Home___aperturaNon è un paese per poveri, però ritornano le province

Meno famiglie in vacanza, le accise sui carburanti non si toccano, tagli alla sanità e scuola in vista. E l'inflazione taglia gli stipendi


Non è un paese per poveri, però ritornano le province


20 Agosto 2023 / Maurizio Melucci

Crisi del turismo o crisi dell’economia

Inutile provarci. I numeri del turismo in questo periodo impazziscono. Giornate da bollino rosso e nero per il traffico, gli aeroporti presi d’assalto. La fila ai musei, le località balneari senza una camera a disposizione. Coldiretti che fornisce numeri tutti i giorni. Dove vanno in vacanza gli italiani, quanto spendono, quanta gente sulle strade (dai 10 ai 16 milioni di macchine, dipende dai Tg). Poi c’è l’anno della crisi. Non di tutto il turismo ,ma di quello balneare. Sta succedendo nel 2023. Le previsioni di inizio stagione sono lontane dalla realtà di luglio e agosto. Non c’è il tutto esaurito, si trovano camere per Ferragosto. Ed ora si inizia a discutere del perché. Avremo occasione di esaminare cosa succede al nostro turismo balneare. Tuttavia un dato è certo. Molti italiani non possono permettersi una vacanza estiva.

A concedersi quattro notti all’anno fuori casa, nel 1959 era un esiguo 11% dei cittadini; nel ’68 il numero era ben oltre il doppio. Segno che qualcosa cambiava anche nel tempo libero, dominio per secoli dei ceti abbienti: infatti si chiamava ancora “villeggiatura”, come quando le ferie, chi poteva, le trascorreva in villa. La vacanza diventa a portata di tasche della borghesia e perfino delle classi operaie. E’ l’inizio del turismo di massa. Da allora di strada ne è stata fatta. Tuttavia, rimane un dato. Ooggi ben oltre il 50% degli italiani non è in grado di andare in vacanza. La ragione dipende da fattori economici. Il Bel Paese estivo raccontato dai media è una rappresentazione ingannevole, poiché la maggior parte degli italiani non fa vacanze, semplicemente perchè non può pagarsele.

Basta che la percentuale di chi non è in grado di andare in vacanza aumenti di qualche punto (e sono milioni di italiani) ed ecco la crisi del turismo balneare. È il caso del 2023 (non solo l’unico motivo). Si dovrebbe riflettere su un dato. Una delle potenze economiche più importanti del mondo vede soltanto il 37,8% della popolazione fare almeno una vacanza nel periodo estivo (fonte Istat).

Paradossalmente, proprio mentre si sta cercando di trovare un equilibrio migliore tra tempo di vita e tempo di lavoro, il tutto rischia di vanificarsi per il rincaro del tempo libero.

In tutto questo la ministra del turismo Daniela Santanchè parla di leggera flessione per il mese di agosto. Evidentemente, nonostante il Twiga, non ha ben presente la situazione reale del turismo balneare.

La ministra del turismo Daniela Santanchè

La benzina sempre più cara.

Si guardano i prezzi medi della benzina in regione, si guardano le app che ti indicano i distributori di benzina con il pieno più conveniente. Sta di fatto che nella nostra provincia il prezzo medio della benzina è 1.971 €/l e il gasolio di 1.853 €/l. Le tasse o accise incidono in modo dirompente. Oltre un euro sulla benzina, per l’esattezza 1,061 euro, e 921 centesimi sul gasolio. Tra Iva al 22% e accise, la componente fiscale dei carburanti in Italia vale il 56,6% del prezzo della verde e il 51,8% del diesel ed è la più alta di tutta Europa: la più elevata in assoluto per il gasolio e la seconda per la Super, dove il nostro Paese è secondo dopo la Finlandia. Con le quotazioni di petrolio e prodotti raffinati che sono salite nelle prime due settimane di agosto anche i prezzi alla pompa sono aumentati. Il conto totale che gli italiani andranno a pagare a fronte dei rincari sarà di oltre 10,7 miliardi tra effetti diretti e indiretti, circa 417 euro all’anno per famiglia.

Il governo non ha nessuna intenzione di intervenire sulle accise. Le promesse degli anni passati, da Salvini a Meloni, svanite come tante altre. Ora sono entrate che servono per altre politiche di bilancio, come ha affermato il ministro Adolfo Urso. La verità è che le misure contro il caro carburanti varate in pompa magna dal governo Meloni si sono rivelate un buco nell’acqua. Alla fine pagano le categorie più povere, come sempre.

Il ministro Adolfo Urso

Salviamo la sanità

A breve il governo dovrà presentare il documento economico per la legge di bilancio 2024. Di risorse finanziarie ve ne sono poche. Anche in questa finanziaria le promesse elettorali non troveranno la luce. Non si abolirà la legge Fornero, non si estenderà a tutti la flat tax, non si alzeranno le pensioni minime a mille euro. Ma soprattutto sarà una manovra che affonderà nei tagli. Confermando l’austerity non dichiarata, ovvero il congelamento della spesa pubblica.

Significa  non solo niente soldi extra per sanità, scuola e stipendi pubblici, ma un taglio secco del 10-11% vista l’inflazione galoppante. Una linea chiara: meno sanità pubblica e più sanità privata per chi può, meno scuola pubblica e più scuola privata per chi può. Inaccettabile. In particolare sulla sanità si rischia di mandare all’aria l’intero sistema. Per questa ragione fa bene il PD a mobilitarsi in molte regioni all’insegna dello slogan “La salute prima di tutto” per sostenere una proposta di legge nella quale si prevede che il finanziamento del fondo sanitario nazionale non possa scendere mai sotto il 7,5%, indipendentemente dal colore politico del governo. Sarebbe una svolta.

Il ritorno delle province

Tutte le forze politiche lo danno per certo. A breve, c’è chi dice 2024, si voterà per la presidenza delle province. Sono passati 9 anni dalla legge Delrio che costrinse gli amministratori delle Province a sdoppiarsi nel ruolo di sindaci e consiglieri comunali da una parte, di presidenti e consiglieri provinciali dall’altra. Il ripristino del voto diretto da parte dei cittadini previsto dalla proposta di legge del governo sanerà questa anomalia.

Premetto che sono sempre stato contrario all’abolizione delle province (prima ancora dell’abolizione dei consigli di quartiere). Ma allora non si poteva dire niente. Eravamo in pieno pensiero unico sulle riforme istituzionali all’insegna del spendere meno e soprattutto meno “poltrone”. Assurdità. Scrive oggi la Corte dei Conti nel documento inviato alla Commissione Affari Costituzionali del Senato sul ritorno all’elezione diretta delle Province: “L’abolizione delle Province ha prodotto solo inefficienze e un minimo risparmio. Dunque un loro ripristino e riorganizzazione viene considerato auspicabile”. Tuttavia penso che eleggere solo il presidente della provincia e i consiglieri senza rivedere l’assetto del governo locale sia ugualmente un errore. Occorre riconsiderare le funzioni fondamentali delle Province, a partire da quelle in materia di pianificazione territoriale, ambiente, edilizia scolastica, viabilità, raccolta ed elaborazione dati, assistenza agli enti locali, pari opportunità, già previste dalla legge. Altrimenti vi saranno presidenti eletti senza competenze e senza risorse finanziarie. Poi discuteremo delle candidature, nel merito. Oggi mi pare tutto ancora molto prematuro. Anzi non vorrei che fosse l’ennesimo diversivo del centrodestra per fare parle d’altro rispetto ad una situazione economica sempre più pesante.

Il vice premier Matteo Salvini

Maurizio Melucci