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Termometro inchiodato ai 20 gradi, indumenti invernali invenduti e termosifoni spenti: chi aveva detto che il riscaldamento globale non esiste?


Torna l’ora solare ma il clima non lo sa


29 Ottobre 2023 / Lia Celi

Altro che zucca, per questo Halloween dalle temperature estive sarebbe molto più indicato il cocomero. Sono almeno due settimane che aspettiamo non dico il freddo, ma il freddino, quanto basta per convincerci a fare il cambio degli armadi, continuamente rimandato vista l’inutilità di vestiti pesanti. Niente da fare, il termometro resta incollato sui venti gradi, perfino la pioggia è tiepida, e quando finisce torna l’afa, con contorno di mosche, zanzare e, di notte dell’occasionale grillo. Così abiti e soprabiti restano nel cellofan, appesi nell’anta superiore del guardaroba, impazienti e annoiati come attori che vorrebbero entrare in scena e fare il loro numero, ma l’artista precedente è un gigione e monopolizza il palcoscenico e, anche se il pubblico mostra segni di insofferenza e qua e là si sente già qualche ”buuu”, non vuol saperne di salutare il pubblico e tornare in camerino.

C’è qualcuno che sta peggio dei nostri poveri indumenti autunnali che vorrebbero vivere finalmente il loro momento e ancora non possono: i colleghi che stanno da agosto nelle vetrine (giacche, cappotti, pullover) addosso ai manichini, tentando senza risultato di adescare i clienti. Ancora più infelici di loro sono, ovviamente, i negozianti del settore abbigliamento, che tra inflazione ed estate prolungata, in tutta Italia lamentano cali di vendite del 20-30 per cento e saranno costretti a scontare i capi invernali prima del tempo.

Forse però chi vende vestiti è appena un po’ meno avvilito di chi vende calzature, altro articolo che nessuno ha voglia di comprare perché quasi tutti portano ancora le scarpe da ginnastica, e parecchi (fra cui la sottoscritta) fino all’altro giorno girava con i sandali – normalmente nel nostro emisfero gli unici a portare i sandali a fine ottobre erano i frati.

Eppure nelle vetrine ci sono cappotti e parka, al mercato si vedono zucche e clementini, castagne e crisantemi, i panifici offrono la piada dei morti (offrono per modo di dire, costa come un cappotto di cashmere). Stanotte è pure tornata l’ora solare (anche qui, solare per modo di dire, il buio si inghiotte un pezzo di pomeriggio e tutti siamo più malinconici). La grande macchina della società umana, con i suoi ritmi e i suoi riti, procede come al solito, seguendo il calendario e non il clima reale.

Però mai come quest’anno possiamo toccare con mano (sudaticcia) che il riscaldamento globale non è una leggenda, e procede molto più rapidamente di quanto si poteva pensare. Questa eclissi di freddo che altera le temperature stagionali, assestandole su un tepore umido e anomalo, comincia a suscitare in noi l’inquietante disagio della rana immersa nella pentola d’acqua sempre più calda, che finalmente si rende conto che sta succedendo qualcosa di terribile, ma ormai è troppo sfinita per spiccare il salto verso la salvezza.

Oltretutto una salvezza potrebbe esserci solo se tutte le rane unissero gli sforzi e saltassero insieme nella stessa direzione, mentre quando si tratta di azioni per contrastare i cambiamenti climatici ogni Paese rivendica il diritto di fare a modo suo. Non potendo saltare, le rane fanno l’altra cosa che caratterizza la loro specie, e cioè gracidare d’altro per distrarsi, mentre dal fondo della pentola si alzano bollicine sempre più fitte.

Il Comune di Rimini ha posticipato al 5 novembre l’accensione dei riscaldamenti. Quel giorno spero tanto di sentirne il bisogno.

Lia Celi