Ero già pronta a caricare a fiele il mio tablet per scrivere un graffiante corsivo contro il concorso Miss Suocera, celebrato nei giorni scorsi in un hotel di Bellaria-Igea marina. Mi preparavo a sparare le domande retoriche di rito: siamo nel 2024 o cosa? Non si era detto basta con queste pagliacciate sessiste? Dobbiamo ancora sforzarci di smentire con mezzucci patriarcali e condiscendenti il cliché anni Cinquanta della suocera-megera, quando la madre della sposa e/o dello sposo sono quasi sempre la garanzia della solidità e della serenità della famiglia italiana contemporanea, visto che lo Stato continua a non garantire servizi e supporto?
Poi ho guardato la foto di gruppo delle premiate (la prima classificata, ma c’era una fascia per tutte, com’è giusto, da miss Suocera Radiosa a miss Suocera Fashion all’immancabile miss Suocera Sprint), e il livore mi è sbollito, lasciando il posto a un’ammirazione commossa. Le concorrenti, di età compresa fra i cinquanta e i sessanta-e-qualcosa – mie coetanee, praticamente – sono delle gnocche da paura. Qualcuna snella, qualcuna più curvy, tutte con capelli lunghi ultra-curati, sorrisi smaglianti e pelle perfetta. Altro che la suocera da barzelletta, con il culone, i bigodini in testa e l’aria da vegliarda arcigna! E pensare che quando lo stereotipo era più tenace, ci si sposava e ci si riproduceva molto prima rispetto a oggi, quindi le madri degli sposi dovevano essere in media poco più che quarantenni, un’età in cui oggi una donna si sente ancora una ragazza. Ma fino agli anni Settanta del Novecento dopo i trenta eri già una signora di una certa età: la mamma trentacinquenne della mia amichetta del cuore mi sembrava una matrona, capelli corti pepe-e-sale, filo di perle e tailleur privo di civetteria.
Così la foto di Miss Suocera 2023 mi è sembrata sì un’immagine di patriarcato duro a morire, ma anche di matriarcato progredito: nell’autostima, nella cura di sé, sia medica che estetica, nella gioia di vivere, che include la partecipazione giocosa e divertita a un concorso di bellezza sulla Riviera romagnola. Per dire, la vincitrice, la pisana Lorella Barbuti, tre volte mamma e nonna di un nipotino, è non vedente dalla nascita ma questo non le ha impedito di lavorare, di mettere su famiglia e di coltivare la sua passione per il ballo, tanto che il suo sogno è aprire una scuola di danza per persone con la sua stessa disabilità. Le sue affascinanti compagne di gara sono operaie, infermiere, sarte, insegnanti; la categoria delle casalinghe, un tempo prevalente, è quella meno rappresentata. Sono una piccola rappresentanza della generazione di donne da cui oggi dipende il benessere del Paese, che aiutano i figli, si occupano dei nipoti e quasi sempre si prendono cura anche dei genitori anziani, e tutto questo continuando a lavorare, perché l’età pensionabile si è allontanata, l’ultimo calcolo dell’Opzione donna ha tagliato la pensione di circa un terzo e c’è sempre bisogno di soldi perché la vita è cara e i giovani guadagnano poco.
Altro che la fascia e la coroncina di Miss Suocera, ognuna di queste supereroine meriterebbe un premio ben più consistente, una medaglia, un’onorificenza. Non so se si può dire lo stesso per i suoceri: sicuramente ce ne saranno di altrettanto generosi, infaticabili e disponibili, anche se dubito che possano competere quanto a eleganza e look giovanile. Ma non vedo l’ora di essere smentita in un’auspicabile prima edizione di un concorso di Mister Suocero.
Lia Celi