HomePoliticaRimini, FLC-CGIL: “Dietro al Decreto Caivano il fallimento nei confronti delle nuove generazioni”

"Un Governo scollegato dalla realtà, l'inasprimento delle pene non serve"


Rimini, FLC-CGIL: “Dietro al Decreto Caivano il fallimento nei confronti delle nuove generazioni”


13 Settembre 2023 / Redazione

FLC-CGIL Rimini intervengono sulle tematiche della scuola e del contrasto al disagio giovanile affermando che “dietro al Decreto “Caivano” si cela il fallimento dell’intera società nei confronti delle nuove generazioni”.

FLC-CGIL Rimini: “L’inasprimento delle pene imposto nel Decreto dello scorso 7 settembre non serve. Il Governo nell’annunciare le misure poste a contrasto del disagio e della criminalità giovanile, sottolinea l’esigenza d’introdurre meccanismi dissuasivi dal delinquere. La Garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti lo scorso 6 settembre ha autorevolmente e tempestivamente affermato che: “da un lato, infatti, si deve prevenire la commissione dei reati, dall’altro vanno valorizzati, quali finalità principali del sistema, il recupero del minorenne e l’attenzione alla vittima.”. La Garante inoltre, nella sua nota pubblicata sul sito dell’Autorità, ha ricordato come non si possa non tenere in considerazione che esiste una specificità degli interventi quando sono destinati a persone che sono in crescita e la cui personalità è ancora in formazione. E’ proprio a partire da queste considerazioni che si può ritenere non solo inutile, ma dannoso, inasprire le pene verso minorenni che a questo punto – come noto – non troveranno alcun percorso di reinserimento sociale negli istituti di pena, ma piuttosto il rischio è di cristallizzare le stesse caratteristiche che li hanno portati a delinquere. Nell’attuale sistema penale italiano di rieducativo non c’è quasi nulla e a nulla valgono le scarse misure di recupero del minore richiamate nel Decreto in oggetto.

Scuola panacea di tutti mali? – E veniamo alla scuola, l’istituzione richiamata in tutte le salse di fronte ad ogni emergenza sociale. Poiché su questo tema occorrerebbe un trattato basti ricordare che, come tutte le istituzioni, la scuola non è che una “scatola vuota” se non animata dalle persone. Allora l’attenzione non dovrebbe essere posta ai decreti che regolano, a seconda delle emergenze, i meccanismi di funzionamento o i contenuti dell’insegnamento, o quantomeno non solo. Prima e soprattutto l’attenzione andrebbe posta su quali persone abitano quella istituzione, come si formano, come si selezionano, quale supporto permanente alla professione si garantisce loro e quale riconoscimento sociale si costruisce intorno a quelle professionalità. Su questi aspetti non pare siano stati emessi decreti: non c’è emergenza.

Di quali famiglie si sta parlando? Un Governo scollegato dalla realtà – Certo non potevano mancare le pene per i genitori. Anche in questo caso appare evidente il totale scollamento con la realtà del Paese: i genitori, anche quando sono in due, sono da soli di fronte alle sfide educative che pone loro un figlio. Sono drammaticamente naufragate nell’individualismo imperante tutte le forme di educazione collettiva presenti un tempo e in grado di fare rete, esempio, stimolo e contenimento ai giovani. Condannare le famiglie è come sparare sulla Croce Rossa in guerra. Si è forse accorto il Governo che dopo le famiglie non c’è più nessuno? E’ al corrente il Governo che in Italia non riusciamo a dare un’accoglienza adeguata ai minori non accompagnati, ora maggiorenni per decreto? Chi si occuperà di ragazzi evidentemente “difficili” una volta tolta la patria potestà ai loro genitori? Sempre poi che questi genitori già non siano in carcere.

Dietro alla foglia di fico c’è, come sempre, una questione di classe – Ovviamente i problemi del disagio e della criminalità giovanili non sono uniformemente distribuiti nel nostro Paese. Modelli consumistici, realtà criminali, situazioni di devianza e debolezza delle istituzioni sono più acute in alcune realtà che in altre. Universalmente noto è poi che il disagio sociale si annida e prolifica in contesti di povertà economica e culturale. Altrettanto noto è poi che la Legge non è sempre uguale proprio per tutti: per chi è privo di mezzi anche le possibilità di avere un processo realmente equo o riduzioni di pena scemano notevolmente.

Dunque se hai la “fortuna” di nascere in una famiglia con caratteristiche di fragilità sociali (proprie o di contesto) la risposta dello Stato non è quella di offrirti una serie di servizi che possano orientare la tua vita verso una reale svolta e una prospettiva di futuro diverso, ma quella di assicurarti alla Giustizia. Con questo non significa che i colpevoli possano o debbano eludere la pena, la questione è sul tipo di pena e sul rapporto che quotidianamente lo Stato costruisce con i propri cittadini.

Una proposta realmente politica in tema educativo e pedagogico/sociale – Specularmente al “decreto sicurezza” di turno esisterebbero scelte più difficili, più impegnative, i cui risultati si potrebbero concretizzare nel tempo; scelte poco adatte a raccogliere facili consensi. Si potrebbero estendere gli asili nido e le scuole di infanzia a partire dai quartieri più difficili del nostro Paese. Si potrebbero potenziare  consultori che offrano percorsi strutturali di accompagnamento alla genitorialità dalla nascita all’adolescenza. Si potrebbe avviare una reale politica di tempo prolungato nelle scuole per assicurare l’inserimento dei bambini e dei giovani a più altro rischio in contesti educativi ove vi sia una reale presa in carico delle persone. Si potrebbero incentivare e sostenere le associazioni culturali, laiche e non, ad essere presenti e assidue nei quartieri più difficili, sostenere e diffondere il servizio civile nei luoghi di aggregazione. La lista potrebbe proseguire: risorse non mancherebbero, tenuto conto del livello di evasione fiscale che affligge l’Italia.

Si tratta, in conclusione, di scelte politiche.”