Se il Giorno della Memoria non è un rito: il lavoro del liceo ‘Serpieri’ di Rimini
1 Febbraio 2024 / Stefano Cicchetti
Il Giorno della Memoria che si ripete il 27 Gennaio di ogni anno. La Shoah studiata sui libri di scuola. Quanto di tutto questo rimane veramente nelle menti dei ragazzi? Non c’è il rischio che la ricorrenza scada a semplice rito, a un argomento che cade dall’alto, insieme ai tanti delle diverse discipline?
“Il rischio è costante e per contrastarlo serve attuare una metodologia didattica che metta veramente lo studente al centro del processo di apprendimento, che lo stimoli a scoprire la realtà in prima persona, a viaggiare per andare a esplorarla sul posto e, soprattutto, a entrare a diretto contatto con le fonti storiche. Questo non riguarda solo lo studio della Shoah.
“Oltre ad Aurora Mussoni – continua il professor Vaccari – hanno preso parte all’Attività di Educazione alla Memoria anche le studentesse Foschi Olivia, Ceccarini Laura, Samorì Alice, Giglio Alessandra della classe 5RX”.
Lei accennava prima all’importanza dell’analisi diretta delle fonti.
“Creare situazioni in cui i ragazzi possano direttamente ‘mettere mano’ ai documenti storici originali, instaurare un legame diretto tra essi e l’opera, sempre accompagnati dal docente, è a mio avviso ciò che veramente qualifica la didattica. Proprio per questo ho cercato di rafforzare negli anni la collaborazione con le principali istituzione culturali del nostro territorio: la Biblioteca Gambalunga, il Museo della Città e l’Archivio Storico del Comune di Rimini”.
Cioè?
“Nella nostra Biblioteca Gambalunga abbiamo la fortuna di potere fruire di un ampio numero di fonti storiche scritte, risalenti a diverse epoche. Ciò, ad esempio, ci dà la possibilità di svolgere annualmente presso la sala Holden insieme agli studenti di quinta un laboratorio sulla stampa di epoca fascista. I ragazzi hanno l’opportunità di sfogliare con le proprie mani e leggere i numeri del ‘Popolo di Romagna’, quotidiano diffuso in tale periodo storico, e della rivista ‘La difesa della razza’. Una forte spinta motivazionale è data dal fatto che i ragazzi percepiscano l’effettivo senso e valore della propria attività di ricerca”.
E ha funzionato?
“L’attività di laboratorio, specialmente in piccoli gruppi, è molto più motivante per i singoli studenti rispetto alla classica lezione frontale, in cui si tende a conservare la distanza tra lo studente e il contenuto esposto da un mediatore. Il sentirsi fruitori passivi di conoscenze già elaborate da altri è un fattore decisamente demotivante per loro”.
“Quella dei laboratori di analisi di fonti storiche è un’attività molto bella che sto attuando anche relativamente ad altri argomenti, sempre grazie al patrimonio prezioso conservato nella nostra biblioteca comunale. Forse non tutti sanno che nelle sue sale antiche sono custoditi molti volumi dell’Encyclopédie, opera di prima grandezza dell’Illuminismo francese ed europeo, negli originali del Settecento. I nostri studenti possono così conoscere quell’epoca direttamente dalla viva voce e dalle rappresentazioni grafiche dei suoi protagonisti. Lo studio delle fonti, inoltre, riserva sempre tante sorprese, anche per noi docenti: emergono particolari che magari non erano mai stati presi in considerazione da precedenti ricercatori”.
E’ da molto tempo che applica questo metodo?
“Il merito di avere trasmesso a me e ad altri colleghi attivi sul nostro territorio il metodo della didattica modulare e dei laboratori sulle fonti è della professoressa Rita Chiappini, già docente in questo Liceo, la quale per tanti anni ha coordinato presso l’Università di Bologna i percorsi di abilitazione all’insegnamento. E’ stata lei a iniziare con i suoi studenti questa attività, a consolidarla nel tempo, a divulgarne la conoscenza attraverso corsi di formazione e conferenze svolte in ambito scolastico e accademico”.
Stefano Cicchetti