HomeLA LETTERAStefano Benaglia: “Sicurezza. Caro Diario, siamo la rana nella pentola e l’acqua è già piuttosto calda”

“La sinistra ha regalato il tema della sicurezza alle destre ignorando che proteggere i più deboli”


Stefano Benaglia: “Sicurezza. Caro Diario, siamo la rana nella pentola e l’acqua è già piuttosto calda”


16 Settembre 2023 / Redazione

Caro Diario, prima di scriverti il mio pensiero, vorrei mettere in chiaro con forza che sono a favore dei porti aperti e dell’accoglienza. È disumano lasciar morire le persone in mezzo al mare e il nostro girarci dall’altra parte equivarrebbe al silenzio dei tedeschi durante il nazismo, quando tutti sapevano e nessuno faceva nulla.

 

Me sarebbe menzognero negare che le nostre città, la nostra Rimini, viva un momento di enorme difficoltà dal punto di vista della sicurezza. L’elenco delle cose che non vanno, degli episodi spiacevoli e delle situazioni di degrado è talmente lungo che non voglio rifarlo qui, anche perché ne avevamo parlato la scorsa volta.

Ma quello che più mi colpisce è l’atteggiamento generale che tutti noi abbiamo ormai assimilato e fatto nostro: l’indifferenza.

È evidente come siamo ormai diventati ostaggio dei soprusi e pur di non trovare noie ci pieghiamo e adattiamo alla logica del più arrogante o dell’incivile. Abbiamo la certezza, ad esempio, che se un ragazzo fuma dove non dovrebbe e gli diciamo qualcosa, è quasi certo che saremo ricoperti di insulti o peggio. Se volessimo denunciare un crimine, la paura di ritorsioni ci frena a farlo e quindi il crimine rimane impunito. Questo perché esiste una percezione che non ci sia nessuno capace di proteggerci, né le forze dell’ordine né il nostro tessuto sociale. Siamo arrivati anche al punto di considerare normale le minacce e le angherie dei politici, perché abbiamo il terrore che possano usare le armi amministrative contro i nostri interessi personali.

 

Questa condizione è ormai endemica, la si vede sempre più nel nostro modo di vivere ed è una condizione talmente consolidata che permette ai più spregiudicati e arroganti di guadagnare posizioni e vantaggi. Ne risente la vita della comunità, schiacciata dal peso dell’indifferenza forzata dalla logica della sopravvivenza.

 

Sai caro Diario cosa mi rattrista di più? Che quando mi sono avvicinato alla politica e ho scoperto le idee e gli ideali della sinistra, che parlavano di giustizia sociale e di un mondo migliore per tutti, sono stato fregato.

 

Perché quei pensieri e quelle idee sono ancora dentro di me, ma questa sinistra li ha traditi brutalmente. La politica dell’inclusione a tutti i costi, ma lontano dai centri storici e dalle case che contano, ha ridotto le nostre periferie dei posti degradati trasformando realtà comunitarie vive e pulite in dormitori e zone di spaccio. Hanno regalato il tema della sicurezza alle destre ignorando che proteggere i più deboli e gli indifesi è l’idea fondante della sinistra europea.

 

Una ragazza che lavora fino alle 22 non deve essere terrorizzata di tornare a casa da sola, un ragazzino non può avere paura di andare a scuola e non è un mondo normale quello in cui una pensionata viene rapinata e picchiata all’uscita dell’ufficio postale. E purtroppo non si può parlar di sicurezza senza aprire il tema dell’immigrazione. Perché va detto chiaramente: si è rotto il patto sociale tra chi ospita e chi viene ospitato. Sarà vero sempre e per sempre, come dicevo in apertura, che salvare vite è tutto, ma la riconoscenza di averti accolto non può essere il pensiero di poter fare come ti pare, ignorando il posto in cui sei ospite. Un sistema di un’accoglienza che è fondamentalmente esente da obblighi verso la comunità che ti accoglie non aiuta ad una vera integrazione, ma solo ad una convivenza forzata con logiche che in democrazia non dovrebbero trovare spazio. Lasciare persone con 5 euro al giorno senza uno scopo personale o sociale serve solo a ghettizzare.

Lo scorso anno ho visitato Ellis Island. Un monumento all’immigrazione e un porto di speranza per oltre 12 milioni di immigrati. In quelle storie di famiglie distrutte e di tragedie personali c’era però sempre il desiderio di entrare in America e diventare americani.

Gli immigrati che superavano il controllo si sforzavano di diventare cittadini americani nel minor tempo possibile, di imparare lingua e far parte del tessuto economico e sociale della nazione che li aveva accolti. Oggi chi arriva nel nostro paese non ha questo sentimento, non vuole essere italiano e chi magari manifesta la volontà di esserlo è precluso da questa possibilità.

Il non avere un posto in questa società ti fa cedere anche alle tentazioni di una vita facile nell’illegalità e ti fa diventare preda delle organizzazioni criminali. E in tutto questo la politica ci sguazza, con le destre pronte alle inutili ronde e le sinistra con l’accoglienza a tutti i costi senza capire che il conto, salatissimo, è pagato da quelli che una volta ti votavano perché facevi gli interessi dei cittadini ed oggi pensano solo al benessere dei pochi. Sono i cittadini delle periferie che si trovano i finestrini delle macchine sfondati per rubare spicci e bagagli, con i furti in casa, con le aggressioni per strada, con gli spacciatori nel parco, con i figli minorenni sedotti da una vita alla Gomorra.

 

Vorrei che ci fosse una discussione seria su questo tema, che finalmente a Rimini si smettesse di dire che va tutto bene Madama la Marchese, perché come ti dicevo l’altra volta caro Diario, siamo la rana nella pentola e non so se te ne sei accorto, Diario mio, ma l’acqua è già piuttosto calda.

 

PS: nella foto Le Serre di Viserbella trasformate da posto di degrado ad angolo di paradiso.