Home___primopianoIl presidente della Coop pescatori di Rimini: “Belli i delfini? Macchè, fanno danni e sono buoni da mangiare”

Giancarlo Cevoli intervistato dal Corriere di Romagna: "Non condivido questo ambientalismo, una voltà c'era un premio per chi li catturava"


Il presidente della Coop pescatori di Rimini: “Belli i delfini? Macchè, fanno danni e sono buoni da mangiare”


28 Agosto 2023 / Redazione

Scrivevano Gianni Quandamatteo, Luigi Pasquini e Marcello Caminiti (“Mangiari di Romagna” – 1975): “Il delfino è un pesce (sic!) intelligente e – sotto un certo punto di vista – anche amabile. Si racconta di delfini femmine, che hanno seguito per notti intere, emettendo dolorosi lamenti, l’imbarcazione dov’era il corpo del piccolo catturato, sì che i pescatori hanno dovuto uccidere anche la madre”. E ancora: “Ma il delfino – che in America si ammaestra a giochi acquatici – è anche un temibile nemico delle reti dei pescatori. In tutte le marinerie modernesono in vigore premi per ogni esemplare ucciso di uesto predone del mare”. Il tutto quali note a piè di pagine della ricetta “Il delfino alla Raoul”: “Ai non abituati, la carne sanguinolenta del delfini fa indubbiamente impressione. Ma, superata questa remora, si riconoscerà la succulenza del piatto descritto”. La marineria romagnola non era l’unica a mangiare delfini: la carne, soprattutto essiccata in forme di musciame, era apprezzata anche in Liguria, Sardegna e Toscana. In alcuni villaggi del Giappone si prepara sashimi di delfino, nonostante l’altissima mortalità che provoca: il cetaceo infatti accumula mercurio in quantità prodigiose e nutrirsene vene giudicato estrememente pericoloso.

Cose d’altri tempi, si crederà. In Italia il delfino è una specie protetta da decenni, non è previsto alcun premio per chi lo cattura e anzi la sua uccisione è rigorosamente proibita. Tuttavia Giancarlo Cevoli, presidente della Cooperativa Lavoratori del mare di Rimini, non solo rimpiange i vecchi tempi, ma non condivide affatto la simpatia che i tursiopi raccolgono ad ogni loro apparizione dalla nostre parti, quest’anno frequentemente immortalate da video girati anche a poca distanza dalla costa.

Dice Cevoli intervistato da Enea Abati per il Corriere di Romagna: «Ma quale spettacolo? Delfini e tonni stanno facendo sparire il pesce azzurro: per noi pescatori rappresentano un danno enorme». E sulle ricette a base di delfino: «Una grande ipocrisia, come per i coniglietti e gli agnellini. Il delfino è commestibile ed è molto buono, prelibato. Come la mucca o il maiale, la ricciola o la cernia: che differenza fa? Non condivido questo ambientalismo. I delfini sono sempre più numerosi e portano via tutto il pesce».

Secondo Cevoli non è giust nemmeno riconoscere al cetaceo lo status di specie protetta: «Non condivido. Fino al 1947 lo Stato riconosceva una premialità ai pescatori che catturavano un delfino perché era estremamente dannoso per la pesca. Seguivano le reti, all’epoca di cotone, e le bucavano. Quando le reti venivano issate non c’era più niente. Ora sono di nylon e fanno più fatica ma in compenso, adesso che sono tantissimi, si nutrono del pesce azzurro, alici e sardine, che infatti si pescano sempre meno, tanto che le volanti sono quasi sparite». Secondo il presidente della Cooperativa il pesce azzurro è sparito anche per colpa dei delfini. «A Rimini ce n’erano quattro coppie e sono sparite. A Cesenatico pure. A Cattolica ne è rimasta una. Se ci sono meno barche ma si trova sempre meno pesce azzurro significa che qualcuno lo fa sparire».

I tonni invece si pssono pescare, ma troppo poco: «I delfini sono protetti, mentre i tonni, che se pesano un quintale arrivano a mangiare anche 20 chili di sardine al giorno, possono essere pescati soltanto da chi detiene le quote; in Italia si tratta di una dozzina di imprese. Noi non possiamo, se non per periodi brevissimi. Un sistema come minimo discutibile». Quindi ormai fra tonni e delfini sono troppi: «I delfini arrivano persino a entrare nei porti. Addirittura, per pescare i granchi blu, si spingono fin dentro le lagune, nei canali che collegano il mare, nella sacca di Goro».