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Il libro di Giorgio Biagini "28 dicembre 1943. Il rifugio di Villa Cecchi Bruttapela"


Rimini, via Montefeltro: 30 morti, nessun superstite


4 Dicembre 2023 / Paolo Zaghini

Giorgio Biagini
“28 dicembre 1943. Il rifugio di Villa Cecchi Bruttapela”
Il Ponte

388 bombardamenti su Rimini, dall’1 novembre 1943 al 5 gennaio 1945, dal cielo, da terra, dal mare. Rimini fu distrutta per l’82%, la cifra più alta tra le città sopra i 50.000 abitanti. 605 le vittime civili riminesi, a cui dovrebbero essere aggiunte le altre decine di morti caduti dopo la fine della guerra a causa delle innumerevoli bombe inesplose. 90 giornate di bombardamento sulla Città.

Dal 28 al 30 dicembre 1943, tre giornate consecutive di raid aerei pesanti su Rimini. Il Commissario straordinario al Comune di Rimini Ugo Ughi scrisse: “Rimini oggi è diventata una città morta”. Non solo la città venne rasa al suolo con la distruzione della maggior parte degli edifici civili e pubblici e delle infrastrutture, ma in quelle giornate si registrò il maggior numero di vittime. Un tributo di sangue e distruzione che nel 1961 varrà a Rimini la Medaglia d’oro al Valor Civile.

Scrive Daniele Susini nella Introduzione al libro: il 28 dicembre 1943 “in particolare vengono colpiti due ‘rifugi antiaerei’: le virgolette sono d’obbligo perché nella quasi totale impreparazione che il fascismo lasciò i riminesi, quei ripari non furono quello che sarebbero dovuti essere, nella realtà i civili ebbero a disposizione semplicemente delle cantine rinforzate, che come ci riferisce l’autore di questo saggio si trasformarono in trappole. Questi due rifugi furono quello denominato di San Bernardino, essendo sotto all’omonimo convento e quello denominato della famiglia Cecchi o in dialetto Bruttapela: morirono 56 persone nel primo e 30 sul secondo”.

Il libro di Biagini è stato messo in vendita, sollevando non poca curiosità su una vicenda per molti versi dimenticata, nel corso dell’ultima festa del Borgo Sant’Andrea a ottobre di quest’anno.

Biagini recupera i documenti inerenti “la protezione aerea del territorio nazionale e della popolazione civile”. Il primo regio decreto è del 1934, aggiornato poi nel 1936 e nel 1937. “Si impose l’obbligo su tutto il territorio nazionale di apprestare un rifugio antiaereo in ciascun fabbricato di nuova costruzione, a uso abitazione (…). Il decreto prevedeva inoltre che l’autorità comunale accertasse che i progetti presentati rispettassero tali prescrizioni tecniche (…) ma la situazione reale era lontana dall’ideale”.

In una relazione del Comune del 9 aprile 1941 inviata al Prefetto “si comunicava che, tra Centro Storico e Marina, solo 3 rifugi erano stati approntati, 25 avevano iniziato i lavori e 7 neppure incominciato”.

Il Commissario Prefettizio Eugenio Bianchini il 13 aprile 1941 incaricò diverse ditte riminesi di approntare “13 cantinati e seminterrati a Ricoveri pubblici anticrollo”. Commenta Biagini: “Sperare di difendersi dai bombardamenti cambiando nome alle cantine fu una illusione”.

La famiglia Cecchi, detta “Bruttapela”, possedeva vari terreni agricoli nei dintorni di Rimini, e aveva anche macellerie in città. I Cecchi avevano una grande casa nel Borgo Sant’Andrea, in Via Montefeltro 31. “A fine luglio 1943, probabilmente seguendo le precauzioni consigliate, anche la famiglia Cecchi decise di adibire la cantina a Rifugio antiaereo”. Era uno spazio di ca. 50 mq., un rifugio per 25/30 persone.

Il teatro di Rimini centrato da una bomba il 28 dicembre 1943

Il 28 dicembre 1943 erano un centinaio gli aerei americani B17 e B24, partiti dagli aeroporti pugliesi, incaricati di bombardare Rimini. “Rimini era considerata uno snodo essenziale per i traffici tra sud e nord Italia, e venne quindi pesantemente bombardata per distruggere strade, ferrovie, ponti e porto. Purtroppo la precisione dei bombardamenti era piuttosto scarsa”. E fu così che quel giorno le bombe centrarono il Rifugio di casa Cecchi, uccidendo tutte le persone che lì avevano sperato di trovare rifugio dai bombardamenti: “Quel terribile bombardamento chiuse la vita di tanti: persone comuni che vivevano e lavoravano nel borgo (…). Vite normali, di persone normali, in un normale Borgo di una cittadina forse inconsapevole e certamente impreparata ad affrontare un evento storico eccezionale”.

Don Antonio Pallotta, parroco di San Gaudenzo dal 1900 al 1951, ed il suo aiuto don Pippo (al secolo don Giuseppe Semprini), poi parroco dal 1951 al 1998, furono tra coloro che per primi accorsero ed estrassero dalle macerie i cadaveri dei caduti. L’elenco dei nomi dei morti fu redatto da don Pallotta ed esso servì per la redazione nel 2015, inaugurata il 10 ottobre, della lapide commemorativa della strage avvenuta il 28 dicembre.

Piazzetta San Bernardino dopo il bombardamento del 28 dicembre 1943

Biagini conclude il volume così: “All’epoca i Rifugi antiaerei erano poco più che delle trappole per topi, e spesse volte i cittadini preferivano scappare in campagna piuttosto che nascondersi in quelle che la sfortuna poteva trasformare in tombe. E infatti in quella occasione qualcuno si salvò perché la paura o il caso li aveva tenuti lontani dal rifugio e qualcun altro ci rimase proprio perché il destino li aveva condotti lì”.

Il libro si chiude con l’elenco dei nomi dei caduti e il posizionamento delle loro tombe al Cimitero monumentale di Rimini. E l’invito di Biagini ad “andare al cimitero per vedere quelle tombe, conoscere quelle persone che erano unite dal luogo dove hanno vissuto, che hanno condiviso un’epoca storica, e purtroppo anche uno dei tanti bombardamenti che li ha trasformati, loro malgrado, in un gruppo di testimoni”.

La pubblicazione di questo volume si deve al contributo economico di RivieraBanca, che è la prosecuzione nel tempo della Cassa Rurale ed Artigiana San Gaudenzo, nata nella sagrestia dell’omonima Chiesa del Borgo Sant’Andrea oltre un secolo fa.

Paolo Zaghini

(in apertura: il bombardamento di Rimini del 28 dicembre 1943)