Il romagnolo Adamo Guerra rovina la sua seconda vita per andare a votare: folle o eroe civico?
24 Settembre 2023 / Lia Celi
È un modo di dire così antiquato che non mi ricordo l’ultima volta che l’ho sentita usare da qualcuno, che probabilmente non doveva essere nemmeno giovanissimo: «andare a Patrasso», nel senso di morire. L’origine di questa bizzarra espressione viene per lo più rintracciata in una corruzione del latino “ire ad patres”, cioè raggiungere gli antenati nell’aldilà, ma pare anche ci possa essere un riferimento storico, l’orribile supplizio del provveditore veneziano Barbarigo caduto nelle mani dei turchi al termine di una battaglia avvenuta nel 1466 proprio davanti alla città greca di Patrasso, sulla costa occidentale del Peloponneso.
È andato davvero a Patrasso, dieci anni fa, il signor Adamo Guerra da Lugo, ma per fortuna solo in senso letterale: come ha documentato l’ultima puntata di Chi l’ha visto?, il fuggiasco è vivo e vegeto. Semplicemente, nel 2013 ha preso un traghetto per Patrasso, dopo aver inscenato il preludio di un gesto disperato, dalla struggente lettera d’addio in cui raccomandava agli amici moglie e figlia alla macchina abbandonata nel porto di Ancona. Suicidio presunto, aveva concluso la polizia, gettando nello sconforto la famiglia, convinta che Adamo fosse andato a Patrasso in senso figurato e tragicamente definitivo.
Mancava però la prova regina, un corpo, e così la moglie, dal quale peraltro era già separato, ha dovuto inoltrare una domanda di divorzio. E proprio dalle indagini per accertare se la signora poteva dirsi già vedova è saltato fuori che il marito non solo non era ito “ad patres”, ma viveva a Patrasso, e quel che rimpiangeva di più non erano le sue figliolette, ma il suo dovere civico di elettore, visto che nel febbraio 2022 aveva chiesto l’iscrizione nelle liste elettorali degli italiani all’estero.
Questo dettaglio mi ha indotto a pormi qualche domanda: davvero il nostro antieroe non immaginava le conseguenze di questa mossa, rovinosa per la seconda vita che si era costruito con tanta cura? Come ha potuto mandare tutto in fumo per riavere un diritto che qui in Italia è sempre meno apprezzato, a giudicare dalle percentuali di astenuti che si registrano a ogni tornata elettorale? Doveva tenerci davvero tanto a poter votare, Adamo Guerra. Ma perché?
Facciamo due conti: ha lasciato alla chetichella l’Italia nel 2013, anno elettorale che vide la vittoria della coalizione di centro-sinistra (con il Pd guidato da Pierluigi Bersani) e successivamente il governo Letta. Che l’esito di quel voto sia stata la ciliegina sulla torta di insoddisfazione che ha convinto il lughese a mollare tutto? Forse la mancata vittoria del centro-destra ancora a trazione berlusconiana è stata l’ultima, amara delusione? Sarebbero domande oziose in qualunque altro caso di scomparsa volontaria, ma non per quella di un tizio che decide di tradire l’incognito guadagnato con tanti sforzi e bugie perché non ce la fa più a stare senza votare.
Se la richiesta presentata all’Associazione Italiani Residenti all’Estero è stata accolta, probabilmente avrà già esercitato il suo diritto il 24 settembre dello scorso anno e forse ora pregustava di fare il bis alle Europee del prossimo anno, continuando nell’astensionismo come marito e padre (mai un pensiero in dieci anni per le figlie, una delle quali nel frattempo) ma non come elettore.
Al di là di come la si pensi su Adamo Guerra (mascalzone irresponsabile o avventuriero in fuga da una vita che gli andava stretta), la sua vicenda contiene una profonda morale, anche per chi non seguirebbe mai il suo esempio: l’unica cosa da non mandare mai a Patrasso (in senso metaforico) è la democrazia, a partire dal suo atto fondamentale, il voto, “personale ed eguale, libero e segreto”, come recita l’articolo 48 della Costituzione. Certi diritti fondamentali vanno protetti e conservati con cura, hai visto mai che un giorno ti svegli e non ci sono più. E a ritrovarli non ci riesce nemmeno Chi l’ha visto?
Lia Celi