percepire la pensione nel 1994 il reddito coniugale non deve superare di 5 volte il valore del trattamento minimo dell’anno di riferimento; per chi invece ha percepito la pensione prima del 1994 deve preoccuparsi unicamente del limite derivante dal reddito indivuale.