Superbonus, lavori a rischio per 13 miliardi. Sanatoria per il 2023. Ma ci sarà una valanga di cause
29 Dicembre 2023 / Redazione
Un decreto a costo zero per il governo. Ma salatissimo per imprese edili e famiglie. Il tasso di caos e contenzioso rischia di esplodere l’anno prossimo. In ballo ci sono 13 miliardi di lavori non ultimati. Solo una piccolissima parte di questi potrà ancora avvalersi del 110% e solo per specifiche famiglie: quelle con “reddito di riferimento” fino a 15 mila euro al quale applicare il quoziente famigliare introdotto per le villette. Sempre che al 31 dicembre siano arrivate almeno al 60% dei lavori.
Significa 15 mila euro di reddito per un single. E al massimo 36 mila euro per due genitori con un figlio a carico. Ma il “fondo povertà” già esistente – introdotto nel passaggio tra il 110 e il 90% avvenuto quest’anno – non viene rifinanziato per sostenere queste “fasce meno abbienti”, come le definisce Palazzo Chigi. Lì ci sono appena 16 milioni dei 20 stanziati. Ecco che solo lo 0,3% – 50 milioni di lavori su 13 miliardi – conserverà il 110%. Gli altri scenderanno al 70% di copertura. Oppure bloccheranno i ponteggi e andranno allo scontro a colpi di ricorsi.
Tutti contro tutti. Condomini contro imprese per i ritardi. Imprese contro i crediti incagliati. Famiglie con redditi alti contro famiglie con redditi bassi: chi vuole fermare tutto e chi vuole continuare. Assemblee infuocate. Tra l’altro il “fondo povertà” è a rubinetto: finisce quando i soldi finiscono.
E dunque anche le famiglie che il governo vorrebbe agevolare dovrebbero intanto anticipare le risorse e poi sperare di incassare il bonus dall’Agenzia delle entrate. Sempre che il governo ci metta altri fondi nel corso del 2024. Lo scarso tiraggio sin qui rivela anche che il requisito di reddito è molto stringente. Le domande sono poche.
Viene poi introdotta una sanatoria sui lavori parziali svolti quest’anno. In tutti i casi manterranno il 110%, anche se gli interventi non sono ultimati. E soprattutto senza aver raggiunto le due classi di efficientamento energetico, il vero scopo del Superbonus. In questo modo non si distingue tra soggetti in buona fede e furbetti, come l’Ance – l’Associazione dei costruttori – chiedeva di fare.
Nessuno dovrà ridare soldi indietro né rischierà ipoteche. Sia chi è in ritardo per cause di forza maggiore: problemi con la cessione del credito e ritardi nella consegna dei materiali. Sia chi ha iniziato lo scorso settembre.
Per questo Ance chiedeva un intervento selettivo per aiutare solo quei 30 mila condomini e quelle 300 mila famiglie vicine alla fine dei lavori e incolpevoli per i ritardi. Non è stato così. Il governo ha preferito per il 2023 una sanatoria tombale: tutti gli spezzoni di lavori fatti, anche se non efficienti energeticamente, saranno ripagati dallo Stato col 110%.
La parte finale dei lavori slitterà invece al 2024, a meno di lasciare i cantieri a metà. E l’anno prossimo lo sconto scende al 70%. Su chi pagherà la differenza del 40% si apriranno faide condominiali dagli esiti non scontati.
I contenziosi saranno la strada più gettonata, proprio grazie alla sanatoria introdotta dal governo sul 2023. Se nessuno rischia di dover restituire i soldi o peggio di vedersi ipotecare l’immobile, allora proverà a giocarsi il tutto per tutto. Difficile scongiurare una paralisi dei lavori in corso.
(Repubblica)